La torre di Babele

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La Torre di Babele, dipinto di Pieter Bruegel del 1563

Quando Mao affermò che “Grande è la confusione sotto il cielo”, non poteva neanche lontanamente immaginare quanto ancora più grande sarebbe stata quella che ha accompagnato la rielezione di Mattarella e che durerà chissà per quanto tempo sotto il bel cielo d’Italia. A creare confusione ci hanno pensato un po’ tutti già prima della rielezione, a partire dallo stesso Mattarella col suo insistere quotidianamente sulla sua contrarietà al rinnovo: insistenza che celava forse la segreta curiosità di vedere cosa sarebbero riusciti a combinare quei 1009 sbandati dei “grandi elettori”. Anche Draghi ci ha messo del suo dichiarandosi “un nonno a disposizione delle istituzioni” senza precisare quali: tutte, il Governo o la Presidenza della Repubblica? Berlusconi ha poi dato il via alla corsa a ostacoli per salire al Colle, ma gli ostacoli erano più alti di lui e, quando lo ha capito, è andato a farsi confortare da Zangrillo al San Raffaele. La palla è quindi passata a Salvini che non l’ha mollata per tutta la settimana senza passarla a nessuno e riuscendo, come ogni calciatore cocciutamente individualista, a dribblare anche se stesso: dopo il fallimento di un estremo tentativo di triangolazione con Conte ha infatti dovuto riconoscere che il suo candidato in pectore era Mattarella. Anche il contributo di Conte è stato notevole: è partito lancia in resta convinto che la truppa lo seguisse, mentre nelle sue file covava il malcontento.

Gli altri sono stati abbastanza tranquilli mentre la Meloni ha condiviso ben due candidature fasulle (Berlusconi e la terna Moratti-Nordio-Pera) ed ha cambiato anche il candidato di bandiera, prima Crosetto poi Nordio: tutti se ne sono evidentemente già dimenticati se ne hanno decantato la coerenza. Il vero king maker è stato ancora una volta Renzi con la sponda Di Maio. La sinistra può uscirne soddisfatta anche se i suoi tentativi di promuovere una larga intesa sono caduti nel vuoto: alla fine della giostra stava però cadendo anche lei nella trappola chiamata Belloni.

Questo lo scenario fino alla vigilia della votazione. Una volta irrevocabilmente rieletto, non è dato sapere con quali espressioni Mattarella abbia accolto, in privato, la strana coppia (il candido Fico e la velleitaria, ma tradita, Alberti Casellati) che gli ha consegnato la delibera assembleare. Probabilmente li ha apostrofati con un confidenziale ma ironico “Ve possino …” con quel che segue. La cerimonia di insediamento è stata ordinata, punteggiata dagli ormai leggendari 55 applausi al discorso del Presidente, dettati dal sollievo di molti per lo scampato pericolo e dall’ipocrisia di tutti gli altri. Molti degli applausi sono stati disertati dai grandi elettori di Fratelli d’Italia che hanno dimostrato, se ce n’era bisogno, come la Patria esista solo se la guidano loro, a meno che, motivazione meno plausibile, si siano voluti sottrarre all’accusa di piaggeria.

La confusione però non è cessata, anzi cresce e se ne intravedono già i primi segni: Salvini fa disertare dai suoi la prima riunione di governo, Renzi sorprende tutti sostenendo, proprio lui, che bisogna ripristinare le preferenze nelle liste elettorali, Enrico Letta rinnega in un batter d’occhio il suo reiterato favore per il sistema maggioritario optando per il proporzionale. E non eravamo che all’inizio.

Qualche giorno dopo Salvini ha decretato che il centrodestra si è liquefatto, Di Maio ha dichiarato guerra a Conte mentre si è aperta una corsa dei partitini e di Forza Italia verso il centro dello schieramento, consapevoli che costituiranno l’ago della bilancia dopo le prossime elezioni. Ed è lì che probabilmente li attende Renzi dal quale ci si può attendere di tutto perché non si rassegna a fare da comparsa. I giornali ci dicono peraltro che, sondaggi alla mano, se si votasse oggi non si potrebbe costituire alcuna maggioranza senza il concorso del “centro”, sia con una legge elettorale proporzionale, sia col “Rosatellum” tuttora vigente.

Se poi si considera che questa situazione caotica deve misurarsi con le riforme urgenti e cruciali che attendono il governo Draghi, si può essere certi che i risultati saranno tardivi, rabberciati e, molto probabilmente, condizionati dai ricatti leghisti e/o pentastellati. Si, perché alla fine Draghi continuerà a contare sul solo sostegno del PD e dei partitini di sinistra, gli unici che sembrano preoccuparsi della tenuta del governo, sull’altare della quale stanno sacrificando quei brandelli di identità che ancora gli restano. Vedremo se riusciranno a rendersi più riconoscibili prima delle prossime elezioni che però, in questa torre di Babele che è diventata la politica italiana, potrebbero essere dietro l’angolo.

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