E ADESSO?

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Albrecht Dürer (1471–1528), Salita al Calvario, xilografia (Fonte: Wikipedia)

Non sapendo più, letteralmente, a che santo votarsi, Salvini ha scoperto la sua ultima spiaggia: il buon Dio. Dai rosari e dalle madonne, adesso è passato direttamente al piano superiore. Ha realizzato che “la scienza da sola non basta, serve anche il buon Dio”. Ed ecco che fa partire la sua nuova iniziativa: aprire le chiese nel periodo di Pasqua per ascoltare le messe; chissà se il suo “buon dio” non si intenerisca e non si decida una buona volta a intervenire, dopo aver fatto orecchie da mercante perfino all’unico autorizzato ufficialmente: il Papa, le cui accorate richieste d’intervento sono rimaste fino ad ora (come sempre, da che mondo è mondo) lettera morta.

Io non so, e non sono neanche molto interessato a sapere, quanti dei “followers” di Salvini saranno inteneriti da questa nuova versione del “capitano” e quanti altri, commossi dalla scoperta che ha un cuore che batte pieno di fede, decideranno di premiare questa riscoperta esistenza del “buon dio” da parte dell’ex ministro degli interni. Ma di sicuro ci saranno molti che si chiederanno dove Salvini avesse relegato (e in tempi molto recenti) il suo “buon dio” quando, con il volto truce e la voce stentorea, infischiandosene dell’umanità dolente che ci chiedeva aiuto, le impediva di riceverlo, costringendo malati, donne e bambini a cuocere sotto il sole, stipati sul ponte lercio di trabiccoli del mare, perché lui era impegnato a “difendere i sacri confini della Patria” dagli ultimi del mondo.

A proposito di messe pasquali da lui adesso caldeggiate con assoluto sprezzo dell’intelligenza, non può non venire in mente Enrico IV, re di Navarra, che da fiero ugonotto si convertì in un batter d’occhio proprio perché “Parigi val bene una messa”. Solo che quegli si dimostrò poi un gran re. Dubito che il nostro “Enrico IV” della val Brembana possieda le sue stesse qualità. Lo possiamo dire con serenità perché, sia prima, che ancor più adesso, non si riesce a cavargli di bocca un’espressione che non sia di un’assoluta ovvietà. Il governo fa sforzi immani per fronteggiare questo disastro epocale e lui collabora esclusivamente dicendo che “deve fare di più”. Siamo bravi tutti a dire banalità del genere, non c’è bisogno di una laurea al MIT o d’essere un senatore della Repubblica. Salvini è certamente un uomo riservato – a parte il dettaglio irrilevante dei milioni di selfie –, è così riservato che non si è ancora riusciti a capire qual è il campo delle sue competenze: l’economia, la finanza, la medicina, la chimica, la fisica, l’astrologia, l’arte del buon governo? Sembra proprio che se dovessimo trovarne una, la dovremmo cercare nella sua nuova veste di devoto; ma in tal caso gli dovremmo suggerire di ripassare il catechismo, e proprio in quella parte dove Gesù condanna le esibizioni pubbliche di santocchieria che caratterizzavano i Farisei, per suggerire che le preghiere (e la messa è una preghiera collettiva) che Dio (il suo “buon dio”) gradisce sono solo quelle fatte nel segreto della propria camera, lontano dagli occhi di tutti (Mt. 6:5, 6).

Ma, se non puoi esibire rosari, madonne, santini; se nessuno ti vede e nessuno lo sa, che piacere c’è? Come abbiamo detto in un nostro precedente scritto, il bene è silenzioso, schivo, discreto; il male, invece, è rumoroso, invadente, esibizionista. Saper scegliere fra i due fa la differenza. E a quanto pare, il Nostro ha ancora molta strada da fare se è vero che qualche giorno fa alla notizia che in Ungheria il premier Orbàn ha “abolito” la democrazia assumendo i pieni poteri (vecchio sogno vagheggiato da Salvini), l’unico, insieme alla signora dagli occhi cerulei, a congratularsi con il nuovo despota è stato proprio lui, mostrando così la vera pasta di cui è fatto.

Tutto questo non vuol essere un attacco personale a chi si è ampiamente dimostrato inadeguato al suo ruolo. Purtroppo non è il solo. Vuol essere, invece, l’inizio di una riflessione di lunga portata. Per ricostruire il ponte Morandi e per evitare che cose del genere possano più accadere, ci si è affidati al meglio che c’è sul mercato: l’architetto Renzo Piano, non al primo geometra di passaggio. Adesso c’è non un ponte, ma un’Italia intera da ricostruire, e insieme ad essa un’Europa piuttosto malmessa. È pensabile di poter attribuire questo compito immane allo stesso personale politico che da anni siede sugli scranni del nostro Parlamento, nelle stanze del governo e che ha in modo inequivocabile dimostrato la sua inidoneità? Vogliamo ripetere ancora gli errori del passato? Questo è il tempo di levare in alto lo sguardo e di non cercare più il colore politico di chi ci dovrà guidare “a riveder le stelle”, ma il valore personale, professionale, morale, di chi dovrà, moderno Virgilio, portarci fuori dalla “valle oscura”. L’Italia ha persone del genere, donne e uomini, gente di valore che nei momenti difficili ha saputo dimostrarlo. Affidiamoci a loro e lasciamo che per una volta sia il criterio del merito, dell’integrità morale, della professionalità a guidarci nelle nostre scelte e non la faziosità che ha ormai fatto il suo tempo; e quindi, da non credente, innalzo una laicissima invocazione: libera nos a malo. La innalzo a tutti noi italiani, che meritiamo un’Italia migliore per noi, per i nostri vecchi, per i nostri figli, perché siamo noi a dover cambiare registro e, come Ulisse, tapparci le orecchie al canto ingannevole delle sirene e ascoltare la voce del buon senso e della saggezza. Una volta tanto!

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