Scatole cinesi – 6^ parte

tempo di lettura: 5 minuti

La telefonata di Pasquale, in tarda mattinata, suscitò in Franca l’eccitazione tipica delle adolescenti che ricevono un invito dal ragazzo di cui sono invaghite; ma la sua euforia era giustificata da un’attesa durata anni.

Iezzo voleva sentire la voce di Franca, però, impacciato come al solito, non sapeva cosa dirle.

Fu la donna a toglierlo dall’imbarazzo di un balbettio che comunque le restituiva l’esatta misura dell’interesse di quell’uomo nei suoi confronti.

I due, dopo qualche velata allusione a quanto era accaduto la notte precedente, si accordarono per cenare insieme a casa di Franca.

“Ti ho preparato del sushi accompagnato da un prelibato sakè” esordì Franca accogliendo il commissario Iezzo, che rimase impietrito sulla soglia di casa della donna.

“Su dai, non restare lì impalato, accomodati a tavola mentre finisco di preparare, vedrai che prelibatezze.”

Per un attimo Pasquale fu sul punto di scappare via.

Il sushi: perché Franca gli aveva fatto questo?

A lui, che non era mai entrato in un ristorante giapponese e per principio si era sempre rifiutato anche solo di assaggiare il sushi.

Franca lo raggiunse a tavola e si sedette al suo fianco.

L’abito di seta, indossato per l’occasione, esaltava la figura della donna.  

Dimenticando per un attimo lo strazio che lo attendeva per cena, Pasquale guardava Franca, grato per aver avuto la pazienza di attenderlo tanto a lungo.

E si chiese perché, in passato, non avesse scelto lei.

Era andata così, ma per fortuna il loro rapporto ora si stava trasformando in qualcosa di diverso da una grande amicizia; e questo gli piaceva molto.

Franca notò che Pasquale era assorto in chissà quale pensiero e, per riportarlo a un presente che aveva agognato tanto a lungo, avvicinò le sue labbra a quelle di Pasquale e lo baciò.

La cena dovette attendere un po’ prima di essere consumata.

Quando più tardi Pasquale tornò a tavola, mentre Franca armeggiava in cucina, pensò che per quella donna avrebbe potuto mangiare anche il sushi!

“Et voilà, linguine ai frutti di mare e Falanghina del Sannio” disse Franca portando i piatti a tavola: era riuscita a prendersi gioco di lui ancora una volta.

L’orata al cartoccio, la macedonia di frutta e la delizia al limone completarono il menù preparato dalla dottoressa Marino per il suo amato commissario e resero Iezzo l’uomo più felice del mondo, anche per lo scampato pericolo della pietanza giapponese.

Mentre erano sul terrazzo a fumare, Pasquale informò Franca degli ultimi sviluppi dell’indagine sull’omicidio di Alfredo de Silvestri e dell’ipotesi che l’auto su cui viaggiava Antonio Della Monica fosse stata spinta deliberatamente fuori strada.

“In realtà, però, non volevano uccidere lui, ma sua moglie, Laura Somma. Una gran bella donna, che non mi spiego come potesse aver sposato un uomo dall’aspetto così insignificante.”

“Pasqualino, devo essere gelosa? Non è che ti stai svegliando un po’ troppo dal letargo?” disse Franca fra il serio e il faceto.

“Chi vuole uccidere la moglie di Della Monica? E soprattutto perché?”

Quando le note di “Take Five” gli annunciarono l’inizio di una nuova giornata, queste domande continuavano a frullargli nella testa e ritenne doveroso informare il pubblico ministero che seguiva l’indagine dell’omicidio de Silvestri.

Il dottor Ametrano era già seduto al tavolino del bar di fronte al Palazzo di Giustizia quando Iezzo lo raggiunse a metà mattinata.

Appena il commissario si sedette, il magistrato fece cenno al barista di portare due caffè e si dispose all’ascolto del poliziotto.

In breve Iezzo lo informò del fatto che ritenesse la morte di Antonio Della Monica un omicidio, ma che il vero obiettivo dell’assassino fosse la moglie del commercialista; e rivelò al pm che Laura Somma aveva una relazione con Alfredo de Silvestri.

Perciò, se la sua intuizione era corretta, bisognava capire perché l’assassino di de Silvestri volesse uccidere anche la moglie di Della Monica.

Quella di Iezzo più che un’ipotesi sembrava una scommessa, ma Ametrano non era il tipo di persona che quando qualcuno indicava la Luna lui guardava il dito e dell’intuito di Iezzo aveva imparato a fidarsi già da qualche tempo.

Tornato in commissariato, Iezzo informò Franzese del colloquio con il magistrato e dispose che Laura Somma fosse sorvegliata, discretamente, perché non era da escludere che l’assassino potesse riprovare a ucciderla.

L’aria frizzantina della sera accolse Iezzo all’uscita dal commissariato, che tirò su il bavero dell’impermeabile e si avviò verso casa.

Mentre seduto sul divano guardava la televisione, passando distrattamente da un canale all’altro in una sorta di zapping compulsivo, Pasquale pensò che le indagini non l’avevano condotto da nessuna parte, che c’erano già due morti ammazzati e, al di là dell’essere soci, l’unico legame che univa l’omicidio di de Silvestri a quello di Della Monica era Laura Somma, amante del primo e moglie del secondo.

Riflettendo sconsolato sulla situazione, decise che il giorno dopo avrebbe fatto visita all’architetto Somma, per verificare se fosse saltato fuori qualche altro indizio utile a dipanare la matassa delle congetture che lo stava avvolgendo.

Lo studio dell’architetto Somma era al secondo piano di una palazzina in stile liberty nel quartiere più elegante della città e Laura era già in ufficio quando la segretaria gli annunciò che il commissario Iezzo era all’ingresso e chiedeva di essere ricevuto.

Il giorno prima si erano svolti i funerali del marito, ma gli impegni dello studio non consentivano alla donna di potersi concedere una pausa, neanche in un frangente così doloroso.

Laura fece accomodare Iezzo in un salottino appartato e si predispose all’ascolto delle domande che il commissario le avrebbe rivolto.

“Mi perdoni se sono venuto a disturbarla mentre lavora e in un momento non certo facile per lei, ma ho bisogno di farle una domanda e la prego di rispondermi con la massima sincerità.”

“Dica pure, commissario, – rispose Laura – quanto alla sincerità, avendole confessato la mia relazione con Alfredo, penso che lei non abbia motivo di dubitarne.”

“Signora Somma – riprese il commissario- mi creda, non è facile per me chiederglielo, ma ho bisogno di sapere se lei, la sera in cui è stato ucciso, abbia incontrato Alfredo de Silvestri allo studio di via Verdi 19.”

La domanda di Iezzo, così diretta, lasciò, per un attimo, la donna interdetta che poi rispose: “Sì, commissario, quella sera Alfredo ed io ci siamo visti al suo studio. Mi aveva chiesto di raggiungerlo lì, dopo la chiusura e di aspettare, giù per strada, che la segretaria, la signorina Ruocco, fosse andata via. Solo dopo averla vista uscire dal palazzo, sono scesa dall’auto e l’ho raggiunto nello studio.”

“L’esame autoptico – disse Iezzo – ci ha rivelato che Alfredo ha avuto un rapporto sessuale poco prima di essere ucciso.”

La donna abbassò lo sguardo.

Non era necessaria una conferma esplicita.

Iezzo, però, da consumato investigatore, sapeva di dover approfittare dell’imbarazzo di Laura per porle una domanda cruciale proprio nel momento in cui era emotivamente più vulnerabile; per cui, a bruciapelo, le chiese: “Quando è andata via Alfredo era ancora vivo?”

“Se pensa che possa averlo ucciso io, si sbaglia: ne ero innamorata e non avrei potuto mai fargli del male”, rispose con inaspettata veemenza la donna.

Poi, placata la foga, riprese: “Il rapporto con Antonio si trascinava da anni, senza più alcun sussulto, in una calma piatta da cui Alfredo mi aveva tirato fuori, restituendomi la gioia di sentirmi desiderata. Mi creda commissario, non c’è nulla di peggio per una donna di essere diventata indifferente agli occhi del proprio marito. So che Alfredo prima di me aveva avuto altre donne, ma l’attrazione che provavamo l’una per l’altro si stava trasformando in qualcosa di più profondo, in un rapporto esclusivo. Non posso dirle cosa sarebbe successo in futuro: qualcuno ci ha negato la possibilità di scoprirlo.”

“Quanto tempo si è trattenuta allo studio del de Silvestri?”

“La segretaria è andata via alle diciotto e subito dopo sono salita da Alfredo. L’ho lasciato poco prima delle venti e trenta: lo ricordo bene perché in auto ho acceso la radio proprio mentre davano il segnale orario che precede il notiziario delle venti e trenta.”

“Uscendo dallo studio ha incontrato qualcuno per le scale o nel portone?”

“No commissario, non c’era nessuno.”

“Le devo chiedere di tenersi a disposizione e di non lasciare la città: lei, se escludiamo l’assassino, è stata l’ultima persona ad aver visto vivo Alfredo de Silvestri e capirà che potrei avere bisogno di rivolgerle altre domande.”

“Crede che sia stata io a uccidere Alfredo?”

Iezzo si trincerò dietro un formale ‘ A presto ’ e congedò da Laura Somma senza aggiungere altro.

Continua…

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Torna in alto