Chiamare le cose col loro vero nome

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La dicotomia fascismo-antifascismo ha toccato un nuovo apice lo scorso 25 aprile. L’inedita posizione dominante del partito della Meloni rischia di far perdere ogni significato a questa contrapposizione che sopravvive malauguratamente da quasi ottant’anni. Questo perché il fascismo è tanto radicato da essere diventato inattaccabile. Difficile, forse impossibile che un vecchio fascista, ma anche una giovane leva possa cessare di esserlo. Per fortuna, al di là del recentissimo successo personale della Meloni, si tratta di una percentuale ancora modesta dell’elettorato. Se si pensa al nucleo centrale e storico di FdI, considerato l’astensionismo, si tratterà di 3 o massimo 4 italiani su cento anche se la tendenza è all’aumento.

La contrapposizione radicale tra antifascisti e fascisti condanna oggi, come si è visto, all’insuccesso qualunque tentativo di indurre una Meloni o un La Russa a riconoscersi antifascisti. D’altra parte la loro politica si ispira senza alcun imbarazzo a quella del fascismo così come lo hanno introiettato e cioè come triade “Dio, Patria e Famiglia” e non come violenza sanguinaria, sopraffazione e persecuzione dei deboli e dei diversi. E quando si pensa di aver ragione, poco importa essere accusati di ipocrisia per aver giurato sulla Costituzione o di ignoranza per essersi fatta un’idea totalmente infondata del Duce e dei suoi scagnozzi. Per loro c’è da portare avanti una missione che ufficialmente è quella di sanificare una società malata, obiettivo comune a tutte le destre neonaziste e neofasciste europee. La diagnosi, peraltro, non è del tutto infondata: il problema è la terapia che intendono imporre e che rischia di uccidere l’ammalato. Per somministrare la terapia da loro individuata, bisogna ripristinare l’ordine e sopprimere ogni dissenso in moda da avere le mani libere.

E infatti il Governo Meloni sta imboccando un percorso identico a quello che seguì Mussolini dopo la Marcia su Roma: riduzione del Parlamento a mero organo di ratifica di quanto deciso dall’esecutivo, occupazione di tutti i centri di potere ed in particolare degli organi di informazione al fine di orientare favorevolmente l’opinione pubblica e di foraggiare l’elettorato (fin quando ci saranno le elezioni), distruzione di quel poco che resta della stampa libera e asservimento del potere giudiziario, necessario, quest’ultimo, a proteggere i politici assicurandone l’impunità. Questa elencazione può concludersi con programmi di rieducazione ai concetti di patria e di famiglia con conseguente incentivo a mettere al mondo, questo mondo che le destre sottrarranno miracolosamente al declino.

Se abbiamo trascurato qualcosa, il Governo non mancherà di ricordarcelo. E comunque le sacche di dissenso, che certamente sopravvivranno, saranno probabilmente represse ricorrendo, se necessario, anche alle squadracce che abbiamo visto militarmente schierate ad Acca Laurentia o a quelle che devastarono impunemente la sede romana della CGIL. Ci sarà un nuovo delitto Matteotti? Ci auguriamo di no, ma se dovesse esserci, stiamo pur certi che sarà trattato come cent’anni fa: il Duce non ne sapeva niente. Assolto anche dall’aver gettato l’Italia in un disastroso conflitto mondiale perché Mussolini lo fece per restituire alla Patria la gloria che la storia le aveva assegnato al tempo dell’Impero romano ed anche, e ci mancherebbe, per sottrarla alla minaccia del famoso complotto demo-pluto-giudaico-massonico messo su da qualche antenato di George Soros. D’altra parte la guerra si concluse tragicamente per l’intervento degli alleati, non per altro. La Costituzione Repubblicana? Il suggello della vittoria dei traditori della Patria. Non dimentichiamo che, ancora negli anni Novanta del secolo scorso, nelle manifestazioni di piazza il Fronte della Gioventù scandiva: “il 25 aprile è nata una puttana e l’hanno battezzata repubblica italiana”. La Costituzione, una creatura così immonda, secondo loro, che non è costato nulla giurarvi fedeltà davanti a quella figura fasulla che ne è il garante.

Pretendere che costoro si dichiarino antifascisti è dunque un miraggio. Potremo semmai pretendere che si dichiarino ciò che realmente sono e cioè neofascisti, qualificazione politica alla quale potremo legittimamente aggiungere l’aggettivo “spergiuri”. E ci piacerebbe sapere se Tajani e i suoi compagni di partito, nonché la parte dei leghisti che non ha rinnegato la Resistenza ma sostiene ugualmente questo Governo potranno ancora definirsi serenamente “antifascisti”. Se lo faranno si esporranno all’accusa di essere degli ipocriti “collaborazionisti”.

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