Archeologia e Bibbia: Sodoma e Gomorra

tempo di lettura: 5 minuti
Stele di Hammurabi, Museo del Louvre, Parigi (Fonte: Wikimedia Commons)

La città cananea di Hebron, situata a 914 metri sul livello del mare,è una delle più antiche della Samaria. Gli archeologi credono di averla individuata, negli anni ’60, sul versante orientale del Jebel Rumeida. I ritrovamenti fanno pensare ad una città che, intorno al 2300 a.C., si presentava molto fiorente, ma che poi, verso la fine del III millennio, aveva finito per essere quasi del tutto abbandonata, probabilmente a causa di sconvolgimenti climatici, per poi essere ricostruita durante la Media Età del Bronzo II, circondata da enormi mura e con una imponente porta alta circa 6 metri, elemento di spicco almeno fino al VI secolo a.C. Probabilmente l’autore biblico, nel raccontare di quando Abramo trattò con Efron l’ittita l’acquisto della grotta di Macpela, situata ad Hebron, per poterne fare la tomba di Sara, aveva in mente proprio questa particolare porta. Secondo l’uso del Vicino Oriente antico, infatti, la porta della città era il luogo in cui avvenivano gli incontri, si concludevano gli affari, si siglavano i contratti e si amministrava la giustizia.

Ed è proprio qui, nelle vicinanze di Hebron, nei pascoli situati alle Querce di Mamre, un insediamento pastorale riportato anche in un testo cuneiforme del tardo XVII secolo a.C., che ritroviamo Abramo e le sue mandrie. Separarsi da Lot non era stata una scelta facile. Ancora Abramo ne provava dolore. Inoltre c’era un altro grande problema che iniziò a tormentare le sue notti: Sara era risultata sterile, e Dio gli aveva chiaramente detto che solo un suo figlio legittimo avrebbe potuto succedergli come capo della tribù ed ereditare il patto che insieme avevano stabilito. Cosa fare? Una possibilità avrebbe potuto essere quella di divorziare e prendere in moglie un’altra donna della tribù locale. La legge in vigore nella Mesopotamia del tempo, e persino il Codice di Hammurabi, indicavano l’infertilità come un motivo più che sufficiente per poter divorziare.

C’era anche un’altra possibilità. Un documento assiro del XIX secolo a.C. stabiliva che se, entro due anni dal matrimonio, una moglie non riusciva a dare alla luce un figlio, il marito aveva la facoltà di acquistare una schiava con il preciso scopo della procreazione. Anche codici più antichi dai quali questi documenti derivavano, come il Codice sumero di Lipit-Ishtar (1860 a.C. circa), il Codice di Ur-Nammu (XXI secolo a.C.) e quello redatto da Urukagina, re di Lagash, nel 2350 a.C., offrivano questa stessa opportunità.

Sara era a conoscenza di tutto questo e quindi, anticipando qualsiasi decisione che Abramo avrebbe potuto prendere, prese una sua schiava egizia, di nome Agar, donatagli precedentemente dal faraone, e gliela offrì come moglie (Genesi 16:3). Agar, non appena comprese di essere incinta, cominciò ad avanzare pretese di uguaglianza rispetto alla sua padrona, il che sollevò le ire di Sara nei confronti di Abramo, la quale accusò quest’ultimo di trascurarla e di dedicare troppe attenzioni alla futura madre di suo figlio. Abramo, preso tra due fuochi, non sapendo come risolvere la questione, decise di svincolarsi: «Ecco, la tua schiava è in mano tua: trattala come ti piace» (Genesi 16:6).

Secondo, però, quanto previsto dal Codice di Hammurabi, Sara non poteva vendere Agar, in quanto incinta di Abramo, per cui decise di agire in un altro modo: cominciò ad esasperarla e maltrattarla fino al punto da costringerla a fuggire. Agar prese la strada del deserto nel tentativo di raggiungere la sua casa in Egitto ma, non essendosi preparata adeguatamente per il viaggio, finì per perdere conoscenza nei pressi di una sorgente d’acqua. Il racconto biblico narra che a questo punto un angelo di Dio le venne in soccorso, la rianimò e la tranquillizzò dicendogli che sarebbe sopravvissuta e che sarebbe riuscita a dare alla luce il figlio che aveva in grembo, al quale avrebbe dato il nome di Yišma’e (Ismaele). L’angelo gli fece anche un’altra promessa: “moltiplicherò la tua discendenza, tanto che non si potrà contarla, tanto sarà numerosa”.

Ismaele, quindi, avrebbe avuto tutte le caratteristiche per diventare l’erede di Abramo, se non fosse per il fatto che, a questo punto, accadde qualcosa di incredibile: Sara, pur essendo sterile, all’età di novant’anni rimase incinta. Quando Dio rivelò la cosa ad Abramo, questi, incredulo, scoppiò a ridere tanto da prostrarsi con la faccia a terra. Per questo fatto, Dio decise che al bambino gli sarebbe stato dato il nome di Yishāq (Isacco), che significa “egli riderà”.

Per suggellare l’alleanza con la sua discendenza, Dio dispose che, a partire proprio da Isacco e Ismaele, ogni discendente maschio sarebbe stato circonciso, così da incidere nella carne il simbolo del patto stipulato.

Abramo, però, adesso si trovava davanti a un bivio. Chi, tra Ismaele e Isacco, sarebbe stato il suo erede? Ad entrambi era stata promessa una numerosa discendenza. Per affrontare la questione fu necessario fare riferimento ancora una volta al Codice di Hammurabi, il quale stabiliva che, in casi del genere, il figlio della prima moglie avrebbe avuto diritto di succedere al padre. Inoltre, il Codice di Lipit-Ishtar stabiliva che i figli di una schiava non potevano ripartire il patrimonio con i figli della moglie legittima del loro padrone. Quindi, fu scelto Isacco. Ma, allo stesso tempo, per onorare la promessa fatta ad Ismaele, fu stabilito che questi sarebbe stato il primogenito delle tribù arabe (Genesi 25:12-18). Per questo motivo il Corano considera Ismaele, e non Isacco, il vero erede dell’alleanza stretta con Dio. Da Ismaele, venerato dall’Islam come un capostipite, discenderebbero, quindi, le tribù dell’Arabia settentrionale.

Intanto, cattive notizie arrivavano dalla valle del Giordano, a nord del Mar Morto, il luogo dove si era stabilito tempo prima il figlio adottivo di Abramo, Lot. Gli uomini di quel posto si stavano macchiando di azioni terribili, soprattutto nelle città di Sodoma e Gomorra, e Dio aveva deciso di intervenire. Abramo era disperato, perché Lot abitava proprio a Sodoma, e temeva che se Dio avesse deciso di distruggere la città, anche Lot ne avrebbe pagato le conseguenze, anche se non ne aveva colpa. Abramo pregò Dio cercando di convincerlo che, se anche avesse trovato almeno dieci uomini giusti, avrebbe rinunciato a distruggere Sodoma. Dio mandò due angeli ad indagare, ma questi furono attaccati dagli uomini di Sodoma. Il destino di Sodoma era segnato. Gli angeli presero Lot, sua moglie con le loro due figlie e scapparono dalla città. Dio disse che, pena la morte, nessuno avrebbe dovuto voltarsi indietro. Appena furono abbastanza lontani, una pioggia di fuoco e zolfo scese dal cielo radendo al suolo le due città. La moglie di Lot non resistette alla curiosità e si girò a guardare, pagando a caro prezzo il suo gesto: fu trasformata, infatti, in una statua di sale. Ancora oggi, sulla sponda meridionale del Mar Morto, nei pressi del monte di Sodoma, è possibile vedere una colonna di sale alta circa 20 metri.

Cosa successe, in realtà, in questa zona situata nei pressi del Mar Morto? Abbiamo qualche testimonianza che ci racconti di questo immane cataclisma ricordato nelle pagine della Genesi? Le ipotesi sono diverse. Alcuni archeologi sostengono di aver riscontrato negli scavi di Bab edh-Dhra, sulla sponda meridionale del Wadi Kerak, tracce di un terribile terremoto, avvenuto tra il 2100 e il 1900 a.C. Altri studiosi, in uno scavo avviato nel 2006 a Tall el-Hammam, a nordest del Mar Morto, hanno ritrovato i resti di un importante centro abitato, risalente addirittura all’Età del rame (4500-3150 a.C.), che intorno al 1600 aC., nella Media Età del Bronzo, subì una grande distruzione che costrinse la popolazione ad abbandonarlo per i sei secoli successivi.

Altri archeologi sostengono di aver individuato le tracce di un impatto con un meteorite, tanto potente da aver provocato un innalzamento delle temperature tale da fondere le ceramiche e vetrificare la sabbia circostante. Nel 2013, lo studioso Steven Collins della Trinity Southwest University pubblicò uno studio tendente a dimostrare che i manufatti di Sodoma e Gomorra sarebbero stati arsi a causa di un aumento repentino della temperatura di oltre 1000 gradi centigradi. Quest’articolo fu contestato dall’archeologo Eric Cline della George Washington University, il quale trovava, invece, le prove a favore di tale ipotesi per niente convincenti.

Intanto, qualsiasi cosa sia realmente accaduta, se in una notte tempestosa un visitatore dovesse trovarsi sulla riva occidentale del Mar Morto, guardando queste grandi quantità di catrame ricoprirne la costa, come ci racconta la Bibbia (Genesi 14:10), non potrà fare a meno di riportare alla mente la tragica storia della distruzione di Sodoma e Gomorra.

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Torna in alto