Tremate, le streghe son tornate!

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Queste sono le note parole, adesso un po’ obsolete, del movimento femminista degli anni ’70, che tanto contribuì al cambiamento della società occidentale. Ma le “streghe” di cui desideriamo parlare, non sono quelle giovani “rivoluzionarie”, né quelle alle quali nel medioevo si dava la caccia per metterle al rogo, né quelle dei cortei dell’8 marzo. Le “streghe” alle quali oggi si sta ricominciando a dare la caccia sono di un genere diverso; dirò di più, sono di un’etnìa diversa, di una fede diversa, appartengono a un popolo le cui radici sono molto antiche, affondano addirittura a diversi millenni fa. Per chi ancora non si è dato la risposta, stiamo parlando della “strega” dell’antisemitismo, le cui radici, mai del tutto recise, stanno nuovamente alimentando la crescita rigogliosa del loro albero maledetto. A chi legge i giornali o segue i notiziari televisivi non può essere sfuggita la sempre crescente atmosfera di intolleranza nei confronti degli ebrei, che ci fa ritornare in mente episodi abominevoli di un passato recente, antico e antichissimo, che non dovremmo mai dimenticare. Sembra, invece, che la nostra memoria collettiva (intendo “nostra” nel senso di noi europei) presenti dei vuoti preoccupanti che alterano la percezione di ciò che sta accadendo. Scriveva Umberto Galimberti su L’Espresso del 24 giugno 2017: «Quando la percezione della realtà è così distorta, non c’è più speranza di sanare qualcosa dei mali del mondo, perché se il nostro sentimento non è all’altezza di quanto sta accadendo intorno a noi, che cosa può impedire la ripetizione di quelle terribili cose a cui sopra abbiamo accennato? A questo punto, per usare un’espressione di Heidegger: “Il terribile è già accaduto”, perché quando s’inceppa il nostro sentimento dell’orrore, della partecipazione e della compassione che non va oltre ciò che ci è vicino o che ci riguarda, a quel punto si perde anche il sentimento della responsabilità per tutto ciò che non rientra nella cerchia ristretta delle nostre intime cose».

La conseguenza degli atroci combattimenti che stanno dilaniando un piccolo lembo di terra affacciato sulle sponde del Mediterraneo orientale è la risorgenza, terrificante, di ciò che ritenevamo profondamente nascosto negli anfratti più bui della nostra storia, e che, dal teatro dei combattimenti, come una nuova peste, si sta ancora una volta diffondendo fra di noi.

La Francia è una grande nazione; insieme alla Germania costituisce il nucleo “forte” dell’Unione Europea, ed è proprio dalla Francia che dilagò in tutta l’Europa, come abbiamo visto in un nostro recente intervento, il vento del cambiamento sulle note della Marsigliese e del motto indimenticabile “Libertè, Égalitè, Fraternitè”. Come mai, allora, Marc Lazar, storico e sociologo francese di chiara fama, ha voluto intitolare un suo recente articolo “La Francia tradisce gli ebrei”? Così egli scrive: «La Francia, pur essendo stata uno dei primi Paesi a emancipare gli ebrei, ha una lunga tradizione di antisemitismo. La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, emanata il 26 agosto del 1789, non chiarì definitivamente la posizione degli ebrei … all’antigiudaismo cristiano diffuso nel paese, allora molto cattolico, si aggiunse, a partire dalla fine del XIX secolo, l’antisemitismo della destra nazionalista, fondato su presupposti razziali … Ultimamente, oltre al persistere dell’antigiudaismo tradizionale e dell’antisemitismo dell’estrema destra all’interno della minoranza di francesi discendenti da immigrati e di confessione musulmana, si è affermato un antisemitismo importato dal Medio Oriente e legato alla diffusione dell’antisemitismo radicale. Nelle periferie delle grandi città gli studenti contestano i professori che insegnano la storia della Shoah o la laicità. Gli ebrei non possono indossare la Kippah nei luoghi pubblici, sono bersaglio di minacce e talvolta anche vittime di attentati mortali. L’aumento dell’antisemitismo non è certo un problema solo francese, specie all’indomani del 7 ottobre. Tuttavia lì la preoccupazione è maggiore perché la Francia ospita la più grande comunità ebraica d’Europa, forte di più di 448.000 persone, mentre la popolazione di fede musulmana raggiunge il 10% del totale. Un tempo, nel resto d’Europa, si usava dire: “felice come un ebreo in Francia”. Non sono sicuro che lo si dica anche oggi». (la Repubblica, 2 novembre 2023).

Pienamente d’accordo con l’analisi di Lazar, di cui ho citato solo alcuni stralci, ma che varrebbe la pena di leggere per intero, è anche Edith Bruck, il cui curriculum è fin troppo noto per essere qui riportato. Intervistata, in un articolo pubblicato il 18 gennaio 2020 su la Repubblica, l’intervistatrice titolò, “Perché ho ancora paura. Sento crescere il vento dell’intolleranza. Parola di una sopravvissuta ad Auschwitz”. Fra le domande a cui rispondeva, dopo aver parlato del ritorno dell’antisemitismo in Francia, in Polonia, in America, asserendo che l’antisemitismo ha radici millenarie, e la malerba rinasce, la radice cresce, in merito alla situazione in Italia, la Bruck diceva: «Non è a questo punto, non ancora. La grande qualità degli Italiani è che sono superficiali … non arriverebbero a uccidere. Si dice: italiani, brava gente. È una sciocchezza con un fondo di verità. Sono meno crudeli». Poi, rispondendo all’affermazione dell’intervistatrice secondo cui “In Italia c’è antisemitismo, e gruppi di neonazisti molto attivi”, replicava: «Questo mi fa male. La discriminazione verso chiunque, non solo verso gli ebrei, sia chiaro, è male. E il male porta male, l’odio porta odio. Sento tante parole di odio, questo Salvini, ad esempio, ruba alla gente il linguaggio e i pensieri più abbietti, dice quello che la gente vuol sentirsi dire, e la gente vuole l’uomo forte, il padre padrone. Quando c’è un vuoto ideologico, e la crisi economica, e l’emigrazione, lì nasce la discriminazione. La massa non pensa, è cieca, puoi usarla come vuoi … Chiunque va accolto e rispettato … In Ungheria da quando c’è Orbàn non ci vado più. Le mie amiche non escono di casa perché hanno paura, non portano più la stella di Davide al collo. L’antisemitismo è tornato, è peggio che in Polonia. La destra cresce in tutta Europa, i politici hanno preso sottogamba questa cosa … L’ebreo è la vittima classica della storia … E la donna di Padova, intervistata sui migranti all’uscita dalla chiesa, diceva: “che affoghino tutti!” È cominciata così la deportazione».

Ritengo che, se l’intervista fosse stata fatta oggi, a più di tre anni di distanza, forse la Bruck sarebbe stata meno indulgente nei confronti degli italiani. Rimarrebbe sbigottita nel leggere “Stelle di Davide e inni all’Olocausto”, “In Italia torna l’odio antisemita”, “Sfregi a Milano e a Roma. A Bologna bruciati i manifesti degli ostaggi di Hamas”, sono tutti titoli di giornale del 3 novembre scorso. E “neonazismo e complotti. L’estrema destra italiana rete d’odio antisemita che inneggia ad Hamas … Da Nord a Sud sull’Italia tirano pericolose folate di vento antisemita” (la Repubblica 4 novembre 2023).

È molto rattristante, anche, ascoltare le parole della scrittrice Lia Levi (91 anni, scampata alla Shoah), che dice: «Per la prima volta penso che una nuova Shoah sia possibile … confesso che il mio ottimismo sta vacillando. L’attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre ha segnato per me uno spartiacque, ha fatto cambiare il mio modo di ragionare. Prima del 7 ottobre alla domanda ogni tanto riemergente su un possibile secondo Olocausto rispondevo “mai più” … oggi non ne sono più convinta e questo mi addolora … I segnali di un nuovo antisemitismo sono inquietanti. La mia fiducia vacilla» (la Repubblica del 4 novembre 2023).

Lia Levi ha ogni ragione per essere preoccupata. Scrive Enrico Franceschini su la Repubblica del 2 novembre scorso, citando Primo Levi: «Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi … la peste si è spenta, ma l’infezione serpeggia”. Forse oggi l’autore di Se questo è un uomo direbbe che l’infezione è diventata virulenta. Stelle di Davide sui negozi e sulle abitazioni di ebrei a Parigi. Caccia all’ebreo nella regione russa del Daghestan. Marce a Roma che definiscono Israele “nazista e terrorista”. Marce a Londra e a New York al canto di “From the river to the sea, Palestine will be free”, la Palestina sarà libera dal fiume Giordano fino al Mediterraneo: ovvero ricacceremo in mare gli ebrei. La lunga lista di episodi scoppiati in questi giorni in Europa e negli Stati Uniti trasmette un messaggio inequivocabile: L’antisemitismo ha rialzato la testa. Beninteso, non è mai tramontato del tutto. Ma il pogrom di Hamas del 7 ottobre ha scatenato un’ondata di odio verso Israele senza precedenti … Come ha scritto la settimana scorsa un columnist del New York Times, Hamas potrà anche perdere la battaglia sul campo contro Israele, ma per il momento sta vincendo la battaglia per “i cuori e le menti” dell’opinione pubblica internazionale. Il risultato è che l’antico demone ritorna fra noi. Siamo usciti da Auschwitz, ma l’infezione ancora serpeggia, anzi minaccia di diventare virale. C’è un solo modo per curarla: esserne consapevoli, denunciarla e studiarne la storia, affinché non si ripeta mai più».

Chiuderei questa prima parte del mio scritto con le appropriate parole del presidente della comunità ebraica di Torino: «Condannare e contrastare l’antisemitismo è compito di tutta la società, non è un problema della comunità ebraica. Questo ripetersi di manifestazioni di odio verso gli ebrei rappresenta un forte campanello d’allarme, la cartina di tornasole che lo stato di salute della democrazia non è buono» (la Repubblica, 10 febbraio 2020).

Continua …

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