Diario di un vaccinato in serena attesa della terza dose: 23 ottobre 2021

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pagina di diario

In famiglia abbiamo l’abitudine, sospesa durante la pandemia, di visionare insieme a parenti e amici, in occasione di incontri conviviali a sfondo gastronomico (insomma: a cena), qualche breve spezzone di film, di opere teatrali o liriche che ci ha colpito nel corso degli anni: non le opere intere ma proprio le parti a nostro giudizio più sorprendenti, più geniali o più divertenti.

Recentemente abbiamo proposto ad un giovane ospite quel brano del primo atto di “Uomo e galantuomo” in cui Eduardo prova, insieme alla sua sgangherata “compagnia di giro”, una scena del dramma che dovrà rappresentare la sera: tanto per intenderci, la scena che inizia con la famosa battuta “‘Nzerra chella porta!” Chiariamo subito: “Uomo e galantuomo” è un po’ commedia e un po’ farsa e non è dunque confrontabile con pietre miliari come “Filumena Marturano”, “Napoli milionaria” o “Questi fantasmi”, ma la scena della “prova” per me e i miei familiari è un “cult” perché ci cattura ormai da anni malgrado la si sia vista non meno di una decina di volte.

D’altra parte il meccanismo comico presente in tutti i quadretti dove figura un “suggeritore d’arte” è un classico della farsa, del teatro leggero e di molte scenette televisive. Se ne contano numerosi esempi, come la farsa “Francesca da Rimini” con i fratelli Giuffré e, più di recente, alcune gag col compianto Gigi Proietti.

Ma la grandezza assoluta del pezzo di cui parliamo non si esaurisce nella pur eccezionale corrente di comicità che lo attraversa. A nostro avviso è molto di più. C’è la presenza totalizzante di Eduardo che ne è l’autore, il regista e l’interprete. E quando parliamo di regia non ci riferiamo soltanto a quella dell’intero lavoro ma anche a quella rappresentata nella scena della “prova”. Lì Eduardo ci mostra il suo modo di organizzare i personaggi, le azioni, i gesti, le battute da pronunciare e come pronunciarle. Il tutto nel rispetto dei tempi, in questo caso comici, che le scandiscono. Insomma, una lezione di gestione complessiva della scena. Alla fine della “performance” capisci che il teatro di Eduardo è “suo” in maniera totale, cioè interamente ed esclusivamente di sua pertinenza. E ciò in quanto, così come uno spartito musicale, un testo teatrale non è altro che un insieme di segni che, sì, possono essere letti per essere compresi ma per vivere realmente devono essere mediati da un interprete, un demiurgo che traduca i segni in suoni o in parole influenzati però, inevitabilmente, dalla sua personale sensibilità artistica. Ecco, con Eduardo la mediazione non c’è perché la notazione scritta è la versione semplificata di ciò che lui aveva in mente e che sulla scena realizza con naturalezza, senza bisogno di alcuna immedesimazione nel personaggio.

Tante opere teatrali reggono alle interpretazioni più disparate, che possono coesistere come fossero complementari e addirittura accrescerne il valore. Col teatro di Eduardo la cosa non funziona. Abbiamo avuto occasione nel tempo di vedere diverse messe in scena delle sue opere con altri protagonisti, spesso anche di grande talento, così come le trasposizioni cinematografiche delle opere più famose: ci hanno lasciati insoddisfatti e talvolta sconcertati. L’interprete ha infatti due alternative: o tenta di accostarsi quanto più possibile all’originale, e chi ci prova è condannato all’insuccesso, oppure cerca di rinnovare il personaggio col rischio di snaturarlo. Al termine dell’ennesima e sempre gratificante visione di “‘Nzerra chella porta“ non è stato necessario neppure l’ampio e approfondito dibattito di sessantottina memoria per giungere alla conclusione unanime che il teatro di Eduardo non può fare a meno dell’attore Eduardo. Chi vuole godersi i suoi capolavori farà bene a rivolgersi ai video con le versioni consacrate dalla televisione e, se non ne è già in possesso, reperibili su Rai-Play. Provare per credere.

1 commento su “Diario di un vaccinato in serena attesa della terza dose: 23 ottobre 2021”

  1. ADRIANO FERRARA

    Dici una cosa sacrosanta, nel Teatro quando ti confronti con un archetipo particolarmente ingombrante sei quasi sempre destinato al fallimento, per questo a me piacciono le interpretazioni innovative. Gli originali me li tengo cari spolverando gli archivi.

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