Il feedback nei sistemi sociali settari*

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La retroazione (feedback) è un’iniziativa attraverso la quale un sistema ottiene informazioni sul modo in cui realizza il proprio compito primario. Se un gruppo settario compie opera di proselitismo, le informazioni sulla risposta dei potenziali convertiti possono essere trasmesse ai vertici del movimento per consentire loro di migliorare le tecniche di reclutamento. Tali informazioni vengono raccolte attraverso canali fidati (ispettori itineranti e responsabili locali). Un efficace proselitismo offre agli adepti retroazioni positive: il successo della propaganda viene adoperato per rafforzare la “credibilità” dell’ideologia del gruppo e per promuovere nuove iniziative a conferma della linea scelta dai capi. Le nuove conversioni danno “legittimità” al gruppo di fronte a un “mondo” ostile e incoraggiano i membri a perseverare nella missione del movimento: i dati “trionfali” del successo propagandistico sono ampiamente pubblicizzati per contrastare l’impatto della retroazione negativa della società in generale.

Il gruppo dirigente di un gruppo settario ricorre spesso a un’altra forma di retroazione: sempre più spazi vengono destinati alla “voce dei lettori” nella letteratura edita dal movimento. Tuttavia, come scriveva Denis McQuail, «Sebbene queste attività siano diventate una componente importante dei media, permane qualche dubbio circa il loro valore reale di feedback (retroazione), essendo, inoltre, estremamente suscettibili di manipolazione da parte dei media stessi, dal momento che ci sono ben poche convenzioni che vengono rispettate circa, ad esempio, il metodo di selezione delle lettere».

Un’altra funzione vitale per i sistemi settari è il cosiddetto controllo del confine, con il quale questi sistemi sociali si proteggono da estranei ritenuti pericolosi. Se un movimento settario deve conservare un sistema di fede condivisa nettamente in contrasto con quello della cultura prevalente, i suoi membri devono essere rigidamente isolati da informazioni provenienti dal “mondo”, le quali potrebbero sconvolgere l’ideologia del gruppo: ogni movimento del genere stabilisce un confine per differenziare gli affiliati da tutti gli altri.

Come fa rilevare Eileen Barker, «è risaputo che la definizione che la maggioranza delle persone dà della realtà e i loro giudizi su ciò che è giusto o sbagliato, sul bene e sul male, possono essere particolarmente vulnerabili alla suggestione, all’influenza e, in alcuni casi, all’alterazione, quando non si hanno a disposizione fonti di informazione alternativa. “Esaminare la realtà” non è facile quando si ha a disposizione una sola interpretazione; quando quell’interpretazione è apertamente condivisa dai compagni e quando il fatto stesso di porsi domande è considerato segno di mancanza di fiducia nella verità, o tradimento della causa». Gli effetti di questa forma di controllo possono essere molto penosi.

Di solito gli adepti di un gruppo settario possono manifestare reazioni diverse nei confronti di estranei a seconda che questi minaccino o no i limiti di sicurezza del gruppo: la paura degli estranei è una manifestazione importante del controllo del confine perché tiene unito il gruppo anche se può raggiungere le dimensioni di una vera e propria paranoia. Inoltre gli estranei sono spesso trattati con un diverso metro di franchezza o sincerità. Difensività e paranoia associate alla funzione di confine di un gruppo settario inducono una reazione complementare nella comunità circostante; lo si evidenzia nell’animosità fra familiari di adepti e gruppi settari, nella interruzione della comunicazione fra siffatti movimenti e religioni storiche, nella ostilità espressa a gran voce dai reduci da tali gruppi. Nei tentativi di comunicazione tra genitori e figli affiliati a movimenti settari si riscontrano spesso incomprensioni ed ostilità: l’adepto diventa, per così dire, agente della funzione di controllo del confine del gruppo e considera ogni approccio da parte dei parenti come un tentativo per farlo allontanare dal movimento. Queste osservazioni sottintendono situazioni spesso molto drammatiche dai risvolti decisamente dolorosi.

Ci sono sempre state persone che ritengono che il loro impegno nei confronti di Dio debba prevalere su tutti gli altri interessi; comunque, la raccomandazione più importante da fare ai familiari e agli amici di un affiliato a un gruppo settario è quella di continuare a tenersi in contatto con lui. È vero, conservare i rapporti con un siffatto adepto può risultare molto difficile, tuttavia dargli ultimatum (del tipo: “o noi o il movimento”) non è consigliabile anche quando è evidente che i problemi di relazione sono dovuti principalmente al movimento. Soprattutto in queste circostanze è fondamentale che parenti e amici chiariscano esplicitamente che continuano a rispettare e amare il loro caro e che intendono conservare uno stretto rapporto con lui.

Si sa che è frustrante scoprire che argomentazioni ragionevoli non vengono prese in considerazione da un proprio caro o avere le prove che il movimento gli impedisce di far valutare con serenità le proprie ragioni; tuttavia, per quanto frustrati o arrabbiati si sentano, parenti e amici dovrebbero evitare che le loro comprensibili emozioni li inducano a parlare o agire in un modo che l’adepto possa interpretare come “irragionevolmente intollerante” offrendogli il destro per dare ragione al movimento che ha intimato all’adepto di diffidare delle iniziative di parenti e amici. Infatti, il modo di pensare dell’adepto è paragonabile al modo di razionalizzare proprio del paranoico, il quale adduce il fatto che gli altri non riconoscono l’esistenza dei suoi nemici come una prova dell’astuzia di questi ultimi.

Di solito è facile dire ad un adepto: “Non aderire!”, o: “Escine!”, oppure rinfacciare all’affiliato cosa c’è di sbagliato nel movimento cui ha aderito; cosa ben più faticosa è stare ad ascoltare che cosa egli vi trovi di attraente. Capire non significa necessariamente approvare: l’ascolto non implica la condivisione dello stile di vita o delle “verità” proposti dal movimento, ma richiede il rifiuto di un approccio cinico e sprezzante della “fede” scoperta dall’adepto; né l’ascolto impone di tacere sul fatto che il movimento cui la persona cara è interessata, o cui ha aderito, può esigere molti più soldi o impegno di quanto appaia a prima vista o su altre specifiche preoccupazioni: se esistono veri motivi di preoccupazione, è necessario presentarli alla persona il più presto possibile, con calma e precisione; bisogna evitare le vaghe generalizzazioni; ripetere informazioni sensazionalistiche senza averle verificate come autentiche può solo contribuire a confermare nella mente dell’adepto l’idea che dall’esterno la gente distorca la “verità” per fini malevoli. In definitiva, uno degli obiettivi primari di questo ascolto consiste nel rendersi conto che l’affiliato non abbia perso, o non corra il rischio di perdere, il suo senso di responsabilità individuale. Infatti, per certe persone il fatto di “abbandonarsi tra le braccia del movimento” può comportare la rimozione o la soppressione della percezione di sé come individui con diritti e responsabilità.

* Tratto da S. Pollina – A. Aveta, Movimenti religiosi alternativi, LEV – Città del Vaticano 1998

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