E l’uomo creò Dio

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Auguste Rodin, Il Pensatore, Parigi (Fonte: Wikipedia)

Si attribuisce a L. Ron Hubbard il detto secondo il quale “se vuoi diventare ricco crea una religione”; la stessa idea è venuta a un nostro connazionale, tale Gabriele Ceracchini, che ha fondato il culto ShinSekai, in termini semplici, il culto della terra piatta. Certo, Ceracchini ha scoperto l’acqua calda; sono millenni che persone come lui hanno fatto, e continuano a fare la stessa cosa; e se le loro idee si diffondessero, ci farebbero ritornare all’età della pietra.

C’è, per esempio, un culto nato negli Stati Uniti alla fine dell’800, molto diffuso dappertutto, anche perché i suoi seguaci girano per le case e nelle strade offrendo la loro “letteratura” a scopo di conversione, che se fosse seguito alla lettera, ci farebbe ripiombare nell’oscurantismo più assoluto. Per queste persone non esiste un processo evolutivo, l’uomo fu creato perfetto e intelligente non più di 6.000 anni fa nel giardino dell’Eden. L’unica loro fonte autorevole è un libro vecchio di migliaia di anni che va preso alla lettera, o per lo meno, secondo la mutevole esegesi dei loro capi. Dalla Bibbia, scritta migliaia di anni fa da uomini del loro tempo, e facilmente accettabile da popoli ancora all’alba della civiltà, essi traggono tutte le norme e le regole per la vita di popoli del XXI secolo. E questo, ovviamente, perché la ritengono la immutabile, inerrante, sacra Parola di Dio, mentre anche chi ha una semplice infarinatura di quest’argomento, sa che le cose stanno del tutto diversamente. Si noti, ad esempio, ciò che scrive Christopher Hitchens in un suo libro: «la religione è prodotta dall’uomo … Dio non ha creato l’uomo a propria immagine. Palesemente, è stato l’inverso: e questa è la semplice chiave per spiegare sia la profusione di dèi e religioni sia la lotta fratricida tra le religioni e al loro stesso interno, fenomeni visibili intorno a noi e che tanto hanno ritardato lo sviluppo della civiltà. Che, come vedremo più avanti, i racconti biblici non sono altro che narrazioni mitologiche come quelle dell’Iliade e dell’Odissea, ciò si comprende dalla descrizione che viene fatta di Dio, un dio totalmente antropomorfo che ha caratteristiche squisitamente umane. Prendiamo ad esempio il racconto della caduta di Adamo, o quello più tardo del diluvio universale. Nel primo e anche nel secondo caso Dio non possiede la facoltà dell’onniscienza, che più tardi gli verrà attribuita, perché non sa cosa avrebbero fatto Adamo ed Eva, tanto è vero che li rimprovera come un padre severo dei figli discoli e modifica seduta stante il suo precedente disegno di farli vivere per sempre sulla terra; nel secondo, addirittura, Dio “si pente”, come un comune mortale: “E si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo e disse: ‘Sterminerò dalla faccia della terra l’uomo da me formato: uomini e animali domestici, rettili e uccelli dell’aria tutto sterminerò poiché mi pento di averli fatti’.” (Gen. 6:6,7) a ben vedere non c’è poi molta differenza fra lo Zeus delle folgori dei greci e lo Jahvè degli ebrei e dei cristiani. Entrambi scagliano folgori a destra e a manca colpendo anche gli animali innocenti.»

Questa breve premessa per avviare il discorso – senza intenti minimamente denigratori nei confronti dei credenti – della pericolosità della religione che si è manifestata con sempre più virulenza nel corso dei secoli. Non crediamo di dire niente di nuovo se ricordiamo al lettore che gli eccidi, le stragi, le ecatombi hanno tutte una matrice religiosa, qualunque essa sia: quella cristiana, quella islamica o quella ebraica. Spiega Marco Vannini: «Nel suo aspetto menzognero, la religione è la forma estrema di appropriazione, religio come legame non all’origine, alla verità, ma a se stessi, ovvero amor sui, che vuole impadronirsi di Dio per metterlo al proprio servizio, e sostegno dell’egoità – e lo fa con la costruzione di una teologia. Si noti che la parola “teologia” è stata coniata da Platone per contrapporre alla mitologia un discorso che “parli della divinità quale essa è realmente” …Invece le teologie del mondo ebraico, e poi cristiano e musulmano, in quanto ricavate dalla Bibbia e dal Corano, non sono teologie, ma mitologie, simili a quelle dei poeti greci … dai “libri sacri” si può ricavare tutto e il contrario di tutto … La falsità delle religioni è quella che proviene dalla Bibbia ebraica e che da essa passa nel cristianesimo e poi nell’islamismo. L’essenza falsa, teologica, delle religioni, si appoggia infatti necessariamente sulle pretese rivelazioni, sui “libri sacri”».

D’altra parte, a ben riflettere, tutto ciò che sappiamo di Dio lo abbiamo appreso da uomini che asserivano di parlare in suo nome. Secondo la teologia tradizionale Dio è: (1) Onnipotente; (2) Onnipresente; (3) Onnisciente; (4) la conoscenza di Dio è perfetta; la sua conoscenza del presente, del passato e del futuro è istantanea. Di questi attributi non esiste nemmeno una prova che reggerebbe in un tribunale e, d’altra parte, il suo modo di comportarsi, particolarmente nell’Antico Testamento, rivela che tutte le costruzioni teologiche sulla sua persona sono frutto di elaborazioni di molto successive alla redazione dei libri “sacri”, tanto è vero che l’autore di Genesi 22:12 fa dire a Dio, senza preoccuparsi dell’incoerenza delle sue parole: “Poiché ora davvero so che temi Dio, in quanto non hai trattenuto tuo figlio, il tuo unico, da me”. Per un Dio che conosce passato, presente e futuro queste parole sono veramente singolari.

Ciò che qui viene messo in discussione non è il diritto di chiunque di trarre conforto dalla sua forma di fede e di religiosità. La scelta di fede è un fatto squisitamente personale, che si conforma al detto latino, credo quia absurdum, ovvero, la fede non ha bisogno di prove, è disposta a credere qualunque cosa anche se palesemente assurda; ma questo è un privilegio che le nostre società moderne, a differenza di quelle rette dalle classi sacerdotali del passato, e di alcune anche oggi, concedono a chiunque, a dimostrazione di come la laicità sia infinitamente superiore alla religione. Ecco perché Hitchens conclude il suo primo capitolo con queste parole: “La religione avvelena ogni cosa”, e la fede cieca è il suo veleno preferito. Per ripetere ancora una volta le parole di Harris “la fede è un atto di conoscenza non supportato da prove”.

Di solito, quando si parla di Dio e della religione, si ritiene di fare riferimento a qualcosa di eccezionalmente positivo: Dio è infinitamente buono, e la religione è il modo in cui gli esseri umani possono dimostrare di accettare le sue norme e regole del buon vivere. Niente di più falso! La storia del genere umano è un ininterrotto susseguirsi di atrocità commesse nel nome di Dio (sia quello ebraico che quello cristiano, che quello islamico). Stare a ripetere le centinaia di passi biblici nei quali è Dio in persona a ordinare massacri, è esercizio inutile; lo abbiamo fatto in passato e ogni persona di media cultura ne è consapevole. E poi c’è anche un’altra riflessione: quella dello strapotere attribuito al clero nei quasi duemila anni dalla morte di Cristo, strapotere che veniva esercitato anche nei minuti particolari della vita quotidiana del fedele. Si prenda, ad esempio, la confessione; quale enorme potere ha conferito ai sacerdoti che ascoltavano nel silenzio del confessionale le più atroci turpitudini commesse dai loro penitenti, ai quali garantivano il perdono divino in seguito alla recita di alcune Avemarie e Paternoster. Tutto basato sulla fiducia. Fiducia che Dio si lasciasse ammorbidire da alcune giaculatorie, e fiducia che quei segreti inconfessabili non sarebbero mai stati rivelati. Perché un buon cattolico non deve mangiare carne il venerdì, e perché quest’astensione dura tutto il periodo della quaresima? Esaminando il Nuovo Testamento non si trova niente del genere. Il trascorrere del tempo ha arricchito la liturgia ecclesiastica di tanti e tali orpelli, di cui oggi non si ricorda nemmeno più l’origine. Come, per esempio, i più begli edifici della Roma vaticana costruiti con i soldi delle indulgenze dei penitenti, il cui obolo era gradito a Dio, in cambio della remissione dei peccati.

Una domanda nell’avviarci alla conclusione: la religione, in un bilancio plurimillenario, ha fatto più bene o più male? La risposta è nettamente a favore del male. Dato per scontato che tutte le religioni sono di origine umana, e che ognuna d’esse riteneva – e ritiene – d’essere l’unica vera e approvata da Dio, la sola “soluzione finale” per spazzare via dal mondo l’errore: quello dei cattolici da parte dei protestanti, quello dei protestanti da parte dei cattolici, è quella di sterminarli tutti, ed è ciò che è accaduto con le interminabili guerre di religione.

Con le ipotesi non si guadagnano punti, ma se per puro esercizio intellettuale ipotizziamo che Dio esiste, la prima domanda che sorge spontanea è: perché ha permesso che nel suo nome si sviluppassero tante forme di adorazione, tutte in aspro conflitto l’una con le altre. Come dice Sam Harris, “ogni confessione predica la verità di proposizioni la cui dimostrazione non è neppure concepibile”.

Alla luce dei fatti e di un sano ragionamento pensiamo ancora che la religione, in genere, abbia esercitato un impulso positivo sulle arti, le scienze, la medicina, e non, invece esattamente il contrario? In realtà nessuna delle promesse fatte nei secoli dalle religioni è stata mantenuta, e quando la sua fallacia si è dimostrata insostenibile, allora si è trovato il comodo escamotage di rinviare tutto ad un’altra dimensione, quella spirituale, nel quale stato, dopo la morte, ci saranno le ricompense promesse in vita. Ma qui ci addentriamo nel campo della metafisica, del dualismo greco corpo-anima, e del semplice fatto che nessuno è mai tornato dai quei luoghi eccelsi a parlarcene. Bisogna fare, però, un’eccezione. La religione è servita egregiamente a molti, ad un clero sempre più avido, alle gerarchie ecclesiastiche di cardinali, vescovi, papi, figure tutte assolutamente assenti nelle Scritture.

Spero che emerga chiaramente che nell’uomo vi è una componente “spirituale”, il che non vuol dire che abbia un’anima. Significa soltanto che tutti sentiamo il bisogno di astrazione dalla dura realtà quotidiana e ci rifugiamo in un nostro mondo. Ma ciò che alcuni chiamano “anima”, altri “spirito”, non sono altro che miliardi di neuroni con i loro triliardi di dendriti. A mio parere, si può essere persone spirituali e contemporaneamente non credenti, perché l’esistenza di un Dio come quello descritto nella Bibbia e in altri testi sacri, è incompatibile con il nostro anelito di ricchezza interiore e di libertà, cosa che le religioni hanno sempre negato. Per cui, dato che è stato l’uomo a creare dio e non viceversa, dobbiamo tenercelo così com’è e fare di tutto per cambiare, senza sperare nell’eterna attesa che qualcuno dall’alto venga a sistemare tutto.

1 commento su “E l’uomo creò Dio”

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