Quando il fair play è un rischio

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La colossale cerimonia funebre di Berlusconi ha occupato la cronaca per giorni e non ha ancora esaurito la sua forza di penetrazione. Ha impressionato la presenza di tante cariche istituzionali e di numerosi personaggi pubblici. Scontata la presenza di Mattarella: in fin dei conti si trattava di onorare la figura di un ex-premier riabilitato e quindi si poteva chiudere un occhio sulle indagini in corso a suo carico, nel rispetto del vero garantismo di cui Mattarella è certamente un autorevole interprete. L’Unione Europea si è fatta rappresentare dagli ambasciatori dei Pesi membri e, tutto sommato, da Gentiloni che ha peraltro ricoperto in passato anche la carica di premier. Per i loro trascorsi in quest’ultima veste hanno portato il loro saluto anche Monti, Draghi e Renzi (ma Matteo avrà avuto anche un secondo e magari un terzo fine). Sono mancati all’appuntamento Prodi, perché colpito dall’improvviso, gravissimo lutto di cui abbiamo saputo, ed Enrico Letta che ha preferito stargli vicino. Solo qualche giorno dopo Conte, accusato di essere assente, ha chiarito che sarebbe stato ipocrita presenziare alla cerimonia. Dovuta anche la presenza delle autorità locali, il presidente Fontana e il sindaco Sala.

Per quanto riguarda i capi di stato e di governo provenienti dall’estero, si è segnalata la presenza “amichevole” di Orban, del presidente dell’Iraq, Abdul Latif Rashid, dell’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani, e di entrambi i capitani reggenti della Repubblica di San Marino, Alessandro Scarano e Adele Tonnini. Poca cosa rispetto alle attese dei più ottimisti. Putin avrebbe ben volentieri portato ai parenti dell’amico Silvio la sua fraterna e sincera vicinanza ma, impossibilitato da ovvie ragioni di sicurezza personale, ha dovuto limitarsi ad una accorata lettera di commiato. Qui termina l’elenco delle figure la cui partecipazione alle esequie era o poteva essere giustificata dal ruolo istituzionale.

Una domanda è però d’obbligo: quanti dei presenti sopra elencati nutrivano una sincera stima o un vero affetto nei confronti dell’illustre estinto? È lecito dubitarne per tutti i presenti di nazionalità italiana, nessuno dei quali, con la probabile eccezione del solo Fontana, avrà mai votato per Forza Italia o per una delle sue precedenti incarnazioni. La loro presenza si giustifica esclusivamente col fair play dovuto in ossequio al formalismo diplomatico, al quale non sono certamente tenuti i responsabili dei partiti che si sono sempre opposti alla politica berlusconiana. Per questa ragione la presenza di Elly Schlein a capo di una piccola delegazione del PD è parsa a molti fuori luogo. A quale fair play può sentirsi obbligato un partito costantemente perseguitato e sbeffeggiato dalle batterie mediatiche di Berlusconi e talvolta dallo stesso magnate di Arcore? Come non ricordare il calvario mediatico e giudiziario cui fu sottoposto il sindaco di Sesto San Giovanni, Filippo Penati? Per ottenere l’assoluzione gli toccò fare ricorso, visto che la sua coraggiosa rinuncia alla prescrizione non era stata presa in considerazione dal giudice e quindi il reato imputatogli veniva considerato prescritto. Un percorso totalmente opposto a quello più volte intrapreso dalla “buonanima” che fece della prescrizione la sua arma vincente in numerosi dei processi a lui intentati. Come dimenticare il caso Bibbiano vergognosamente cavalcato anche da Grillo e conclusosi poi con la condanna del sindaco, ingiustamente demonizzato, per semplice abuso d’ufficio? Per alcuni la partecipazione al lutto per la scomparsa di un avversario politico che non merita l’onore delle armi è un errore grave: confonde ulteriormente le idee di un elettorato già disorientato che si chiederà se gli scontri politici cui ha assistito per anni fossero autentici o una semplice messa in scena da parte di attori appartenenti alla stessa compagnia di giro. La presenza di Carlo Calenda, facoltativa come quella della Schlein, ha ben altra giustificazione, non ultima quella di pedinare il suo antagonista nella corsa al centro, Matteo Renzi.

Nulla da dire sulla partecipazione di tutti i ministri la cui presenza ha garantito la sacralizzazione di un evento che resterà nella memoria della “nazione” e di chi la esalta, ma che l’altra parte del “paese” ed esponenti di paesi europei democratici considerano, con umana pietà, una liberazione.

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