La vita e il suo scopo

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Gli esseri umani sono fragili. Ci crediamo i padroni del mondo, eppure basta un soffio perché la nostra vita abbia termine. La nostra terra brulica di vita. Già da soli gli esseri umani che la abitano sono otto miliardi, e migliaia di miliardi tutte le altre forme di vita. Tutti questi esseri viventi, dall’uomo al batterio, hanno una cosa in comune: la fine della loro vita. Le miriadi di creature microscopiche, che ci fanno compagnia in questo nostro pellegrinaggio sul pianeta, hanno, sebbene non ne abbiano coscienza, un ruolo da svolgere durante la loro vita, ruolo assegnatogli dalla natura e al quale non possono sottrarsi, e quindi si può dire che la loro vita abbia un senso. Ma quando ci poniamo di fronte agli esseri umani le cose cambiano radicalmente; e questo perché noi, e solo noi, abbiamo la facoltà di porci la domanda cruciale: che senso ha la nostra vita? Qual è il suo scopo? Non v’è dubbio che un elemento di grande importanza nel riflettere sulle domande appena poste è la consapevolezza, che manca in tutti gli altri esseri viventi, della mortalità; evento che, inaspettato, può verificarsi in qualunque momento della nostra esistenza, e per una miriade di diversi motivi. E questo, certamente, non può che suscitare un senso di precarietà, di provvisorietà della nostra permanenza terrena. Ho voluto far uso del termine “terrena” di proposito, in quanto nel corso della storia umana tutte le religioni che ne hanno accompagnato lo sviluppo, hanno cercato, con un’ampia varietà di soluzioni, di garantire che la morte non è la fine della vita, ma solo una trasformazione d’essa. Una sorta di “placebo” per esorcizzare una paura che ci accompagna sin dalla nascita. E così è nato l’«aldilà», ovvero un luogo non di questa terra, nel quale tutti coloro che sono morti “nella carne”, proseguiranno eternamente a vivere nello “spirito”, ovvero in una condizione superiore del livello di vita.

Questo ha portato necessariamente alla elaborazione, per limitarci alla religione cristiana, di luoghi nei quali si dovrà perpetuare l’esistenza di ogni individuo, dall’origine dei tempi. Restringendo l’argomento alla religione cattolica, la più presente nel nostro Paese, i luoghi deputati al “proseguimento” della nostra vita sono tre: Paradiso, Purgatorio e Inferno. In essi troverà continuazione – in forme estremamente diverse – ciò che qui sulla terra è stato interrotto. L’argomento è vastissimo, e da millenni sono stati versati fiumi d’inchiostro per discettarne (per una trattazione esaustiva vedi Vita Eterna? di Hans Küng, Mondadori 1982). Ma, a prescindere dal fatto che si tratta di un pietoso espediente per illudere i credenti, questa dottrina, la sopravvivenza della vita dopo la morte, è servita a dare la risposta alle due domande cruciali poste poc’anzi: Qual è lo scopo della vita, la vita ha un senso? Secondo molti teologi è quello di prepararci alla vita “vera”, a quella eterna, senza fine, accanto a Dio. Ovviamente si tratta di speculazioni sulle quali questa non è la sede nella quale intervenire, pertanto è necessario fare astrazione dall’esistenza o meno di un dio che premia o punisce, e concentrarci sulla realtà dei fatti. Abbiamo una sola vita, ed è nel corso d’essa che possiamo riempirla di significato. Dopo migliaia d’anni è ancor valido il saggio pensiero espresso dall’autore dell’Ecclesiaste, secondo il quale: “Tutto quello che ti occorre di fare, fallo mentre sei in vita, perché non ci sarà più né attività, né pensiero, né conoscenza, né sapienza giù nello Sceol (la tomba), dove stai per andare” (Eccl. 9:10, Nardoni).

Quindi, poiché vi è una sola vita – che pertanto è preziosa perché irripetibile – di cosa possiamo riempirla per darle un significato che la renda degna d’essere stata vissuta? Apprendiamo dai mezzi di comunicazione che “Save the Children, facendo riferimento ai dati forniti dal ministero della Salute di Gaza, calcola che i minori morti negli ultimi 100 giorni della guerra israelo-palestinese, siano diecimila, ma a questa macabra contabilità manca un dato ed è quello dei bambini scomparsi, almeno quattromila sono ancora dispersi sotto le macerie … chi è sopravvissuto deve affrontare una realtà durissima. Moltissimi, più di mille, hanno subito amputazioni” (la Repubblica, 13 gennaio 2024). Se la tremenda sorte che colpisce migliaia di bambini del tutto innocenti strazia il cuore delle persone “normali”, riempiendolo di sgomento e di angoscia, non dobbiamo tuttavia ignorare la carneficina di tutti gli altri. Un numero sempre crescente di giovani che non avranno mai un futuro, una famiglia, una vecchiaia circondati dall’affetto dei loro cari, perché si stanno sterminando gli uni contro gli altri in guerre insensate nelle quali il costo di un solo missile Patriot – tre milioni di dollari -consentirebbe a decine di famiglie prive di tutto, di vivere una vita decorosa.

Siamo costretti a porci nuovamente la domanda: qual è lo scopo della vita di questi milioni di persone, se non quello di toglierla agli altri? Alla luce di ciò che sta accadendo in uno dei molti conflitti che stanno insanguinando il mondo (niente di nuovo sotto il sole) e facendo riferimento a uno d’essi, quello che abbiamo già menzionato, verifichiamo qual è per una delle parti in conflitto, lo scopo della vita.

Nel mondo cosiddetto “normale” è scontato che i genitori si prendano cura dei loro figli e che facciano di tutto perché, crescendo, possano godere appieno della vita loro donata, arricchendola di cose buone. Si insegna loro l’educazione, il rispetto, l’onestà, la lealtà; insomma tutte le cose che sono fondamentali per fare di loro dei buoni cittadini. Poi c’è la scuola, che continua il lavoro dei genitori, e che è considerata un periodo fondamentale per preparare i giovani alla vita. Ma non è, purtroppo, così dappertutto. Un esempio pertinente ci è fornito dallo stato islamico, compresa la Palestina. Scrive Bassam Tawil, storico del medio oriente in un articolo del 1° agosto 2023: «Mentre gli scolari e gli alunni di tutto il mondo si godono le vacanze estive praticando attività sportive e ricreative, ai ragazzini palestinesi viene insegnato a combattere Israele e gli ebrei e vengono addestrati a farlo. L’indottrinamento e il lavaggio del cervello di questi giovanissimi non sono una novità. I leader palestinesi hanno coltivato l’odio verso Israele e gli ebrei di generazione in generazione. Questo incitamento ha luogo da decenni negli asili palestinesi, nelle scuole, nelle università … Da più di un decennio, i gruppi terroristici della Jihad islamica palestinese e di Hamas, appoggiati dall’Iran, organizzano campi estivi per migliaia di scolari e alunni di tutta la striscia di Gaza. Questi campi fungono da cornice per inculcare un’ideologia estremista che glorifica il Jihad (la guerra santa), il terrorismo e la lotta armata contro Israele con l’obiettivo di “liberare la Palestina dal fiume (Giordano) al Mar Mediterraneo”. I campi forniscono altresì un addestramento militare con esercitazioni pratiche che prevedono l’uso di coltelli e armi da fuoco, combattimenti corpo a corpo, ed esercitazioni di marcia e a piedi. I ragazzini simulano scene di combattimento e di cattura di soldati israeliani o il lancio di razzi contro Israele … L’8 luglio scorso, Hamas ha inaugurato i suoi campi estivi per il 2023, a cui partecipano più di centomila giovanissimi, maschi e femmine. I campi estivi di quest’anno si svolgono all’insegna dello slogan “Scudo di Gerusalemme”, il che implica che il gruppo terroristico intende utilizzare i minori nella lotta contro Israele. I bambini vengono addestrati a compiere attacchi terroristici e a fare da scudi umani nel Jihad contro Israele … David al-Gharabli, uno dei leader di Hamas ha affermato quanto segue durante una cerimonia di consegna dei diplomi: “Questi campi formano una generazione in linea con la via del Jihad e della resistenza; credere in questa opzione, ritenere che la Palestina sia la questione principale e combattere gli ebrei è un atto di culto” … Questo vasto abuso su minori da parte dei palestinesi è ignorato dai media occidentali, dalle Nazioni Unite e dalla maggior parte dei politici. La prossima volta che i palestinesi si lamenteranno dei minori uccisi o feriti mentre compivano attacchi terroristici contro gli israeliani, sarebbe opportuno ricordare le scene dei bambini nei campi estivi della Striscia di Gaza, dove inizia il processo per trasformarli in combattenti».

Forse questi commenti sull’indottrinamento dei bambini hanno preso molto spazio, ma è importante citarli perché non possono non ricordarci che cose del genere sono accadute anche in Europa, in casa nostra, dove Allah è un estraneo, mentre si ripone fede – o almeno così si vuol fare credere – nel dio cristiano, fonte di amore e misericordia. Esistono quindi due catechismi: quello del tempo di pace e quello del tempo di guerra. Nell’Islam, invece, ce n’è uno solo: quello di guerra, lo scopo di quasi tutti loro è solo uno: far scomparire Israele, e questo nella lingua comune si chiama genocidio, ovvero la cancellazione di un popolo, di un’etnia, di una razza, dal greco genos (ghenos).

Dicevamo che era accaduto anche in Europa; chi si interessa anche superficialmente di storia non può non ricordare che entrambi i dittatori del tempo, Hitler in Germania e Mussolini in Italia, fondarono le organizzazioni giovanili di combattenti: la Hitler Jugend (gioventù hitleriana) e i Balilla e gli avanguardisti. La loro funzione era quella di plasmare la mente dei giovanissimi sin dal loro ingresso nel sistema scolastico, per farne delle autentiche marionette che come scopo della vita avevano quello dell’obbedienza cieca e assoluta agli “dei” del regime: Adolf Hitler e Benito Mussolini. Il culto delle armi faceva parte della “teologia” dei due regimi, tratto tipico delle destre in tutto il mondo; e anche se non vogliamo ammetterlo, né riconoscere ciò che vediamo, il titolo veramente significativo di un articolo di Paolo Berizzi ce lo sbatte davanti agli occhi, “L’attrazione fatale della destra per la fondina” [la Repubblica, 2 gennaio 2024): «Armiamoci e votate. O anche Dio, patria e revolver. Vecchia storia quella della destra pistolera italiana. Inciampi, gaffes più o meno volute, show elettorali, smargiassate da aspiranti cow boy di provincia, crociate sulla legittima difesa e propaganda del mito della difesa fai date. E dunque anche spottoni a beneficio della potente lobby delle armi. Il cenone di piombo di Rosazza by Delmastro compone l’ultima pagina di un libro grigio lungo almeno trent’anni. C’era una volta lo “sceriffo” Giancarlo Gentilini. Da sindaco posava come un Tex Willer … Sindaci, assessori, parlamentari. Tra i politici che esibiscono la pistola il primato è sempre stato dei leghisti. Elenco lunghissimo. Massimo Bitonci oggi è sottosegretario al Ministero del Made in Italy. Nel 2016, da sindaco di Padova, girava armato di una Smith & Wesson calibro 9 e quanto ne andava fiero. Un anno prima c’era stata la brutta vicenda del benzinaio di Ponte di Nantro che sparò e uccise un bandito durante una rapina. Tempo zero, e sul posto a benedire Graziano Stacchio piombò Salvini: “Giù le mani da chi si difende”. Scatenato anche Joe Formaggio, l’ex sindaco anti Rom di Albettone che pattugliava col fucile: oggi è consigliere regionale di FdI e a febbraio si è fatto immortalare con un mitra. E come non ricordare Gianluca Bonanno, scomparso europarlamentare leghista e primo cittadino di Borgosesia. Nel 2015 mostra una pistola in diretta tivù. “Andare in tivù con la pistola è sciocco e sbagliato”, lo riprese Salvini, il quale, con la solita coerenza, quattro anni dopo, alla Fiera delle armi di Vicenza, imbracciò un fucile e rilanciò: “La legittima difesa è un regalo agli italiani” … Oggi, la competizione interna alla destra si gioca anche sul grilletto. Cinque giorni fa FdI ha calato il suo asso: con un testo arrivato in Senato, i meloniani hanno provato a cambiare la legge sulla caccia dando in mano i fucili ai sedicenni».

Ritornando al tema di questa mia riflessione, è nostro compito individuale e ineludibile rivolgere a noi stessi la domanda su cosa vogliamo fare della nostra vita, di cosa vogliamo riempirla. È una domanda importante, perché di vita ne abbiamo una sola e non sappiamo quanto tempo durerà. Vogliamo nutrirla di ideologie aberranti che prevedono solo morte e distruzione? Sostenere formazioni politiche che nel loro DNA hanno ancora le stesse parole d’ordine dei tempi bui: Dio, Patria, Famiglia e Ordine, e armamentari del genere? Oppure comprendere che solo una vera democrazia liberale può rappresentare l’obiettivo da conseguire e da difendere in questa vita, perché “oltre” c’è il nulla e non esistono esami di riparazione. Stiamo attenti, allora, rimaniamo vigili affinché possiamo – anche con il nostro voto democratico – contribuire a vivere in una nazione nella quale si perda anche la memoria dei tristi orpelli di un passato che qualcuno vorrebbe farci rivivere. Tenendo sempre presenti le altre volte già menzionate parole di Burke: chi non ricorda o dimentica il passato è condannato a riviverlo.

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