Manuale di sopravvivenza

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Le cronache di guerra continuano. Gli isterismi della prima ora, credere che Putin, la Russia, abbiano dichiarato guerra al mondo e che vogliano invadere l’Europa democratica, sembrano svaniti.

Le bollette energetiche sono però aumentate. Poi si scopre che il Governo ha ben pensato di tassare gli extraprofitti delle società di distribuzione di gas, petrolio e energia elettrica. C’è da chiedersi allora da cosa sono provocati gli aumenti, forse ingiustificati e del tutto arbitrari, speculativi. Putin il Terribile non ci sta guadagnando nulla, i prezzi all’origine non sono cambiati. Però si compra il gas americano, liquido che deve essere “rigassificato” e quindi il suo prezzo sarà ulteriormente gravato dai costi di trasformazione. Si riaprono le centrali a carbone e di conseguenza si prevede la riapertura delle miniere. Ma non si doveva decarbonizzare la produzione di energia e fermare l’inquinamento da gas serra cui si addebita l’aumento della temperatura del pianeta?

In tempi di pace, qualche settimana prima del 24 febbraio scorso, la Commissione europea aveva deciso che in “via transitoria” sarebbe stato necessario rilanciare la produzione di energia con centrali a gas e nucleari. Decisioni contestate, prese prima della guerra, non dopo le azioni guerrafondaie di Putin.

Durante la guerra sono stati bombardati i silos di grano in Ucraina, grande produttore di cereali, mais e simili. Gli industriali italiani della pasta, quella con la scritta 100% grano italiano, hanno lanciato l’allarme dichiarando che le loro scorte stanno diminuendo perché c’è carenza di farine e inevitabile sarà l’aumento dei prezzi. Scopriamo così che il grano che si produce in Italia è poco e in Puglia, che un tempo era chiamata il granaio d’Italia, molti terreni coltivati a cereali sono stati riconvertiti in altre produzioni perché il prezzo pagato dalle industrie di trasformazione era troppo basso. Nel frattempo leggiamo che le farine sono quasi scomparse dai mercati nord africani e si teme che con la fine del Ramadan ci sarà una vera e propria crisi alimentare. Come direbbe Maria Antonietta, regina di Francia, se manca il pane gli africani potrebbero incominciare a mangiar brioche, come fanno gli umani della vicina Europa in guerra “sotto assedio” del famelico orso russo.

Complice l’avanzare della buona stagione, i flussi turistici verso il nostro Paese sono ricominciati e in modo consistente. Torna il problema del super affollamento dei “grandi attrattori turistici e culturali”, usando il linguaggio di moda tra ministri e operatori del settore. Prima si attirano e poi si respingono: naturali contraddizioni? Contraddizioni sicuramente, naturali molto meno.

Ogni misura di prevenzione per scongiurare una nuova crisi epidemiologica è lasciata ormai al buon senso delle persone, senza più nessun obbligo. Ma la pandemia non aveva cambiato per sempre il nostro modo di vivere e consumare?

Gli ospedali e la sanità in Italia tornano a manifestare drammatici segnali di crisi, i cantieri edili ricominciano a chiudersi e l’inflazione si è mangiata già i tanto attesi aumenti salariali e stipendiali ottenuti negli ultimi mesi. In Italia come in Francia la Whirpool chiude stabilimenti, delocalizza le produzioni lasciando i lavoratori senza nessuna speranza di riapertura di attività produttive. E tanti lavoratori continuano a perdere la vita o sono gravemente mutilati durante il lavoro.

I partiti ricominciano a fare scaramucce e si preparano al dopo Draghi, passando sulla pelle di tanta gente costretta ad imbracciare fucili che non sa nemmeno usare e che probabilmente stanno andando nelle mani di mercenari. Il Papa continua ad essere considerato un vetero comunista pro sovietico, dimenticandosi che l’URSS non esiste più e che Putin ha più volte dichiarato che Lenin e i suoi compagni ed eredi sono stati il peggior male capitato alla Russia.  

Il Presidente Draghi, lasciato solo nei suoi timidi tentativi di riportare la questione internazionale su un piano di normalità, tra conflitti di interessi economici tra stati e sistemi produttivi, cerca di rilanciare il suo ruolo di buon amministratore della cosa pubblica lasciando agli altri le questioni “politiche”.

Insomma la “normalità”, quella pre-covid, pre-prediche e fantasiose idee millenariste, vince sull’eccezionalità della guerra.

Bella Ciao, i partigiani ucraini, il grido di libertà e indipendenza, il richiamo alla solidarietà, tutto è stato ridotto a “il nostro atlantismo non va messo in discussione”, come afferma la Presidente del Gruppo Deputati PD, Debora Serracchiani, quella che pianse quando il suo partito fu sconfitto alle elezioni nella sua regione. 

Un dubbio sorge: ma non è che Putin sia un agente della CIA, finanziato dalle multinazionali? Allora noi che possiamo fare per assicurarci la sopravvivenza?

Leggere romanzi scritti prima della caduta del muro di Berlino. Leggere qualche libro di economia, non di ragioneria applicata, scritto prima della seconda guerra mondiale. Leggere soprattutto letteratura straniera, nemmeno europea, ma sudamericana, indiana, giapponese, africana, mediorientale. Leggere i reportage dalle zone di guerra, dove imperversano fame, malattie e disperazione, scritti da giornalisti diventati scrittori e poeti. Evitare di visitare città d’arte e i grandi attrattori culturali. Cercare casa il più lontano possibile dalle città, una casa isolata difficile obiettivo militare. Gettare il televisore o attivare il parental control per oscurare i talk show, Bruno Vespa, Bianca Berlinguer e tanti altri. Anzi si fa prima a dire quali rendere accessibili: i racconti filmati di Domenico Iannaccone. Su internet oscurare facebook, twitter, istagram, tik tok e company. Ascoltare buona musica strumentale e qualche grande voce. Scegliere di “investire” i propri soldi solo con la macchinetta che ne controlla l’autenticità. Comprare vestiti usati. Imparare a cucinare. Diventare vegetariani o quanto meno limitare al massimo il consumo di carne. Il pesce comprarlo dal pescatore che l’ha pescato nelle acque vicine. Non fare riserve di cibo fino a non aver più bisogno del frigorifero. Organizzarsi per accogliere migranti di tutti i colori e condividere con loro ciò che possediamo. Imparare a difendersi dal caldo senza usare altra energia se non quella del vento, quelle belle correnti d’aria. Imparare a difendersi dal freddo coprendoci bene e vivendo in ambienti non troppo grandi. Ritornare a lavare i panni usando l’olio di gomito. Ingerire medicine solo per far passare il dolore e rifiutare l’accanimento terapeutico. Amare chi vogliamo.

Insomma incominciare a smettere di aver paura, di sentirci in perenne pericolo e lasciare i cretini soli a giocare con le pistole i cannoni.

2 commenti su “Manuale di sopravvivenza”

  1. Perché non fanno, secondo la leggenda dell’antica Roma, come gli orazi e i curiazi?
    Senza nessun spargimento di sangue innocente. Complimenti per l’articolo, devo dire che alla fine mi ha lasciato quel filo di speranza che mai dobbiamo perdere.

  2. un’analisi lucida e oggettiva, in un’epoca di cattivo giornalismo, tifoserie e superficialità. È un piacere leggere degli articoli scritti con l’intento di stimolare la riflessione in chi legge e non di cercare di abbassare e esaltare ancora di più il già basso livello intellettuale di chi legge. Purtroppo ormai ci siamo talmente circondati che abbiamo veramente bisogno di un manuale di sopravvivenza intellettuale!

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