Il Fisco amico, di chi?

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Dubito che questo giornale conti tra i suoi lettori pochi percettori di reddito diversi dai lavoratori dipendenti e dai pensionati, cioè da chi paga le tasse alla fonte. Per queste categorie di contribuenti si possono chiamare le cose col loro vero nome e definire il cosiddetto “concordato preventivo”, che la riforma fiscale in corso di approvazione offre alle partite Iva, ai lavoratori autonomi ed alle piccole e medie imprese, una vera e propria autorizzazione all’evasione fiscale. La “pace fiscale” invocata da Salvini sta finalmente trovando la sua realizzazione. Si ricorderà che la premier Meloni ha dichiarato: «Sulla riforma fiscale la sinistra dice che gettiamo la spugna sulla lotta all’evasione. Questo non avverrà mai, ma l’evasione va combattuta dove sta, non sul piccolo commerciante a cui chiedi il pizzo di Stato solo perché devi fare la caccia al reddito più che all’evasione fiscale». Quindi, complice la Meloni, che l’ha benedetta affibbiando alla tassazione l’appellativo ingiurioso di “pizzo di Stato”, il concordato preventivo andrà a sostituire la miriade di condoni e di cancellazioni di cartelle esattoriali perseguite dai governi di destra e non proponibili ulteriormente per decenza.

Il nuovo strumento di determinazione del reddito imponibile, nel testo del decreto legislativo in discussione, prevede che i contribuenti di cui sopra possano accedere alla pace fiscale concordando preventivamente il reddito relativo ai due anni futuri sulla base del reddito conseguito nell’anno presente. Questo beneficio viene però riconosciuto ai soli contribuenti la cui condotta fiscale sia considerata corretta in base agli ISA (Indici Statistici di Affidabilità, che hanno preso il posto degli “studi di settore” dal 2018) e che possano quindi esibire una pagella con votazione non inferiore all’8 in una scala da 1 a 10. Il decreto prevede dunque che ne siano esclusi i contribuenti sospettati di avere parzialmente evaso il fisco avendo dichiarato un reddito inferiore a quello prefigurato dall’ISA. Una limitazione, questa, che rende più digeribile per chi paga le tasse alla fonte (venendo di fatto privato del “diritto”, evidentemente iscritto nel DNA della destra, di evadere e di sottrarsi all’odioso pizzo di Stato!), una innovazione che mette al riparo i contribuenti concordatari da spiacevoli accertamenti per un intero biennio poi rinnovabile.

Le ultime notizie di cronaca parlamentare ci raccontano però che questa barriera sta per saltare: la Commissione Finanze del Senato ha riveduto il testo del decreto ammettendo al concordato tutte le partite Iva, tutti i lavoratori e le piccole e medie imprese indipendentemente dal punteggio di fedeltà certificato dagli ISA. Non solo, ma alle viste c’è anche un emendamento che abbassa al 10% del reddito corrente il margine entro il quale può essere incrementato il reddito da concordare per il futuro biennio. Ciò significa che chi è sospettato di evasione continuerà ad evadere sborsando poco più di quanto sin qui versato, sventando in tal modo il rischio di ulteriori accertamenti.

Questa autorizzazione legale a frodare il fisco nasce, forse non a caso, proprio nel momento in cui la possibilità di incrocio delle banche dati di istituzioni diverse cominciava a ridurre l’annoso, endemico ed indecente fenomeno dell’evasione fiscale che vede l’Italia ai primi posti nella comunità europea. La lobby degli evasori è evidentemente molto forte e la sua ampiezza ne fa una base elettorale irrinunciabile per chi non ha a cuore altro che il potere personale o, forse, di partito.  

La conseguenza di questo sciagurato provvedimento, specialmente se sarà inficiato dalle modifiche innanzi prospettate, sarà l’inevitabile caduta delle entrate dello Stato nei prossimi anni e la speculare riduzione dei servizi pubblici e cioè la sanità, la scuola, la giustizia, le infrastrutture i trasporti eccetera. Altro che fisco amico: questa fiscalità è la nemica giurata di chi ha pagato le tasse fino all’ultimo centesimo per tutta la vita e le paga tuttora.

Nasce quindi spontanea una domanda: quando le opposizioni, ed in particolare il PD, inizieranno a sensibilizzare (leggi: ad aizzare) lavoratori e pensionati contro un Governo che si vende, per motivi chiaramente elettoralistici, alla vasta area dell’evasione fiscale realizzando di fatto un colossale voto di scambio? Non dovrebbe essere difficile suscitare l’attenzione di chi paga le tasse sull’iniquità di queste misure e sulle restrizioni che ne discenderanno gravando proprio sui lavoratori e sui pensionati il cui bisogno di assistenza sanitaria cresce col passare degli anni. Il fisco è uno di quei temi sui quali le opposizioni devono focalizzare la loro propaganda, insieme alla folle costruzione del ponte sullo Stretto che sottrae ingenti risorse ad un uso più saggio e generalizzato e accanto al salario minimo. E forse deve farlo anche chi, come noi, scambia altruistiche opinioni politiche con amici che la pensano più o meno alla stessa maniera. Bisogna rassegnarsi: molti degli elettori che si astengono dal voto sono oggi sensibili solo ai temi che incidono tangibilmente sull’esistenza di ciascuno di loro. Vanno assecondati nelle loro esigenze elementari non meno autentiche di quelle di chi teme per la giustizia e per la democrazia.

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