Diario di un “segregato”: 17 maggio 2020

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Da quando la pandemia ha occupato la scena mediatica mettendo nel dovuto risalto lo sterminio degli anziani, molti si sono chiesti e tuttora si chiedono a chi sia giusto dare la precedenza in terapia intensiva quando i posti sono insufficienti. Parliamo peraltro di una circostanza realistica e non di ipotesi astratte sulle quali misurare la propria sensibilità o il proprio approccio culturale. Né è dato sapere come si siano concretamente comportati nella drammatica circostanza gli operatori sanitari che si fossero trovati di fronte ad una tale scelta: il più giovane o il più vecchio? il più ben messo o il più ammalato? l’italiano o l’immigrato? il povero disgraziato o il notabile? il proprio parente o l’estraneo?

Sappiamo che secondo le regole deontologiche, elaborate da ciascuna categoria di operatori, la precedenza spetta a chi ha maggiori probabilità di sopravvivenza. Ci si domanda: indipendentemente dall’età? Sono domande alle quali per fortuna non è toccato a noi dare una risposta, ma che ci fanno pensare con grande rispetto ai dubbi che chi quella scelta ha dovuto fare si porterà dietro forse per tutta la vita.

Fuori dal concreto contesto ospedaliero, la risposta a questa domanda si è molto spesso limitata a dire che non è giusto penalizzare i vecchi e non parliamo della voce dell’uomo della strada ma di quella di opinionisti in genere affidabili. Risposta che però lascia perplessi perché non è una vera risposta ma semplicemente un gesto di rispetto, di simpatia o di gratitudine nei confronti di chi ci ha messo al mondo, ci ha allevati e, col suo lavoro e col suo sacrificio, ci ha dato un futuro. La vera risposta è invece altrove: nella madre che darebbe la propria vita per la salvezza del figlio, oppure nell’usanza dei vecchi delle tribù pellerossa che lasciavano la comunità per andarsene a morire in volontario isolamento. La risposta è anche e soprattutto nell’uniformare il comportamento umano al ciclo naturale dell’esistenza di ogni forma di vita. Ed infine nel senso, più strettamente umano, della giustizia terrena e della parità dei diritti: il giovane ha diritto di diventare vecchio così come lo ha avuto chi è vecchio oggi.

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