Scatole cinesi – 7^ parte

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Non era ancora mezzogiorno, ma non aveva alcuna voglia di tornare in commissariato a firmare la pila di scartoffie che si stava ammassando sulla sua scrivania; così decise di passare a salutare Franca.

Da qualche giorno gli era difficile stare a lungo senza vederla o sentirla e ripensò a quanto gli aveva confessato poco prima Laura Somma, sulla ritrovata gioia di essere desiderati da qualcuno: Franca lo desiderava, forse da sempre, e questo lo faceva sentire vivo come non mai.

La trovò seduta alla sua scrivania, intenta a stilare chissà quale referto, e rimase sull’uscio, senza entrare, limitandosi a osservare quanto fosse bella.

Passarono alcuni istanti prima che Franca si accorgesse della presenza di Iezzo e quando lo vide gli occhi le si illuminarono.

“Che bella sorpresa – disse sorridendo – spero non sia stato il lavoro a portarti qui da me; ma anche se fosse, va bene lo stesso. Pensavo proprio a te” gli confidò mentre si alzava per salutarlo e, richiusa la porta alle spalle dell’uomo, lo abbracciò baciandolo con passione.

Le mani di Pasquale corsero lungo le curve sinuose del corpo di Franca, che apprezzò molto lo slancio sensuale dell’uomo: finalmente la passione che provava per l’introverso poliziotto era ricambiata.

“Sono venuto perché avevo voglia di vederti – disse Iezzo mentre si staccava, dolcemente, dall’abbraccio di Franca – ma, a dire il vero, ho anche bisogno di un tuo parere in merito ad un’ipotesi che mi frulla nella testa da ieri sera.”

“Per il trasporto con cui mi hai abbracciato poco fa, non ho alcun dubbio che tu desiderassi vedermi, e che non desiderassi solo quello, – sottolineò Franca con sapiente malizia -; quindi ti concedo il beneficio del dubbio e voglio pensare che, trovandoti già qui con me, ti sia, poi, anche venuto in mente di chiedermi cosa ne penso di una tua certa idea.”

“Le cose stanno esattamente così – rispose Iezzo stando al gioco della Marino -: il desiderio mi ha portato da te ma, visto che ci troviamo, ne approfitto per chiederti un’opinione su una mia supposizione a proposito degli omicidi di de Silvestri e Della Monica.”

“Sentiamo.”

“L’omicida ha colpito deliberatamente de Silvestri; invece, Della Monica è stato ucciso per sbaglio.”

“Quindi sei convinto che l’incidente in cui è morto Della Monica sia stato provocato intenzionalmente, visto che parli di omicidio anche in questo caso.”

“Sì, ma la vittima predestinata doveva essere Laura Somma, perché l’assassino ha spinto fuori strada l’auto della donna, immaginando che ci fosse lei al volante.”

“E sei anche convinto che fra i due omicidi ci sia una correlazione.”

“È proprio questo il punto: perché dopo aver ucciso Alfredo de Silvestri l’assassino voleva eliminare anche Laura Somma?”

“Bella domanda. Ma cosa ti fa pensare che possa esserci un legame fra i due omicidi?”

“Il fatto che Alfredo e Laura fossero amanti.”

La rivelazione, inaspettata, della liaison fra i due lasciò Franca interdetta per un istante.

“Come lo hai scoperto?”

“Me l’ha confessato Laura Somma.”

“Hai capito, la bella donna dagli occhi blu se la intendeva con il socio del marito” disse Franca in tono ironico, lasciando trasparire un pizzico di gelosia nei confronti dell’architetto. 

Iezzo colse lo stato d’animo di Franca e si affrettò a rassicurarla.

“Guarda che Laura Somma, per quanto sia una bella donna, mi è indifferente”

“Sì, va bene.”

“Franca, non ti ho rivelato la confessione della sua relazione con Alfredo de Silvestri per vederti fare la gelosa, ma per sapere quale possa essere, secondo te, il legame fra l’omicidio del de Silvestri e il tentativo di uccidere Laura Somma.”

“Io non faccio la gelosa, io sono gelosa di te e, se proprio lo vuoi sapere, penso che la gelosia sia il movente di molte azioni sconsiderate.”

Le parole di Franca ebbero l’effetto di illuminare una scena che, fino a quel momento, era rimasta avvolta dall’oscurità.

‘Come aveva fatto a non pensarci prima’ rifletté il commissario abbracciando Franca e baciandola appassionatamente, riconoscente per aver squarciato il buio in cui stava brancolando da giorni.

La gelosia.

Ma se Alfredo de Silvestri era stato ucciso in un raptus di gelosia, l’assassino era di sicuro una donna: la stessa che poi aveva tentato di uccidere anche Laura Somma.

Quindi l’assassina era al corrente della relazione fra i due e temeva che quel rapporto, come gli aveva confidato Laura, potesse diventare esclusivo, tagliandola fuori dalla vita di Alfredo.

Il pensiero di Iezzo corse subito alla vedova del de Silvestri.

Erano da poco passate le diciassette quando Donatella Aspergi entrò nell’ufficio del commissario.

“Spero si tratti di qualcosa d’importante, considerata l’urgenza con cui sono stata convocata – esordì, risentita, la donna – ho dovuto disdire un appuntamento per essere qui da lei e non è mia abitudine venir meno, all’ultimo momento, a un impegno già programmato.”

“Mi scuso per la fretta con cui l’ho sollecitata a venire in commissariato e, mi creda, sono rammaricato per aver scombussolato i suoi programmi, ma c’è qualche aspetto della vita di suo marito che solo lei può aiutarmi a chiarire.”

L’allusione a un lato oscuro della vita di Alfredo, su cui il commissario volesse far luce, non fu gradita dalla donna, che si mise subito sulla difensiva.

“Commissario, non capisco cosa intende dire quando si riferisce ad aspetti della vita di Alfredo che non le sono chiari.”

“Ha ragione signora Aspergi e, poiché non voglio offendere la sua intelligenza, sarò franco. Quando l’ho sentita la prima volta, dopo l’omicidio di suo marito, lei mi ha descritto un quadretto coniugale idilliaco; le indagini, però, ci hanno rivelato ben altro.”

“Cioè?” replicò Donatella, con falsa indifferenza.

“Suo marito la tradiva; ma, forse, questo lei già lo sapeva: o mi sbaglio, signora Aspergi?”, la buttò lì Iezzo, senza altri preamboli.

Le parole del commissario squarciarono il velo d’ipocrisia dietro cui si era nascosta la donna fino a quel momento.

Non era più il caso di fingere e Donatella decise di raccontare quanto fosse stato frustrante, nel corso degli anni, far finta di nulla di fronte alle tresche del marito con le sue innumerevoli amanti.

All’inizio, quando aveva scoperto che Alfredo la tradiva, non erano mancate le scenate di gelosia.

In seguito lui era diventato solo più discreto, ma non aveva rinunciato alle sue relazioni extraconiugali e Donatella, fatti due calcoli, non era disposta a rinunciare alle agiatezze garantite da quel matrimonio.

Alla fine i due, di comune accordo, avevano deciso di continuare a vivere insieme, ma solo per salvare le apparenze.

“Banale come epilogo: non trova commissario?” concluse la Aspergi recuperando il consueto autocontrollo che era il tratto distintivo del suo carattere.

Dopo aver ascoltato la donna, Iezzo si convinse che lei non avrebbe mai agito d’impulso e ucciso suo marito, neanche in un raptus di gelosia.

Da fredda calcolatrice, sapeva bene che ciò avrebbe significato dover rinunciare al lusso in cui viveva; e Donatella Aspergi non era il tipo di donna abituata alle rinunce.

Rimasto solo, dopo aver congedato la vedova de Silvestri, Pasquale Iezzo dovette costatare di aver aperto l’ennesima scatola vuota.

Gli restava solo la ferma convinzione che l’omicida fosse una donna: ma chi?

La domanda, senza risposta, sull’identità dell’assassina agitò la notte del commissario Iezzo.

Continua …

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