“Ogni popolo ha il governo che si merita”

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Vogel, Ritratto di Joseph de Maistre, Musée d’Art et d’Histoire de Chambéry

L’affermazione nel titolo, dovuta a Joseph de Maistre (1753–1821) nato nella Savoia francese quando questa faceva parte del Regno di Sardegna, sembrerebbe definitiva nel suo determinismo. Invece suscita tutt’ora interrogativi, specie quando la si estende ai politici ed alla classe dirigente in generale. C’è chi sostiene che spesso le classi dirigenti hanno avuto un ruolo trainante nello sviluppo economico e civile della società interpretandone quindi la sua parte migliore. C’è chi, al contrario, ritiene che i politici siano il peggio della società e quindi capaci solo di sfruttarla a proprio beneficio. Nella stagione delle monarchie assolute la classe dirigente era emanazione della nobiltà e del clero e, nella maggior parte dei casi, gestiva in maniera predatoria i poteri ricevuti in dotazione. Con l’avvento della democrazia il discorso cambia: la classe dirigente rimane in certa misura espressione dei poteri forti, ma la sua incidenza sulle sorti della società è temperata dalla presenza dei rappresentanti del popolo. La coesistenza di questa doppia natura nelle classi dirigenti ha in passato avuto anche qualche merito, ma i politici hanno dovuto sempre fare i conti col reticolo di interessi legati al potere economico, tradendo spesso il mandato ricevuto dal popolo con libere elezioni.

Che poi le elezioni siano totalmente libere è un’illusione perché, si sa, rimangono sempre e pesantemente condizionate da quei poteri forti che intendono difendere i propri interessi. Negli USA, dove i finanziamenti ai partiti sono pubblici e le lobbies riconosciute, la tutela degli interessi avviene in maniera legittima, da noi invece in maniera più oscura.

In Italia, come più volte denunciato dalle pagine di questo giornale, i partiti politici si sottraggono da sempre, con inconsueta unità di intenti, all’introduzione di regole che ne disciplinino la vita, in attuazione dalla Costituzione. Non si può invece fare a meno delle norme che disciplinano le modalità di elezione dei candidati, norme che non sono affatto neutre né sull’assegnazione dei seggi né sulla qualità della classe politica e, di riflesso, della classe dirigente in senso lato. Il discredito della classe dirigente nel nostro Paese vive oggi un momento particolarmente avvilente, dipendente in larghissima misura proprio dal sistema elettorale.

I punti nevralgici dei sistemi vigenti nelle elezioni politiche qui da noi sono, indipendentemente dall’opzione tra maggioritario e proporzionale, le liste bloccate e le candidature plurime. Entrambe hanno sottratto al “popolo sovrano” il potere di scegliere liberamente i propri rappresentanti in Parlamento. La selezione dei candidati avviene infatti nelle segreterie dei partiti, che predispongono le liste elettorali stabilendo chi sarà il capolista in ciascuno dei collegi. I partiti preferiscono ovviamente aprire le liste con i candidati di maggior richiamo, capaci di portare più voti. Non raramente si tratta di personaggi pubblici estranei alla politica (giuristi, docenti universitari, imprenditori di successo, ma anche artisti, protagonisti dello spettacolo e della televisione), ma più spesso si tratterà di membri delle segreterie. Seguono poi funzionari di partito che meritano un riconoscimento per il lavoro svolto, ma anche parenti, mogli, figli, fratelli e, perché no, amanti e corti plaudenti di nani e ballerine. La presenza dei candidati nelle liste è graduata in ragione della loro capacità di raccogliere consensi. Ed è qui che trova spazio tutto quel sottobosco non proprio limpido che conosciamo: se le cose vanno bene per il partito, i suoi esponenti siederanno in Parlamento mentre quelli che dovessero restare in piedi otterranno comunque un riconoscimento tangibile in corso di legislatura in termini di incarichi nel sottogoverno. Alcun filtro è previsto per depurare le liste di personaggi che hanno avuto problemi con la giustizia o che ne hanno in corso: si corre il rischio che la Camera dei deputati diventi una camera di imputati.

Sarebbe quindi urgente ripristinare le preferenze anche se qualcuno sostiene che si tornerebbe al voto di scambio. Ma queste anime belle dovrebbero chiedersi se il voto di scambio è sparito con le liste bloccate e la risposta è no, perché il voto di scambio rimane ma si consuma nelle segreterie di partito in sede di formazione delle liste bloccate.

Le candidature plurime sono poi un vero e proprio abuso che si ripete ormai da anni al punto che sarebbe più corretto chiamarle “candidature plurime aggravate”. Il capolista, che coincide abitualmente col leader carismatico del partito, si presenta in un numero indefinito di collegi elettorali: ad elezioni concluse sceglierà in quale collegio accettare l’elezione concedendo in tal modo l’elezione di chi lo seguiva nelle liste dei collegi in cui rinuncia. E, non di rado, si tratta di personaggi alla ricerca dell’immunità parlamentare o che non si sarebbero mai sognati di entrare in Parlamento rivelandosi poi più inadeguati di chi gli ha fatto posto.

Il risultato di queste gravi anomalie è che le segreterie di partito hanno in pugno gran parte dei senatori e dei deputati ed hanno requisito buona parte di quella sovranità che la Costituzione riconosce al popolo. Trascuriamo di illustrare in questa sede come questo sistema bloccato si rifletta su tutta la classe dirigente, ma non è difficile immaginare le relazioni che si instaurano tra le segreterie di partito e le istituzioni pubbliche e private, enti pubblici, università, banche, casse di risparmio ecc.

Fin quando non si abbandoneranno liste bloccate e candidature plurime potremo considerare il buon Joseph de Maistre un ingenuo ottimista e concludere che il popolo italiano ha una classe politica peggiore di quanto non meriti.

1 commento su ““Ogni popolo ha il governo che si merita””

  1. Concordo perfettamente. Oltretutto, con questa legge elettorale che andrebbe cambiata stanotte stessa, anche a seguito dell’ultimo referendum e della conseguente ridefinizione dei collegi elettorali, un parlamentare viene eletto non perché scelto dal popolo, ma come espressione del Partito che lo ha messo in lista, poi però può tranquillamente cambiare casacca, come i calciatori. E questo mi pare davvero inaccettabile!

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