Il Covid-19 mette in ginocchio gli USA

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Non eravamo abituati a vedere gli Stati Uniti in ginocchio, forse non lo siamo mai stati. Eppure dopo decenni di guerre e invasioni, è stato proprio un virus a mostrare la vulnerabilità di quella che viene definita la prima democrazia mondiale. Prima ancora che con il Covid-19, gli statunitensi fanno i conti con le discutibili frasi di Donald Trump, pronunciate nelle ultime settimane. Il capo della Casa Bianca alla fine di marzo affermava: “Se in Usa i morti non saranno più di 100mila avremo fatto un buon lavoro.”Dopo queste dichiarazioni la situazione negli USA è precipitata esponenzialmente. Gli Stati Uniti ad oggi scontano una crisi sanitaria senza precedenti, piangendo un totale di 33.286 deceduti, 4.591 addirittura nelle ultime ventiquattro ore. Il numero dei contagiati totali sale a 679mila (dati al 17 aprile 2020). Ma “Riaprire l’America” è il nuovo slogan lanciato da Trump, incanalando tutte le attenzioni dell’agenda politica del Paese esclusivamente nella riapertura delle attività. Sicuramente i dati dell’economia sono preoccupanti, più di 22mila cittadini chiedono il sussidio di disoccupazione, e le previsioni di Wall Street stimano che a giugno il tasso di disoccupazione del paese potrebbe arrivare al 20%. Stime da far tremare l’economia mondiale e non lasciare nessun paese a dormir sonni tranquilli, dal momento che anche la Cina non se la passa bene: i dati forniti dall’Ufficio Statistico Nazionale sottolineano la caduta del PIL cinese. Un evento che non si verificava dal 1992.

Così Trump si affida alle tre fasi per la riapertura del Paese. La prima è costituita dal divieto di assembramenti e dunque eventi, si incentiva lo smart working, mentre restano chiuse scuole e bar. La seconda fase prevede la riapertura del turismo, autorizzando anche gli spostamenti non essenziali insieme alla riapertura di scuole e università, ma mantenendo il distanziamento sociale. La terza fase dovrebbe essere rappresentata dal “ritorno alla normalità”. Intanto il Presidente pare avere una buona fetta di cittadini dalla sua parte. Negli ultimi giorni si sono verificate numerose proteste in diversi stati; i cittadini chiedono impazienti di poter tornare al lavoro. A Lansing, capitale del Michigan, più di tremila persone si sono riversate in strada e, imbracciando fucili e pistole, hanno lanciato slogan contro le direttive imposte dalla governatrice democratica Whitmer. Scene da film distopici che purtroppo rappresentano la realtà. Nonostante la frenesia di far ripartire l’economia, l’immagine degli USA si è macchiata di episodi gravissimi. Episodi che ci saremmo aspettati dai famosi “paesi del terzo mondo”, non di certo dalla prima potenza mondiale. La fossa comune nel centro di New York, i cadaveri ammassati sui lettini, in uno dei principali ospedali della città di Detroit. Ma più di tutto: è di poche settimane fa la scioccante notizia di un ragazzo di 17 anni morto in California, al quale era stato negato il ricovero in ospedale perché sprovvisto di assicurazione sanitaria. Per quanto paradossale possa sembrare, il Paese più potente al mondo non ha una copertura sanitaria universale. Il sistema sanitario si fonda su enti privati dove può curarsi solo il cittadino di serie “A”, che ha stipulato previamente una copertura assicurativa. Dunque nel pratico: per una visita, per un ricovero o per un’operazione è necessario pagare cifre altissime. Gli unici due istituti di un sistema a copertura semiuniversale sono il Medcare e il Medicaid.

Il Medcare è un programma sanitario che prevede cure per gli over 65 e per i disabili, indipendentemente dal reddito. Questo sistema si basa essenzialmente sui contributi dei lavoratori e dei datori dì lavoro. Il Medicaid è un sistema sanitario gestito dai vari stati, che copre le cure mediche delle famiglie a basso reddito. Insomma l’unico passo in avanti in termini di sanità negli USA si è percepito solo con le riforme di Obama nel 2010 con l’Obamacare. L’ex Presidente aveva esteso il diritto alle cure sanitarie ad una platea più vasta. Intanto la politica nazionale vede un inaspettato colpo di scena. Bernie Sanders, pur di bloccare una nuova ascesa di Trump alla Casa Bianca, ha annunciato il suo totale appoggio al candidato Joe Biden. L’ala sinistra del partito democratico ha quindi intenzione di fare squadra per evitare che lo scenario Trump possa ripetersi. Eppure il consenso di Sanders sembrava inarrestabile. Il senatore del Vermont aveva conquistato vittorie ovunque, registrando l’unica sconfitta nel South Carolina. Purtroppo Sanders aveva grande popolarità tra i cittadini, ma i suoi rapporti istituzionali erano deboli e i media nazionali gli hanno remato contro. Quella tra Biden e Trump sarà una sfida interessante, per capire soprattutto se la volontà popolare sarà ancora una volta dalla parte dell’attuale Presidente. Molti ritengono che quel 19 dicembre 2016 (giorno della vittoria di Trump) sia stato un errore, ma solo la storia ci dirà di più.

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