America Latina: gli ultimi colpi di coda di Donald Trump

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Nel caos che imperversa negli USA, Mike Pompeo, segretario di Stato del controverso governo di Donald Trump, con un colpo di coda ha incluso Cuba nella lista dei Paesi promotori del terrorismo. Una notizia surreale in un quadro politico (quello statunitense) imbarazzante e preoccupante. Le immagini dei sostenitori di Trump, che il 6 gennaio hanno fatto irruzione a Capitol Hill, hanno fatto il giro del mondo. La “prima” democrazia del mondo dà l’impressione di non riuscire a riprendersi, fortemente divisa tra sostenitori di Trump e democratici. Gli Stati Uniti ancora sotto choc pensano alla politica estera piuttosto che concentrarsi sulla loro situazione interna e, purtroppo per Cuba, neanche il nuovo governo di Biden sembra iniziare con il piede giusto, in quanto il neo eletto Presidente, a proposito della decisione annunciata da Pompeo, non ha battuto ciglio, nemmeno un timido commento per scoraggiare la nuova crociata anti-castrista promossa dall’oramai ex Presidente. La scelta di inserire il Paese caraibico nella lista “nera” non è una mossa esclusivamente mediatica, ma avrà altre conseguenze sulle sanzioni dell’embargo già esistente, sulle restrizioni che impediranno i viaggi dagli Usa a Cuba e sul trasferimento di denaro tra i due Paesi.

La scelta pare essere motivata dal continuo appoggio che Cuba offre al governo venezuelano di Maduro. Solo Barack Obama, durante i suoi anni come Presidente, aveva scongelato quei rapporti sempre tesi dalla presa di potere di Fidel Castro, tanto da far riaprire l’ambasciata statunitense all’Avana. La scelta dell’amministrazione Trump fa discutere, anche perché il governo a stelle e strisce accusa Cuba di appoggiare il terrorismo internazionale, in particolar modo per l’amicizia “fastidiosa” con il Venezuela. Eppure bizzarro è il fatto che proprio il governo di Trump, tra i tanti scandali affrontati durante questi anni, pare aver finanziato diversi golpe falliti sul suolo venezuelano, pagando un centinaio di mercenari che, arrivati nel “Paese di Maduro”, avrebbero dovuto capovolgere il suo governo e appoggiare l’ascesa di Juan Guaidò; avevamo già trattato l’argomento in questo articolo. Infatti gli statunitensi catturati in Venezuela avevano ammesso di appartenere all’agenzia di sicurezza privata Sivercop, spiegando che l’operazione era stata decisa a Washington. Ma quella degli USA è oramai pratica nota: rovesciare governi scomodi per Washington con ogni mezzo necessario è una dinamica già vista, gli States infatti ci sono riusciti un po’ ovunque, ma l’unico grande rimpianto resta Cuba.

Quello degli Stati Uniti per i paesi “progressisti” è una vera e propria ossessione, infatti nel lontano 1948 l’allora Presidente del Venezuela Gallegos fu deposto e pochi giorni dopo in alcuni documenti ufficiali il Presidente riferì che in una caserma a Caracas un membro della missione militare degli USA aveva dato ordini precisi ai golpisti. Ma, ritornando ai giorni nostri, ci sembra grottesco accusare Cuba di terrorismo, un piccolo Paese caraibico allontanato dai favorevoli scambi commerciali di cui gode mezzo mondo, reo solo di aver fatto una scelta diversa da quella statunitense: restare fuori dalle dinamiche della società capitalista. Cuba intanto, durante questi mesi disastrosi, ha inviato decine e decine di medici per contrastare il coronavirus in Italia, Andorra, Guadalupa, Martinica, Guyana e St. Pierre et Miquelon, ma anche Francia e Spagna. L’aiuto è stato più volte omaggiato dai diversi capi di Stato che però continuano a votare a favore dell’embargo che attanaglia Cuba dal 7 febbraio 1962, quando Kennedy ampliò le restrizioni commerciali nei confronti dell’Isola; misure in parte già pianificate dall’antisocialista Eisenhower. Adesso non ci resta che aspettare la fine di questo mandato, cosa accadrà con l’amministrazione Biden nessun può saperlo, speriamo almeno che all’Isola caraibica vengano riconosciuti gli sforzi e la solidarietà manifestati in questi mesi.

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