Vengo anch’io? No tu no

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Agenzia Internazionale per l’energia atomica

Parlare, o anche il solo accennare, di nucleare in Italia è come nominare con insistenza perversa Satana in un convento di suore di clausura di antica e devota stirpe.

Vade retro”, e non farti più vedere né sentire è il minimo che ti possa capitare. Il massimo? Direi il rogo. Quantomeno mediatico, e sono un innato ottimista.

La domanda che uno si pone è: perché?

Quale, cioè, il perché di questa chiusura terroristica e derisoria di convincimenti di altri; di un atteggiamento fideistico e dogmatico; di un comportamento da Santo Uffizio al servizio di una Inquisizione che non ammette eccezioni né alcuna possibilità di apertura all’intelligenza e alla conoscenza. Magari delle ragioni degli altri. Che pur sempre esistono, direbbe Sciascia.

Sul tema dell’energia, essenza di qualsiasi possibilità di sopravvivenza e di progresso, domina implacabile una sorta di pensiero unico, autoreferenziale, irrispettoso e stolto, perché completamente acefalo e acritico. Che non fa sconti. È così.

Ma a volte si è fortunati, e trovi gente che è intelligentemente convinta che le cose non sono o bianche o nere ma, appunto, grigie, e non perché sbiadite o tristi ma perché complesse e complicate, perché “esistono le ragioni degli altri”, e quindi hai la possibilità di scrivere quello che ti pare, come ti pare, quando ti pare. Si chiama libertà. E gratitudine.

Vediamo di dissipare dubbi e di dissolvere convincimenti fuori luogo.

Il problema principale che abbiamo è la decarbonizzazione, cioè il tentativo di arrivare a zero emissioni nel 2050.

Chiariamo subito un punto, e dopo un altro.

Il primo. È oggettivamente impossibile, e sarebbe poco serio sottacerlo, che la fusione del nucleo possa servire per raggiungere questo ambizioso e decisivo obiettivo. Tant’è, e questo è il secondo, che la Commissione Europea ha messo tra le energie verdi soltanto la fissione del nucleo. Perché, e i fondamentalisti dell’ambiente se ne facciano una ragione, il nucleare pacifico non è un antagonista delle rinnovabili. Non è il nemico delle pale al vento o dei pannelli fotovoltaici ma è la tecnologia che coadiuva e integra da par suo le rinnovabili tutte.

Il nucleare da fissione è nemico acerrimo dei combustibili fossili.

Difatti, sono le multinazionali del petrolio e del carbone che cercano in ogni modo di eliminarlo da qualunque piano energetico o, comunque, di limitarlo, con un’operazione di disinformazia insidiosa, aggressiva, subdola e senza quartiere. Nella quale hanno come grandi alleati la paura, meglio il terrore diffuso a piene mani, e l’ignoranza. Interessata o meno, di troppi cosiddetti verdi.

Soltanto con l’aiuto determinante della fissione, cioè, del nucleare pacifico di potenza, ce la possiamo fare. A raggiungere il Net Zero nel 2050. Ce la possiamo fare tranquillamente. Nel nostro Bel Paese.

Non vi è nessun insormontabile problema di conoscenze scientifiche né di tecnologie. Qui da noi. Seppure abbiamo colpevolmente rinunciato al nucleare, non è che tutto è andato perduto, posto che mediamente si laureano in Italia un centinaio di ingegneri nucleari all’anno. Per non dire che sono operativi quattro reattori di ricerca come non bisogna dimenticare che a Frascati c’è uno dei centri più importanti al mondo per la fusione nucleare che, in un certo senso, richiede maggiori competenze nel campo dell’energia del nucleo. E, infine, per non stare sempre lì a martellarci gli zebedei, l’Ansaldo Energia svilupperà un proprio modello di SMR (Small modular reactors: reattori nucleari pensati per essere modulari ovvero con la possibilità per essere prodotti dall’industria “in serie”) da costruire in Romania.

Come se tutto questo non bastasse, a parte la Russia e la Cina, che pure non sono affrancati dalle verifiche dell’AIEA, tutti gli altri paesi collaborano strettamente a livello europeo e internazionale, e tutti sono sotto l’egida e lo stretto e rigido controllo dell’Onu attraverso Agenzie di altissimo profilo e autorevolezza.

Insomma, conoscenze, competenze e tecnologie ci stanno.

In quanto ai soldi, basta volerlo.

Di soldi a “fondo perduto” di natura pubblica di ogni singolo stato, il primo è il nostro, e, soprattutto, di provenienza europea se ne buttano in ogni dove a ogni piè sospinto. A volerlo, si possono finalizzare in maniera strutturata per progetti in grado di risolvere efficacemente e definitivamente la fame e la penuria di energia. In particolare, di quell’elettrica. Fame e penuria che non potranno che aumentare, posto che all’orizzonte vi sono, per tutti noi cittadini green d’Europa, le auto elettriche.

Non è un problema di soldi, di competenze o di tempo.

E nemmeno di infiltrazioni mafiose.

Nessuno nega la pericolosità e la pervasività delle ecomafie. Ma il punto è proprio questo: solamente nell’industria del nucleare pacifico vi è un rigido controllo dei rifiuti tutti.

Le centrali nucleari sono le uniche centrali costrette a smaltire loro stesse, e a farlo in completa e accertata sicurezza, i propri rifiuti. Che, tra l’altro, sono in quantità estremamente limitate: stiamo parlando al massimo di 2/3 metri cubi di uranio esaurito, il più pericoloso e invasivo degli scarti di un reattore, da sostituire ogni diciotto mesi. Inoltre, come l’uranio sono tutti rifiuti allo stato solido.

Questi due aspetti sono realmente decisivi. Perché non si tratta di controllare, come succede adesso per altre produzioni, milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi, tossici, velenosi, e perché lo stoccaggio in sicurezza di materiale di scarto allo stato solido è molto più semplice di quello allo stato liquido. Che è lo stato fisico di aggregazione, vale la pena ricordarlo, della quasi totalità dei rifiuti pericolosi, assai pericolosi, per le persone e l’ambiente, dell’industria chimica.

Inoltre, le scorie radioattive di una centrale di potenza a fissione non li puoi nascondere a solo qualche metro sottoterra. O in una cava dismessa, e abbandonata. Il decadimento è troppo spinto, va schermato con ben altro.

Non esiste nell’universo mondo, un’industria, come quella del nucleare pacifico, per la quale le procedure e le tecnologie per lo stoccaggio dei rifiuti siano così definite e stringenti. Non esiste alcuna attività produttiva con un retroterra di scienza e tecnologie di così alta specializzazione, consolidata e affidabile, nonché di una ricerca della sicurezza continua, controllata e certificata a livello internazionale.

Le ecomafie, che hanno goduto per anni di filiere quantitativamente impressionanti di “monnezza” ― filiere che neppure lontanamente devono rispondere, in nessuno degli step dell’iter di smaltimento, alla rigidità complessa e prudente della gestione dei rifiuti che il nucleare pacifico impone ― non hanno nessuna possibilità di penetrazione. Nessuna.

No. Il problema in Italia è solo di carattere ideologico. Laddove ideologia, in questo caso, significa un pregiudizio dispotico, scientificamente immotivato e nel merito ingiusto, verso una delle tecnologie più sicure al mondo. Anzi, la più sicura. Un pregiudizio totalitario che ha portato a una dipendenza energetica un paese, il nostro, che aveva tutte le carte in regola per poter essere fra i primi al mondo nella produzione di energia elettrica, contenendo, al contempo, per milioni, e ancora milioni, di tonnellate, l’emissione in atmosfera di anidride carbonica.

Non c’è, e non ci sarà, nessuna possibilità concreta di fermare definitivamente il climate change né di riportare la concentrazione di anidride carbonica a livelli accettabili, senza il nucleare pacifico. Questa è la verità. Che piaccia o no.

E basta terrorismo. Di qualsiasi natura e genere.

Basta con un’equivalenza ipocrita e saccente, che non sta in piedi neppure se uno è in preda ad allucinogeni di qualità, tra un reattore di potenza e una bomba nucleare. I reattori non sono bombe. Arricchire l’uranio al 2 o al 3% è cosa totalmente differente da un arricchimento al 94 o al 95%.

In un reattore non esistono né potranno mai esistere condizioni di criticità per cui si abbia, o si possa avere, una bomba nucleare.

Sono molto, e di gran lunga, più pericolosi e letali le industrie e i laboratori dove vengono prodotti gas implacabilmente mortali, come, per dirne uno, il gas nervino, per non dire del fosgene, o dove vengono conservati virus e batteri di malattie infettive, incontrollate e letali. A non volere ricordare l’Icmesa, Bhopal, il catastrofico inquinamento del Golfo del Messico. O Banqiao.

Ma, naturalmente, c’è stato Chernobyl. Soprattutto e innanzitutto.

E dopo Fukushima Dai-ichi.

2 commenti su “Vengo anch’io? No tu no”

  1. Mi piacerebbe leggere un articolo di senso contrario perché non mi è facile prendere posizione su un argomento che conosco poco o niente. Per ora sospendo il giudizio…

  2. Francamente, non ne capisco molto, ma grazie per gli stimoli. Da quanto letto, oltre allo saltimento delle scorie radioattive, un problema a tutt’oggi irrisolto, non mi fido dell’uso pacifico, in un momento in cui c’è una nuova corsa agli armamenti. Credo, inoltre, che non si possa farne una questione di chi è pro e chi è contro. Se, effettivamente, il.nucleare è, al pari delle rinnovabili, una delle fonti più sicure e meno impattanti sull’ambiente, il problema è piuttosto il fatto che non se parli. Ben venga questo articolo che ci rende più consapevoli di una questione che ci riguarda.

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