“Difendo Dio e la famiglia”

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Sono veramente lieto di apprendere che la signora Meloni, insieme a quel galantuomo di Orbàn, si sia assunto il gravoso e nobile compito di difendere Dio e la famiglia dallo sgretolamento generale dei costumi, dalle insidie alla mascolinità e femminilità del popolo italiano, causato dalla diffusione del pernicioso fenomeno dell’omosessualità che indebolisce la fibra morale di un popolo fiero e maschio, come il nostro! [la Repubblica, 15 settembre] D’altra parte la signora Primo Ministro sfonda una porta aperta quando dice, insieme al devoto Viktor, che “Dio e Patria sono tutto”, e che la Patria è fatta di uomini e donne. Punto! Sfonda una porta già aperta dal Dio che lei difende, che qualche decina di secoli fa, precursore di Orbàn, aveva stabilito che gli omosessuali fossero messi a morte senza pietà. Basta che lei — che asserisce d’essere cristiana — apra la Bibbia che tiene indubbiamente sul comodino accanto al letto, e legga in Levitico 20:13 per essere confortata e rafforzata nel suo convincimento che, insieme a Orbàn, sono loro i veri rappresentanti del cristianesimo militante.

D’altra parte non è una caratteristica soltanto italiana quella di associare Dio alla nazione, basta ricordare il “God Save the King” britannico, il “Gott mit uns” tedesco, l’americano “Dio benedica l’America”, e praticamente quasi tutti gli inni nazionali, compreso quello italiano. Ma, come diceva Michele Serra nella sua “Amaca” del 15 settembre scorso, se si tratta del Dio che ha creato l’universo, e che vive da sempre e per sempre, allora non ha alcuna necessità d’essere difeso dalla piccoletta e dal suo compagno. Quando non ci sarà più nessuno sulla terra, lui ci sarà ancora, e senza Meloni a difenderlo. Ma lei e Viktor, probabilmente, sentono ancora risuonare nelle orecchie il grido di un altro “cristiano”, conosciuto come Pietro l’eremita, che, al grido di “Deus lo volt”, guidò schiere di armati con la croce sul petto allo sterminio di chi non la pensava come loro in fatto di religione, in questo esempio perfetto di seguace di colui che coniò l’espressione “ama il tuo prossimo come te stesso”. Ma è evidente che c’è prossimo e prossimo. L’arruolamento di Dio, comunque, non è una novità. Sin dai primordi della storia umana non v’è stato un popolo che non abbia fatto uso della o delle divinità, per rivendicare la giustezza del suo operato e il diritto al dominio sui “senza Dio”, o con un dio diverso dal suo.

Ma, a questo punto, spero che ci sia consentito, da Meloni e dai suoi numerosi seguaci, porle una domanda. Se è vero ciò che una volta disse l’apostolo Giovanni, e cioè che “Dio nessuno l’ha mai visto” (1:18), perché dovremmo credere nella sua esistenza, e che accetti d’essere difeso da lei? D’altra parte, non fu proprio il grande apostolo delle genti, Saulo di Tarso che nella sua seconda lettera ai Corinzi scrisse che “camminiamo nella fede e non ancora nella visione”? Ovvero, ci crediamo perché vogliamo crederci. E se, per mera ipotesi, Dio non esistesse, chi starebbe difendendo quella massa di persone, come Meloni e Orbàn, o come Pietro l’eremita, che pur non avendolo mai visto credono nell’esistenza di un essere superiore che da milioni di anni permette alle sue creature di uccidersi e scannarsi fra di loro, di rovinare la terra che lui avrebbe creato, di sterminare tutte le meravigliose creature, terrestri marine e volatili che a suo tempo (secondo la Genesi) facevano della terra un paradiso chiamato Eden? Un Dio che crea l’uomo e che poi non muove un dito per impedirgli di violare quotidianamente da millenni tutte le sue leggi, riempiendo la terra di sangue, di morte, di malvagità, che ci starebbe a fare? Se, per esempio, in un qualunque paese democratico, il governo di quel paese stesse semplicemente a guardare le atrocità, le illegalità commesse e non facesse niente per correggerle, punirle o fermarle, come sarebbe considerato dai suoi cittadini? Non credo che sia necessaria una risposta. La concessione del libero arbitrio, non è un “liberi tutti”, perché poi, nell’aldilà ci sarà la punizione o la ricompensa; il fatto è che tutti noi abitiamo “nell’aldiquà” ed è qui che avremmo bisogno del Suo intervento. D’altra parte, il Dio di Meloni e di chiunque asserisce d’aver fede è proprio questo tipo di Dio: un dio guerriero e sterminatore, un Dio crudele e sanguinario, un Dio spietato che comandava al suo popolo di uccidere senza pietà tutti i popoli che adoravano altri dei, e faceva mettere a morte chi non rispettava leggi anacronistiche, prescrizioni alimentari, riti e precetti, frutto — non v’è dubbio — di menti umane che nel suo nome facevano, e fanno, il bello e il cattivo tempo.

Quello di Meloni, per usare le parole di Serra, non è altro che “un uso politico della religione che non ha nulla di religioso”, ed è “pericoloso e detestabile”. Egli dice che si tratta della “reiterazione di un tribalismo religioso (il mio Dio è quello vero, il tuo è quello falso) che ha portato distruzione, persecuzione, terrore, guerra e morte. Quelli che hanno il copyright di Dio fanno spavento: da loro, sì, è necessario difenderci. Dio, a meno di imprevedibili rimpasti, non è un membro del governo Meloni”.

Quanto sopra non ha niente di personale nei confronti di chi ripone fede in un Dio; che esso si chiami Quetzalcoatl, Allah, Amaterasu, Baal, Mitra e letteralmente migliaia d’altri, a patto che venga rispettata la credenza di ognuno. E se un seguace di uno delle migliaia di dèi esistenti dovesse, per obbedienza ai precetti della sua religione, compiere qualcosa che il Dio della Meloni disapprova, cosa si dovrebbe fare? Se il Dio di Orbàn non approva la poligamia, ma centinaia di altri dèi di uomini politici d’altre nazioni la consentono o addirittura la favoriscono, chi stabilisce chi ha ragione fra il Dio di Orbàn e quelli degli altri?

È ovvio, a questo punto, che la questione è di lana caprina. Non c’è un solo governante, sia a Occidente che a Oriente, che non abbia arruolato Dio fra le sue schiere, ed è proprio per questo che è difficile credere nella sua esistenza; non fosse altro che un Dio che si rispetti dovrebbe rivendicare il suo nome e non consentire a omuncoli e donnette di farne uso, ma più che altro abuso. Si tratta di dignità, e la dignità di Dio non dovrebbe essere negoziabile.

Per cui, lasciamo che la nostra signora Primo Ministro si eriga a difensora della fede e dei sani costumi, insieme al suo collega virtuoso, religioso e cristiano. Con questa garanzia potremo dormire sonni tranquilli perché Dio veglia su di noi, ma su di lui veglia Meloni!

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