Evviva la Befana!

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Fonte: https://hotelgermania.net/epifania-giorno-di-festa-regali-e-bambini-felici/

La pochezza di questo Governo non conosce limiti. Lasciando momentaneamente da parte le questioni capitali che sono sul tappeto, come il premierato, la riforma della giustizia, l’autonomia differenziata e la riforma fiscale, soffermiamoci su quella che qualcuno dell’opposizione, accedendo dopo anni di paziente attesa alla volgarità che accompagna da sempre molte espressioni politiche della destra, ha definito una “marchetta elettorale”. Ci riferiamo al tanto sbandierato bonus tredicesima. Già la stessa genesi di questa modestissima prebenda suscita ilarità: nata come integrazione una tantum di 80 euro da corrispondere con la tredicesima 2024 ai lavoratori dipendenti, è poi schizzata alla bellezza di 100 euro da corrispondere però a gennaio 2025, perdendo il suo indubbio fascino natalizio solo in parte recuperato ribattezzandolo “bonus Befana”. Basterebbe questa semplice oscillazione temporale a squalificare la serietà di chi ci sta governando. Ma, dicono da quelle parti, i soldi non si trovano facilmente nel bilancio 2024. Eppure si tratta di appena un centinaio di milioni, briciole rispetto ai lauti sconti fiscali concessi, senza pensarci su, alle partite IVA o al disastroso accordo con Edi Rama che ci costerà, in previsione, quasi un miliardo per dirottare in Albania, in un triennio, non più di qualche migliaio all’anno di migranti sospettati di non aver diritto all’asilo. E questo solo per citare alcuni sperperi di risorse pubbliche a puro scopo propagandistico: quanti miliardi se ne andranno per avviare, senza speranza di portarli a conclusione, i lavori per il ponte sullo Stretto?

Venendo al merito del provvedimento (si tratta, allo stato, di un decreto legislativo approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri lo scorso 30 aprile) che elargisce il tanto pubblicizzato bonus, cominciamo col dire che è, nel suo piccolo, profondamente discriminatorio. Per averne diritto occorre infatti che ci sia una famiglia monoreddito costituita da due coniugi (la moglie preferibilmente ai fornelli) e almeno un figlio. Solo per una generosa concessione è riconosciuto anche a nuclei familiari monogenitoriali. La limitazione generale doveva ovviamente valorizzare il merito di aver contratto un regolare matrimonio e di aver concretizzato l’intenzione di ripopolare il Paese: un tributo alla sacra triade “Dio, patria, famiglia”: non è ancora chiaro se abbiano titolo al beneficio le coppie di fatto, sia etero che omo.

Ciò detto, passiamo ad esaminare come funziona il tutto, secondo quanto sin qui trapelato: il lavoratore dipendente dichiara la sussistenza delle condizioni di famiglia al datore di lavoro al quale, si suppone, spetti l’onere di verificare se le detrazioni di imposta spettanti al richiedente siano o meno inferiori all’imposta lorda che grava sui suoi redditi di lavoro dipendente. Il raffronto tra imposta lorda e detrazioni rivela che il Governo ha voluto ricalcare il sotterfugio ideato da Renzi per escludere dal beneficio degli 80 euro mensili i lavoratori più poveri e cioè riconoscere il beneficio non come un aumento retributivo ma come una detrazione di imposta, con la conseguenza che chi ha già diritto a detrazioni di importo pari o superiore all’imposta lorda non può di fatto goderne. Questi lavoratori vengono per questa ragione definiti “incapienti” ed infatti il bonus Befana non sarà attribuito ai lavoratori con reddito uguale o inferiore a 8.500 euro l’anno. Tra l’altro, non si conoscono indicazioni per i casi in cui il bonus potrebbe spettare solo parzialmente, circostanza che si verificherà ogni volta che la differenza tra l’imposta lorda e il volume delle detrazioni spettanti sia inferiore all’importo del bonus. E tuttavia non è ancora chiaro se il Governo seguirà il percorso renziano o si atterrà alla strada, tecnicamente più corretta, di considerare il bonus come un aumento della retribuzione del mese di gennaio 2025. Questo dubbio nasce dalla constatazione che numerosi articoli e servizi televisivi parlano di un valore in busta paga ridotto a soli 77 euro per effetto della tassazione dei 100 euro all’aliquota minima di imposta del 23%. Non vorremmo che esigenze di risparmio spingessero il Governo ad adottare contemporaneamente entrambe le strade in danno dei beneficiari.

Tirando le somme, si tratta di un provvedimento iniquo, deliberatamente discriminatorio nei confronti dei lavoratori con reddito fino a 8.500 euro, anche se con figli a carico, e di chi non è in regola con la limitazione familistica voluta dal tandem Meloni-Roccella. E poi, diciamoci la verità, un importo che sfiora il ridicolo, per giunta differito e “una tantum”, potrebbe risultare anche propagandisticamente fallimentare.

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