Happy new E.I.A.R.

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Studio tv EIAR a Roma (1939) – Fonte: Wikimedia Commons

È in fase di ultimazione il palinsesto della prossima stagione RAI. È facile immaginare cosa potremo attenderci dalle scelte della nuova dirigenza dell’emittente pubblica ormai occupata, manu militari, dalle truppe d’assalto meloniane. E non tanto per le decisioni riconducibili all’Amministratore Delegato Roberto Sergio, scafatissimo ex-democristiano che, non a caso, ha condannato l’uscita infelice di Filippo Facci sul caso La Russa annullandone l’assunzione, quanto per l’attuale Direttore Generale Giampaolo Rossi, fan sfegatato di Netanyahu, Putin e Orban nonché acerrimo nemico di Soros, che avrebbe comunque stipulato il previsto contratto con l’incauto editorialista di Libero. Per non perdere la faccia il virulento Rossi, che scambierà il suo ruolo con quello di Sergio tra due anni (e saranno cavoli ancora più amari), ha preteso di annullare la messa in onda delle quattro puntate della striscia affidata al non amato Roberto Saviano da lui in precedenza definito “vermilinguo” (id.), peraltro già realizzate (e finanziate, in barba ai contribuenti).

La prospettiva è quindi inquietante e se ne sono accorti per tempo Fazio, Annunziata e Berlinguer che rappresentavano in RAi il minimo sindacale della sinistra e che forse avrebbero fatto meglio ad attendere di essere epurati, tentando di dar man forte ai pochi altri superstiti e soprattutto all’eroico nibelungo Sigfrido Ranucci.

Apprestiamoci dunque ad affrontare l’epocale rivoluzione culturale proclamata dal ministro Sangiuliano, che in RAI ci ha bazzicato non poco. C’è da aspettarsi che assisteremo, tanto per cominciare, a notiziari pilotati in favore delle attività di governo e a devozionali interviste dei suoi protagonisti di volta in volta alla ribalta.

Sulle previsioni del tempo è lecito aspettarsi che gli eventi estremi, almeno quelli che colpiranno regioni o comuni governati dalla sinistra, saranno minimizzati mentre quelli che riguarderanno zone “con guida a destra”, saranno enfatizzati e si procederà all’immediata nomina del commissario straordinario nella persona di chi le amministra in via ordinaria. Che siano minimizzati o enfatizzati, tutti gli eventi saranno ricondotti ai capricci metereologici che da sempre ciclicamente interessano il nostro pianeta. Cessato il negazionismo in tema Covid, prenderà infatti sempre più corpo quello che contesta la mutazione climatica. I toni continueranno ad essere quelli irridenti già anticipati dalla “stampa amica”, come desumibile da alcune prime pagine degli ultimi tempi: “Il green e la nuova pandemia, via alle liste di proscrizione. Contesta i dogmi sul clima: censurato il Nobel in carica” (La Verità); “Il brivido della realtà. Riscaldamento del pianeta? Ma se fa freddo” (Libero); “Anche il tempo si è rotto di Greta. Effetto serra? No, invece del riscaldamento ci troviamo a maggio con un gelo globale. La climatologa: accadeva anche in passato. Quella ragazzina è pilotata ed esagera” (Il Tempo); a leggerli non si può non sospettare della malafede di chi li ha concepiti senza porsi neppure lo scrupolo di rendere invivibile il pianeta anche per i propri discendenti. Ma anche ai massimi livelli politici non si scherza: non dimentichiamo gli “ecomatti” di Salvini e neppure i “fanatici ambientalisti” biasimati dalla Meloni. E, a proposito di negazionismi, nel “Giorno della Memoria” si ricorderà ciò che fa più comodo alla consorteria oggi al potere.

La politica che ispira la nuova conduzione RAI sembra inoltre essere propensa allo sperpero, come dimostra la cancellazione della striscia di Saviano. Non solo, ma l’operazione rinnovamento comporterà costi aggiuntivi per assicurarsi le presenze più qualificate: è prevedibile che approderanno alla TV pubblica tutti i direttori, i condirettori e i vicedirettori di Libero, La Verità, Il Giornale, Il Tempo e, dulcis in fundo, de Il Secolo d’Italia. Sarà un fuoco di fila impressionante. Non mancheranno personaggi estremi come Vittorio Feltri: la caricatura che ne fa Crozza apparirà una copia sbiadita dei vertici di volgarità recentemente raggiunti dall’insopportabile polemista.

Con i talk show potrà andare anche peggio. Ci verranno proposti dibattiti fasulli che favoriranno immancabilmente gli opinionisti di destra, cosa che tra l’altro avviene da un bel po’ di anni, considerato che, come più volte ricordato, il confronto vede i giornalisti critici nei confronti della destra spesso letteralmente stracciati da attivisti politici iscritti all’ordine dei giornalisti.

Mi aspetto che concetti come Patria e Nazione invaderanno gli schermi con tutto il revisionismo necessario a sostenerli. Saranno oggetto di quotidiana santificazione il Duce e Almirante, saranno rivalutate le figure del generale Graziani, responsabile dello sterminio di circa 30.000 abissini, di Junio Valerio Borghese e di Pino Rauti (padre di Isabella oggi sottosegretaria alla Difesa). Saranno finalmente celebrate con cadenza annuale tutte le violenze (che poi non sono tante) subite negli anni di piombo da giovani dell’estrema destra, mentre saranno aspramente stigmatizzate le persecuzioni giudiziarie patite dai patrioti ingiustamente condannati per le stragi (e sono tante) di marca neofascista. Sistemata la Patria, sul residuo fronte di “Dio e Famiglia”, dovremo sorbirci in maniera intensiva le prediche che ben conosciamo, di matrice “roccellana”, sulla sacralità della famiglia tradizionale, sull’imperativo di procreare sempre nuovi patrioti (futuri Balilla?), sull’abominio di tutti gli orientamenti sessuali difformi, e così via fino alla intollerabilità delle altre religioni, al respingimento dei migranti ed alla lotta feroce contro la “sostituzione etnica”. Complessivamente un ritorno all’Era Fascista e all’E.I.A.R, Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche.

Ce n’è abbastanza per spaventarsi: un controllo così concentrato dei mezzi di informazione non si è mai visto in Italia dalla fine del Ventennio. Che fare? Invitare i telespettatori a disertare i canali della TV pubblica e dei cugini Mediaset, dirottandoli verso qualunque altra alternativa meno faziosa? È una possibilità, anche se non facilmente realizzabile. L’altra è la speranza che la TV governativa si faccia male da sola seguendo gli esempi offerti in dieci mesi da numerosi esponenti di questa destra tanto supponente quanto sprovveduta.   

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