Elly terrà la rotta?

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Un momento della Conferenza programmatica di Pescara (fonte: https://www.fratelli-italia.it/2024/04/26/)

Lorenzo Pregliasco, ideatore di Youtrend, ci informa che la distanza tra Fratelli d’Italia e il PD si va, sia pur lentamente, assottigliando. La notizia ci sorprende non poco perché la destra, in particolare la Giorgia nazional-popolare, sta mettendo in campo il meglio del repertorio propagandistico, come, tanto per intenderci, gli irrituali manifesti elettorali in cui la Meloni interroga l’elettore chiedendogli cinicamente: se voti per me sarà contento Saviano? Sarà contenta la Littizzetto? Sarà contento Scurati? e così via, prendendo uno per uno tutti i personaggi pubblici che hanno osato criticarla. Per non parlare dell’esibizione di forza realizzata in occasione della Conferenza programmatica di Pescara, tenuta nell’aprile scorso, con la partecipazione tra gli altri di due dei più importanti manager di Stato.

Ma i dati di Youtrend che, ricordiamolo, ci restituiscono la media dei sondaggi effettuati nello stesso periodo dai più accreditati istituti di ricerca demoscopica, ci meraviglia ancor più perché, a fronte della debordante propaganda che reclamizza i partiti di destra, si registrano un paio di scivoloni della Schlein.

Il primo errore è stato quello di candidarsi da capolista, sia pure in soltanto due dei cinque collegi elettorali, comportandosi in maniera non diversa dalla Meloni, capolista in tutti e cinque i collegi, e da Renzi che però, se eletto, in Europa ci andrà. Le giuste critiche nascono proprio dal fatto che entrambe le candidate hanno dichiarato che non lasceranno le rispettive cariche coperte in Italia e la cosa è apparsa a personaggi storici della sinistra, come Prodi e Bersani, una “truffa” nei confronti degli elettori che vedranno all’europarlamento persone diverse da quelle da loro prescelte. Questa scelta sconsiderata andava evitata per almeno due ragioni. La prima è che si lascia ai leader degli altri partiti dell’area progressista l’arma della critica al PD, di cui si servirà certamente il concorrente Conte. L’altro motivo, ben più qualificante, per cui la Schlein avrebbe dovuto escludere questa scelta è che contraddice gli sforzi che la segretaria del PD sta svolgendo sin dalla sua investitura per ritrovare l’identità smarrita dal maggior partito della sinistra in trent’anni di navigazione in acque tempestose, spesso senza bussola. E l’identità la si ritrova tenendosi il più possibile lontani dall’opportunismo elettorale che caratterizza da sempre la destra ed al quale si sono lasciati andare alcuni leader democratici, Renzi su tutti. Soltanto ridando al PD i connotati che lo distinguevano qualche decennio fa, aggiornandoli ovviamente alla mutata realtà, sarà possibile scuotere dall’apatia i progressisti delusi (fenomeno che potrebbe essere già iniziato vista la lenta riduzione del numero di chi dichiara ai sondaggisti di volersi astenere).

L’altra grave leggerezza è stata l’aver accettato il confronto in diretta televisiva con la Meloni. Il buonsenso avrebbe dovuto sin da subito scoraggiare questa decisione. In primo luogo perché la Schlein si è unilateralmente eretta ad oppositrice esclusiva della Meloni facendo uno sgarbo a tutti gli altri leader dell’area progressista e, in particolare, a Giuseppe Conte al quale proprio la Schlein ha offerto tante aperture e concessioni, quasi sempre invano, nella speranza di una più rapida convergenza programmatica in vista della necessaria alleanza elettorale. Meglio sarebbe stato rifiutare l’invito, certamente non generoso, bensì capzioso perché la retorica nazional-popolare e l’attitudine ad una dialettica abbastanza rodata della Meloni la vedono in chiaro vantaggio. Errore anche sul piano della coerenza perché la personalizzazione della politica è stata a più riprese criticata dalla stessa Schlein.

Ma l’aspetto più inquietante del programmato duello televisivo è che la Schlein abbia accettato si svolgesse negli studi di quella che ormai tutti, lei inclusa, hanno ribattezzato TeleMeloni, cioè in campo avverso. E, come se non bastasse l’avventurarsi in territorio ostile mettendosi nelle mani di truccatori, cameramen e tecnici certamente non imparziali data la posta in gioco, la Schlein accorda fiducia al moderatore Bruno Vespa che, radicato in Rai da tempo immemore, si trova perfettamente a suo agio anche nella neonata TeleMeloni, nella quale ha trovato, guarda caso, ancora più spazio di quanto non ne avesse prima. In una recente partecipazione a “Piazza Pulita” Prodi ha confessato a Formigli che nel suo faccia a faccia con Berlusconi del 2006, affidato alla conduzione del Vespa, gli accordi prevedevano che l’ultimo intervento spettasse a lui. Le cose andarono diversamente perché Berlusconi, nella sua proverbiale correttezza mediatica, lasciando la postazione proclamò all’ultimo momento che avrebbe “abolito l’ICI su tutte le prime case”, annuncio che gli permise, secondo gli analisti, di recuperare un buon 2% alle elezioni. Quel 2% lo aiutò non poco a disarcionare Prodi dopo quasi due anni, grazie anche al soccorso parlamentare dei famosi “responsabili” capeggiati dal deputato Scilipoti e dal cambio di casacca del senatore De Gregorio che confessò di essersi fatto corrompere da Berlusconi: entrambi furono condannati, il primo dietro patteggiamento, mentre l’accusa a di Berlusconi cadde in appello per sopravvenuta prescrizione. Non ci sono, al momento, elementi per capire se Vespa sia cambiato. Certamente la Meloni non è meno scaltra di Nonno Silvio. Tiriamo quindi un sospiro di sollievo leggendo la prima pagine de “Il Fatto Quotidiano” del 16 maggio dalla quale apprendiamo che l’Agicom darà il via libera al confronto soltanto se ci sarà il consenso del 51% dei leader, condizione, allo stato, inesistente. La Schlein potrà così concentrarsi su quei temi e su quelle scelte che stanno lentamente ricostruendo l’identikit del PD: lotta alla povertà, salario minimo, difesa dei diritti e dell’ambiente, sostegno alla magistratura ed, ultimamente, sottoscrizione del referendum per l’abolizione del jobs act lanciato dalla CGIL. Ben farebbe a concentrare la sua attenzione anche sull’assurdo sperpero di danaro necessario ad avviare quel ponte sullo stretto utile soltanto a chi ci specula sopra per propaganda o per celati interessi economici e non certo agli italiani né tantomeno ai siciliani e ai calabresi che reclamano un ben diverso uso delle ingenti risorse messe in bilancio per un progetto che appare, giorno dopo giorno, sempre più inutile, costoso e rischioso.

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