Cile: nella nuova Costituzione il diritto alla comunicazione

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In un lungo e piccolo paese ai confini del mondo si continua a scrivere la storia, il cambiamento cileno non si arresta e continua a sfornare idee democratiche in vista della nuova costituzione. Da oltre 365 giorni, esattamente dal 18 ottobre 2019, il Cile ha cambiato pelle, sbarazzandosi di quella vecchia eredità appartenente al regime di Pinochet. Il 25 ottobre la vittoria dell’apruebo al Referendum costituzionale ha praticamente aperto le porte a quello che i manifestanti gridano: “un Chile nuevo y digno” (un Cile nuovo e degno). Le proteste però non si placano, migliaia di manifestanti da mesi sono tornati alla carica per denunciare le costanti violazioni dei diritti umani perpetrate dalle forze dell’ordine ma soprattutto per chiedere la scarcerazione di più di 2.600 prigionieri politici; non solo adulti ma anche ragazzini e ragazzine che vengono trattenuti nelle carceri.

Intanto le proposte innovative per il Cile che verrà non si fermano, è di pochi giorni fa la notizia che el Colegio de Periodistas (l’ordine dei giornalisti) si è riunito per chiedere una legge che “deconcentri e promuova il pluralismo”. Non a caso la creazione del Bloque por el Derecho a la Comunicación (Blocco per il diritto alla comunicazione),un’organizzazione che raggruppa distinte realtà comunicative con l’intento di cambiare “la voce narrante del Paese”. In altre parole, i cileni vogliono un nuovo modo di comunicare che tenga conto di tutte le realtà esistenti nel Paese. Dai gruppi sociali più deprivati ai venditori ambulanti finendo alle popolazioni indigene, il presupposto è dunque di rendere accessibile Internet a tutti, trasformare la televisione in un servizio pubblico, educativo e culturale, con la promozione di media non sessisti e non razzisti e decentrati, garantendo a tutti la protezione dei dati personali. In sostanza quello che si cerca è che la comunicazione sia vista come uno strumento votato alla promozione di un processo di convivenza democratica, in cui sia possibile relazionarsi in maniera orizzontale. I cileni non hanno alcuna intenzione di lasciar fuori dalla nuova costituzione, ma soprattutto dai futuri mezzi di comunicazione, le esperienze che hanno contribuito maggiormente a cambiare il volto del Paese; dalle lotte femministe, socio-ambientali, plurinazionali, per terminare con le organizzazioni di quartiere; lasciandosi alle spalle qualsiasi tentativo elitario di gestione della società.

La nuova “ossessione” cilena di democratizzare la comunicazione è più che legittima, il Paese alle spalle dell’Argentina vive ancora i ricordi del regime militare quando nessuna voce era concessa se non quelle allineate con la politica di Augusto Pinochet. Il problema però è che, terminata la dittatura nel marzo del 1990, la situazione comunicativa non è cambiata. Con l’avvento della democrazia il Cile ha visto aumentare la ricchezza nelle mani di pochissimi, non a caso uno dei temi del “nuovo Cile” è proprio combattere la forte diseguaglianza sociale. Durante gli anni del processo democratico, ai mezzi di comunicazione pubblici come Televisión Nacional de Chile y La Nación sono stati completamente tagliati i fondi per favorire i mezzi di comunicazione privati. Iniziarono così a sparire i principali canali informativi che criticavano la dittatura: Apsi, Análisis, Hoy, Cauce, Fortín Mapocho, La Época, Bicicleta, favorendo l’ascesa di una comunicazione privata e strategica avviata da Enrique Correa (Imaginaaccion), e Pilar y María de la Luz Velasco (Extend), che hanno “pulito” l’immagine dei grandi gruppi economici del Paese, che al loro interno avevano ancora influenti generali e ufficiali appartenenti al regime militare da poco scomparso. Il Cile del futuro dunque vuole riprendersi il diritto di parola, passando la palla alla comunicazione pubblica piuttosto che privata. La possibilità di vedere la comunicazione come un diritto umano rende la protesta cilena innovativa e progressista in un panorama mondiale che purtroppo vira verso il lato opposto. Il dibattito si è già aperto e così i giornalisti sono sicuri che in questo nuovo processo costituente in Cile il diritto alla comunicazione dovrà essere discusso necessariamente dai nuovi eletti l’11 aprile.

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