Diario di un “sorvegliato speciale”: 12 gennaio 2021

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Ottenuta la rimozione forzata di presepe e albero di Natale, mia moglie ha giustamente proposto, per tentare di tornare ad una normalità più serena, di sottrarci al quotidiano bombardamento di notizie sul Covid cui ci sottopongono ogni giorno i media. Ed ha perfettamente ragione: … ce ne stavamo facendo una malattia! Vano proponimento però. Come si fa a restare indifferenti alle tante uscite di Gallera e soprattutto alla sua uscita definitiva? Al suo posto entra la sig.ra Moratti che senza alcun dubbio interpreta meglio di Gallera lo spirito della giunta regionale lombarda: tanto l’assessore uscente rideva (anche quando c’era poco da ridere), tanto la Moratti sfoggia un’espressione estranea ad ogni moto di ilarità. È quindi in perfetta sintonia con quel ridanciano di Fontana ed insieme mostrano un pregevole quadretto votivo da giovedì santo: dovessero cenare insieme sarebbe un pasto penitenziale a base di pastina in brodo ed acqua naturale (quella frizzante è troppo vivace). Prospettiva priva di allegria per i lombardi anzi, fossimo in loro, toccheremmo ferro, tanto per dirla in termini metallici. Ma poi non è detto che l’immagine della cenetta devozionale sia tanto fondata. L’invidiabile condizione censuaria dei due autorizza ad immaginare cene di tutt’altro livello. Si può cenare in maniera francescana anche consumando un pasto ricco e raffinato, purché si rispetti il clima monastico almeno nel menù. E quindi, esclusi da subito gli strozzapreti, evidentemente fuori luogo, e tutte le pietanze di carne perché la carne è carne, si può dare inizio alla cena con “capelli d’angelo in brodino di capesante”, seguite poi da “orate fratres”, “filetti di pesce San Pietro alla griglia”. Il tutto innaffiato con del “Lacryma Christi” del Vesuvio. Segue poi un variegato “fritto mistico” sul quale ci sta meglio un “San Severo” bianco doc. Per gli astemi acqua San Pellegrino. Naturalmente obbligatorio l’uso di olio semprevergine d’oliva. Chiudendo poi il tutto con un’ampia scelta di dolciumi: dai “Divino Amore”, da abbinare con un “Vin Santo”, alle sfogliate con crema pasticcera ed amarene, le cosiddette “Santa Rosa”, per finire con una prestigiosa “Saint Honoré” sulle quali ci sta bene un bicchierino di “Benedictine”. Per digerire, un po’ di amaro “San Marzano” (*). Naturalmente il tutto al lume di candela votiva.

Ma, divagazioni a parte, è difficile scacciare dalla mente il rovello della pandemia. Anche perché, se tenti di evadere, non trovi intorno niente di meglio: Renzi è peggio di qualunque virus, non contagia ma il suo DNA è capace di distruggere ogni speranza di ripresa. E tuttavia, ora che è uscito dalla maggioranza, gli auguriamo lunga vita ma il più lontano possibile. Gli saremmo ancora più grati se avesse la bontà di portarsi dietro anche il suo variopinto seguito a partire dalla Bellanova, sindacalista sottratta all’agricoltura, e Gennaro Migliore prima che concluda la sua lunga traversata iniziata nella sinistra estrema e rivolta a raggiungere il polo opposto. E che non dimentichi, per carità, Scalfarotto e Faraone. Ma soprattutto la parte più agguerrita in materia giuridica: l’ineffabile Rosati, autore dell’ultimo guazzabuglio chiamato legge elettorale e la Boschi, musa ispiratrice della riforma costituzionale che per fortuna noi poveri italiani non capimmo.

(*) Ho escluso dalla cena San-grilla e San-buca per decenza.

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