Riso amaro: 10 febbraio 2024

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Uno dei miei primi contributi a questo giornale on line, dal titolo “Elogio della mediazione”, si concludeva con la seguente esortazione (mi si perdoni l’autocitazione): “Rivalutiamo quindi il concetto di mediazione, augurandoci che anche in politica lo si possa recuperare in senso alto, compito che spetta, in primo luogo, agli elettori i quali dovrebbero sempre scegliere, entro i limiti in cui la scelta è loro consentita, chi meglio può tendere a realizzare, in una prospettiva non certo di breve periodo, questa sacrosanta ambizione.”

A distanza di sei anni c’è da supporre che l’appello sia stato raccolto solo da qualche attempato e riflessivo lettore di www.zonagrigia.it . Da allora gli scontri frontali si sono infatti moltiplicati ed inaspriti. Sul quadrante geopolitico si contano oltre 120 conflitti in corso di cui quelli russo-ucraino e israelo-palestinese non sono che i più vistosi. Ce ne saranno da qualche parte di altrettanto raccapriccianti. Lo scenario politico mondiale è però percorso da conflitti pericolosi anche se non ancora violenti. Negli Stati Uniti lo scontro tra Trump e Biden si avvia probabilmente ad epiloghi preoccupanti: da un lato c’è Trump, probabile candidato dei repubblicani, tenuto virtualmente in gioco da una sentenza della Corte Suprema che lo ha sottratto all’eventualità di non essere candidabile in tutti gli Stati della federazione; occorrerà la prossima pronuncia della Corte per sapere se a Trump spetti l’immunità in relazione ai numerosi reati per i quali è sotto processo, a partire dall’incitamento all’insurrezione per l’assalto a Capitol Hill. L’incerta sorte di Trump ci ricorda che l’indipendenza della magistratura negli U.S.A. è quanto meno discutibile: i membri della Corte Suprema sono designati dai Presidenti in carica nel momento in cui si rendono vacanti i posti e, nel caso della vicenda in corso, la maggioranza in seno alla Corte è ampiamente repubblicana, con gli ultimi tre membri nominati dallo stesso Trump. Ma nel Grande Paese che si contendono Trump e Biden tutta la magistratura è elettiva e quindi collaterale alla rappresentanza politica. Una democrazia molto zoppicante. L’antagonista democratico, il presidente in carica John Biden, dà evidenti segni di stanchezza che però nega fieramente. Come si regoleranno gli elettori americani ove a Trump l’immunità fosse accordata? I sondaggi lo danno vincente: evidentemente gli elettori apprezzano la sua caratteriale incapacità alla mediazione.

In Europa le cose non vanno molto meglio. Si rileva dappertutto la minacciosa avanzata delle destre antieuropee, sovraniste, razziste e filoputiniane. A capeggiare questo movimento c’è proprio la nostra Premier, forte della vittoria che l’ha portata al governo e che alimenta la sua ambizione di poter catalizzare le destre degli altri paesi membri verso una politica di distruzione dell’Unione Europea o, male che vada, di rinnovamento radicale. Sarà una Unione dove non si capisce bene se, nel rispetto del sovranismo vantato da ciascuna “nazione”, verranno prima gli italiani, gli ungheresi, i tedeschi, gli spagnoli o i francesi: probabilmente verranno prima i russi.

Ma sembra che di questa nefasta prospettiva non tutti gli attori politici che si esibiscono nel ruolo di oppositori del governo Meloni abbiano piena consapevolezza. Poco o nulla ci si può attendere da Calenda e Renzi che hanno sin qui mostrato di condividere alcune delle micidiali riforme portate avanti da questo Governo. Il comportamento di Conte lascia invece perplessi, non tanto perché non si oppone abbastanza duramente al Governo ma perché pare si sottragga altrettanto duramente anche all’ipotesi di un’alleanza col fronte unito del PD e dei Verdi-Sinistra Italiana. Evidentemente l’avvocato sottovaluta la virulenza, l’ambiguità e la problematicità di questo Governo. Speriamo lo convinca alla convergenza con la sinistra storica il recente episodio del Giurì d’onore istituito in merito alla notoria menzogna pronunciata in Parlamento dalla Meloni riguardo all’adozione da parte del governo Conte 2 di un provvedimento risultato poi pienamente legittimo, laddove la Premier lo aveva definito illegittimo usando, come suo solito, espressioni pittoresche ma denigratorie (“col favore delle tenebre”). Il Giurì d’onore, com’è noto, è stato sciolto perché i suoi lavori sono stati abbandonati dai due membri di minoranza visto che si prospettava l’incredibile “assoluzione” della Meloni. L’episodio, che somiglia tanto al proscioglimento di Trump di cui si è detto, dovrebbe far riflettere sul concetto distorto che la maggioranza di governo ha della democrazia e che si riflette nella violenza verbale che giorno dopo giorno coinvolge in numero sempre maggiore i suoi esponenti. Giorgio Mulè, presidente del poi disciolto Giurì d’onore ha replicato alle accuse di Conte con parole equiparabili a quelle recentemente pronunciate da Sgarbi e dal sindaco dimissionario di Terni, Bandecchi: “Vomito le accuse di imparzialità mossemi da Conte”. Da un moderato di Forza Italia non ce lo saremmo aspettato: poteva prendere un emetico e si sarebbe risparmiato una figuraccia visto che la faccia l’ha ormai perduta.

Si vede che il virus della volgarità più inaccettabile si va diffondendo. Sarà il caso che le opposizioni, tuttora prigioniere di un fair play che non sta pagando in termini di consenso, si attrezzino imparando a urlare “sommessamente” (come la Meloni) il proprio dissenso e le proprie accuse, dissotterrando aggettivi di sicura presa sull’elettorato incerto, quali “laido”, “disgustoso”, “stomachevole” e, perché no, “lurido”. Ma soprattutto che trovino il modo di presentarsi alle elezioni europee se non con un programma comune almeno prospettando una futura alleanza. Il tempo stringe e le elezioni europee, come già ricordato, hanno una portata storica.

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