Non c’è tempo da perdere

tempo di lettura: 3 minuti
Umberto Eco

Come vorremmo tornare indietro di qualche lustro per poterci lamentare di un Berlusconi che, bene o male, tra un insulto alla magistratura, un’allusione irriverente al fondoschiena della Merkel, l’occupazione di gran parte dei media, la confezione di leggi ad personam e tante intemperanze nei rapporti con l’altro sesso, rimetteva, senza fare tante storie, il mandato di primo ministro nelle mani del presidente Napolitano. Altri tempi, che ti facevano intravedere un filo di speranza poi ampiamente disattesa ed anzi fatalmente tradita, tant’è che oggi ci troviamo una destra reazionaria al governo.

Nella brigata che occupa oggi Palazzo Chigi, Palazzo Madama e Montecitorio si contano, tanto per dire, un Adolfo (Urso), un Benito (Ignazio La Russa) ed anche un Galeazzo (Bignami). Intorno al nucleo centrale del governo orbitano Salvini e Tajani e qualche satellite minore, tutti ignorati dalla Meloni nelle sue decisioni autocratiche, prese nello stretto àmbito familiare, spiccatamente matriarcale dopo l’espulsione di Giambruno. Non si può dare torto alla Premier per il suo decisionismo, perché la compagine governativa appare sgangherata, una sorta di Armata Brancaleone. Con buona pace di qualche raro ministro che sembra lavorare sul serio, il resto della compagnia si attaglia tristemente al capolavoro di Monicelli: c’è solo da scegliere a chi assegnare il ruolo che fu di Vittorio Gassman. Se lo contendono, a suon di uscite infelici, Lollobrigida e Sangiuliano: chi l’avrà vinta sarà l’unico, autentico Gaffman!

Ma la realtà potrebbe essere ben diversa dall’apparenza. Perché l’attuale maggioranza di governo ha ereditato dal Cavaliere buonanima ben altro che i programmi politici (occupazione dei media, asservimento della magistratura, privatizzazioni a largo raggio, sostegno all’evasione fiscale): ne ha acquisito, per il tramite di Salvini, la tecnica propagandistica.

In un articolo dal titolo “Demonizzare Berlusconi”, pubblicato da MicroMega nell’ormai lontano 2003, Umberto Eco, il nostro più acuto e lungimirante esperto di comunicazione, smascherava i meccanismi alla base della efficacissima propaganda del Cavaliere. Nella prima parte del suo lavoro Eco spiegava come le sortite e le stesse gaffes di Berlusconi e dei suoi sodali altro non fossero che provocazioni tese a suscitare, aldilà del messaggio politico in esse contenuto, la reazione dell’opinione pubblica, della stampa e delle opposizioni; provocazioni e conseguenti reazioni carpivano per qualche tempo l’attenzione degli italiani per fare ombra all’operato concreto del Governo o alle beghe giudiziarie dei suoi componenti. Avevano cioè la stessa funzione di ciò che, a distanza di vent’anni, chiamiamo oggi “armi di distrazione di massa”. Il segretario della Lega riesce infatti da anni ad occupare la cronaca con un serie ininterrotta di esternazioni, talvolta assurde, talaltra addirittura demenziali, nella consapevolezza che essere al centro della scena politica è sempre e comunque un vantaggio, specialmente quando gli spettatori sono superficiali. 

Il Governo Meloni si è immediatamente agganciato alla collaudata locomotiva salviniana. Decreto Rave, strage di Cutro, aggressione gratuita alla sinistra da parte del duo Delmastro-Donzelli e tante altre provocazioni, alternativamente a firma di Sangiuliano, Lollobrigida, Piantedosi, Nordio, Valditara, Musumeci fino alle recentissime iniziative di Crosetto e di Lollobrigida. Questa girandola, cui ha preso parte attiva anche la stessa Meloni, riempiendo la cronaca con i suoi videomessaggi, con i servizi sulle sue quotidiane peregrinazioni nel globo terracqueo, nonché lanciando al momento opportuno anche le sue parole d’ordine, come la riforma della giustizia e il presidenzialismo, è dunque occasionale? Non è forse preordinata, con un ben articolato gioco delle parti, a distrarre l’attenzione degli elettori? La recente denuncia di Crosetto non ha forse lo scopo di coprire gli scontri interni che ritardano la manovra di bilancio o, cosa ben più grave, quello di intimidire la magistratura alla vigilia di importanti pronunce riguardanti esponenti di spicco della maggioranza come Delmastro, la Santanchè, Sgarbi e Foti? O anche il giudizio cui dovrà essere sottoposto il figlio del senatore La Russa dopo l’assoluzione pubblica ricevuta dal padre?

L’opposizione, sosteneva ancora Umberto Eco nell’articolo citato, non può non reagire alle provocazioni che vengono dalla maggioranza, perché sarebbe una grave omissione. Tuttavia è anche vero che, se i media e l’informazione sono in larga parte asservite al Governo, la semplice reazione non produce particolari effetti perché sarà anch’essa convogliata nel flusso di notizie atte a distrarre i cittadini dalla politica governativa. E quindi, osservava ancora Eco, l’opposizione dovrà servirsi di strumenti di informazione diversi, quali “volantinaggio, teatro di strada, comunicazioni su schermi mobili posti in diversi angoli della città” (Eco vi includeva anche “il tam tam su internet e quante altre invenzioni la nuova fantasia virtuale può suggerire”, strada non più percorribile a distanza di vent’anni).

Ma ciò che Eco riteneva essenziale era che l’opposizione ribattesse con “proprie” provocazioni che contenessero vistose, magari anche esagerate, proposte alternative a quelle sbandierate dalla maggioranza. Le conclusioni cui perviene Eco nel suo lavoro meritano di essere riportate integralmente: «Se tu dici alla gente che il governo ha sbagliato a fare questo o quello, la gente potrebbe non sapere se hai ragione o hai torto. Se invece dici alla gente che “tu” vorresti fare questo o quello, l’idea potrebbe colpire l’immaginazione e gli interessi di molti, suscitando la domanda sul perché la maggioranza non lo fa. Solo che per elaborare strategie del genere, l’opposizione dovrebbe essere unita… E qui si entra in un altro universo e l’ostacolo insormontabile sembra essere la tradizione ormai più che secolare per cui le sinistre di tutto il mondo si sono sempre esercitate nella lotta alle proprie eresie interne, anteponendo le esigenze di questa lotta fra fratelli alla battaglia frontale contro l’avversario.»

La lezione di Eco è ancora attuale e sarebbe urgente che i destinatari se ne appropriassero, perché il Governo Meloni è peggio dei governi Berlusconi, animato com’è, nella fazione dominante, da un sentimento di rivalsa, dalla nostalgia di un passato autoritario e dalla voracità di chi per troppi anni è stato lontano dal potere e dai suoi vantaggi collaterali. Più passa il tempo, più sarà difficile rimuoverlo da una condizione così a lungo desiderata.

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Torna in alto