Non tutti i mali vengono per nuocere

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In medicina esiste un principio, grazie al quale i danni degli ossidanti prodotti normalmente dal metabolismo (gli scarti tossici) vengono neutralizzati dagli antiossidanti naturali che assumiamo con gli alimenti e da quelli endogeni che produciamo naturalmente. L’ormesi, dal greco ormao, stimolare. Secondo questo principio anche piccoli danni ossidativi stimolano una risposta che – e questa è la sorpresa, certamente di natura evolutiva – non è mai lineare, non segue su un grafico un andamento a campana di tipo gaussiano, cioè non si verifica mai una risposta proporzionale allo stimolo, bensì a salti, con dei picchi e delle rapide cadute.

È il meccanismo che verifico costantemente nella mia pratica di medico ozonoterapeuta nella cura per il mal di schiena. L’ozono, avendo un forte potere ossidante sulle molecole organiche, tra i suoi effetti a piccole dosi evoca come risposta lo stimolo e l’immissione in circolo di sostanze antiossidanti endogene che neutralizzano gli effetti nocivi e amplificano le normali risposte di autoguarigione dell’organismo.

Una quantità ridotta di una sostanza altrimenti nociva porta un beneficio all’organismo, innescando una iper-reazione, cioè un vantaggio derivante da un danno. Anche nello studio sulla longevità, gli scienziati hanno osservato che una dieta ipocalorica (responsabile quindi di uno stress metabolico) allunga l’aspettativa di vita nelle cavie di laboratorio. D’altra parte come agiscono certi vaccini? Come agenti infettivi attenuati che provocano una risposta immunitaria, cioè un piccolo potenziale danno che sfocia in un grande, duraturo beneficio.

In ambito economico, politico e sociale succede la stessa cosa. È come se la selezione naturale, priva di intenzionalità ricordiamolo, ci avesse dotato di un’arma di sopravvivenza in più. Quando i sistemi sono impantanati nella stabilità, alla fine arriverà una forte scossa che li annienterà. Piccole e casuali forme di instabilità (stress) invece attiveranno interventi migliorativi, ed è quanto succede in biologia: piccole mutazioni genetiche (instabilità, cambiamenti) determinano miglioramenti strutturali e funzionali dell’organismo.

Noi siamo naturalmente portati alla ricerca della stabilità e di certezza, con un bisogno di linearità, efficienza, ottimizzazione e correlazioni tranquillizzanti nella vita quotidiana. E ci comportiamo di conseguenza, facendo spesso la fine del tacchino che dopo un anno di pacchia viene sorpreso dal giorno del ringraziamento.

Il rischio futuro è ingenuamente calcolato in base a questi presupposti di stabilità, cui assegniamo una linea di continuità che può essere interrotta senza particolari danni. Invece non c’è stabilità senza casualità, variazioni e cambiamenti, e non c’è progresso senza questo tipo di stabilità. Prendiamo ad esempio due lavori, l’impiegato statale e il pescatore. Il primo, in una situazione politico-economica stabile certamente sarà più avvantaggiato rispetto al secondo, più soggetto ai cambiamenti del tempo e del mercato. Ma una crisi economica e bancaria inattesa di sicuro travolgerà più incisivamente l’impiegato, mentre il pescatore, avendo più esperienza delle fluttuazioni del tempo e del mercato, riuscirà certamente a cavarsela meglio, battendo altre zone di pesca e adoperandosi facendolo per più tempo. L’impiegato statale si è cullato, come il tacchino, in una pseudosicurezza derivante da una illusoria stabilità che si è sciolta come neve al sole al primo intoppo, il pescatore invece ha maturato una stabilità più affidabile perché l’abitudine alla casualità e alla variazione lo hanno reso più reattivo ai cambiamenti improvvisi.

Succede lo stesso in amore. Quante relazioni languono nella routine e nella monotonia, per abitudine, tenute insieme solo da interessi comuni, progetti di lavoro, desiderio, amore per i figli! E poi all’improvviso esplodono, rivelando l’inconsistenza del collante fittizio che le univa. Che meraviglia invece (e che fortuna!) le coppie che strumentalizzano, sublimandole, quelle banali discussioni quotidiane, che hanno cura di non evitare, per fortificare il loro legame. Così quando si creano all’improvviso le condizioni per una crisi più seria le trovano più forti e capaci di respingerle.

L’eccesso di interventismo poi nasce dall’illudersi di avere un controllo rassicurante su ogni sistema complesso nella vita civile. Ed è una conseguenza del bisogno di stabilità. Prendiamo ad esempio l’eccesso di segnali stradali: per aumentare la sicurezza degli automobilisti, ovunque nelle nostre città osserviamo un florilegio di segnali, che come unico esito hanno una minore attenzione da parte dell’automobilista, il quale si sente più tranquillo e rassicurato alla guida. Invece ci sono più incidenti sulle strisce pedonali che al di fuori di esse nell’attraversare una strada, perché la soglia di attenzione diminuisce, come pure la sensazione di pericolo. A Drachten, una cittadina olandese, è stato realizzato un esperimento (un po’ eccessivo ma molto paradigmatico) in cui per un certo periodo furono rimossi tutti i segnali stradali. Ebbene il numero degli incidenti diminuì drasticamente.

Anche in campo medico succede la stessa cosa, con danni ed evidenze purtroppo sottostimati. La bravura di un medico infatti viene giudicata dal numero di farmaci che prescrive o degli interventi che esegue, frutto della confusione generata dal rumore di dati clinici inutili che raccoglie e utilizza per la diagnosi, ma che sfocia invariabilmente in iperprescrizioni e interventi chirurgici inutili. Ma dietro questo eccesso di interventismo, come hanno puntualizzato due studiosi della materia (Kahneman e Taleb) c’è sempre un’abbondanza di rumore, cioè informazioni e dati inutili che confondono i veri segnali di rischio.

Concludendo e riassumendo, ogni aspetto della vita civile avrebbe meno problemi di gestione, personale e comunitaria, se la nostra ansia di controllo e sicurezza fosse un po’ mitigata dai doni (ma anche dal prezzo) dei piccoli stress, dei minimi cambiamenti e della casualità, cui dovremmo affidarci e attendere ogni qualvolta il dubbio ci pungola con la sua fretta

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