Oriente e Occidente

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Alba (foto di G. Capuano)

In origine questi due termini stavano a indicare il ciclo solare: l’alba inizia a Oriente e il tramonto ha luogo in Occidente. A Est sorge il sole e a Ovest scompare alla nostra vista. Con il trascorrere del tempo, questi due termini astronomici hanno assunto diversi significati. Prevalentemente in termini di cultura, c’è un notevole iato fra la “cultura” occidentale e quella orientale. Noi, abitanti dell’Occidente, abbiamo un debito inestinguibile nei confronti di una cultura che ha contributo in maniera determinante nella nostra formazione intellettuale e al nostro sviluppo sociale. Stiamo parlando della cultura greca. Che mondo sarebbe il nostro se le nostre radici non affondassero nel pensiero di giganti come Aristotele, Socrate, Platone, Democrito, Diogene, Eràclito, Euclide, Parmenide, Pitagora, Plotino, Plutarco, Talete, e l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo. Questi uomini non furono grandi condottieri le cui gesta belliche tramandare ai posteri, ma è a loro che dobbiamo ciò che siamo in tutti i campi del sapere: scienza, matematica, geometria, evoluzione e nascita della democrazia, il percorso verso la civiltà. Gli stessi filosofi orientali hanno attinto a piene mani ai loro predecessori ellenici, tanto è vero che la falsafa, cioè la filosofia araba, è di ispirazione prevalentemente platonico-aristotelica. Questi giganti del pensiero hanno contribuito in modo determinante a farci uscire dalle tenebre dell’ignoranza, dai costumi ancestrali e a condurci verso la forma di civiltà che oggi caratterizza tutte le nazioni che fanno parte del mondo occidentale. È naturale che ogni popolo scelga da sé il proprio modello di vita che, inevitabilmente, trae alimento dalle sue radici, e i risultati del diverso sviluppo del mondo orientale rispetto a quello occidentale è sotto gli occhi di tutti.

Noi europei abbiamo attraversato periodi di indicibile barbarie, di assoluta mancanza di rispetto per la persona umana, per la vita umana, ed è utile ricordare ciò che accadeva nel Medioevo, solo alcune centinaia di anni fa. Imperava la religione; non vi era autorità più importante; era la religione che determinava usi, costumi, sistema giudiziario e penale, e che di conseguenza alimentava la superstizione, che caratterizzò quel triste periodo della nostra storia. La caccia alle streghe, i roghi sui quali venivano arsi gli “eretici”, le tremende torture inflitte ai condannati prima d’essere messi a morte, le rigide regole la cui infrazione prevedeva pene disumane, la disuguaglianza degli uomini in base al censo, sicché si avevano diversi tipi di giustizia: quella che si applicava ai ricchi, ai nobili, agli altolocati, e quella che colpiva senza pietà le classi povere, senza cultura, il cosiddetto “popolino”. Fu su questa intollerabile disparità che feriva profondamente lo spirito dell’uomo, che Cesare Beccaria, nel 1764, pubblicò il suo splendido lavoro che avviò l’era dell’illuminismo e che egli intitolò Dei delitti e delle pene, nel quale si faceva un enorme passo avanti nella giurisprudenza del tempo, e nel quale si condannavano senza esitazione le pratiche inquisitorie, la pena di morte, inflitta nel modo più atroce, e tante altre vessazioni, praticate da una società in cui la discriminazione sociale la faceva da padrona. Non è un caso che, solo pochi anni dopo, un intero popolo si ribellò allo status quo perdurante da secoli, e prese nelle sue mani il proprio destino. Ciò avvenne pochi decenni dopo la pubblicazione del libro di Beccaria, nel 1789, e noi oggi la conosciamo come la Rivoluzione Francese, dopo la quale il volto dell’Europa cambiò definitivamente.

Vogliamo, adesso, fare una totale inversione di marcia, e ritornare a parlare dell’argomento che ormai è all’ordine del giorno, del quale ci siamo occupati di recente, e per il quale ancora sembra non vi siano sbocchi positivi. Parliamo, ovviamente del conflitto israelo–palestinese. Si tratta, non vi è alcun dubbio, di un conflitto territoriale, nel quale la posta è altissima, e cioè la nascita e la sicurezza di due Stati o il prevalere di uno solo. Come scriveva Antonio Vercelli, o si accetta la fondazione di due stati indipendenti o, alla fine, probabilmente ne avremo uno solo: uno stato arabo. E questo ritengo difficile che venga accettato dal mondo occidentale, anche perché questo tremendo bagno di sangue non è soltanto una questione di spartizione di territorio, è anche lo scontro di due culture, di due modi di vivere, del diverso rispetto per la vita umana, che le rendono diametralmente opposte. Far convivere francesi e tedeschi, o italiani e austriaci in Stati confinanti è stata impresa ardua in passato, ma coronata dal pieno successo di ciò che è oggi l’Europa Unita (UE). Estremamente complicato è far convivere due “culture” agli antipodi l’una dall’altra. Solo a titolo esemplificativo, desidero citare le parole di Gianni Vernetti su la Repubblica del 20 novembre scorso. Vernetti spiega, anche se è ormai risaputo urbi et orbi, che «il conflitto israelo–palestinese sta rivelando anche i limiti dell’intera architettura sulla quale si reggono le Nazioni Unite a cominciare da molti dei suoi organismi. La costante presenza dell’Iran, il mandante di Hamas all’interno del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, ne ha fatto perdere negli anni ogni residua credibilità». Vernetti, poi, ci ricorda anche le profonde, insanabili differenze che esistono fra il mondo da cui proviene Hamas e quello dal quale proviene Israele. Senza il minimo intento discriminatorio, non possiamo negare che Israele, pur se geograficamente a Oriente, appartiene a pieno titolo all’Occidente. Il mondo d’Israele è un mondo estremamente sviluppato e moderno, attento ai diritti umani, nemmeno minimamente discriminatorio nei confronti delle persone con differenti profili sessuali, non condizionato da una religione ancestrale, e nel quale si respira modernità, sviluppo, altissima specializzazione in ogni campo della scienza e della tecnica; camminare per le strade di Tel Aviv non sembra far notare alcuna differenza con quelle di New York. In Iran, invece, e nel resto del mondo arabo, si impiccano gli omosessuali, si massacrano le ragazze senza velo, si esporta terrorismo e instabilità in tutto il Medio Oriente, si è sotto la Sharia, la legge islamica che trae i suoi precetti dall’interpretazione del Corano e dei detti di Maometto che ha, letteralmente, dato vita ad Allah, il dio musulmano ai cui precetti tutti devono sottomettersi. Pertanto, la “cultura” araba, con le dovute eccezioni, è ancora quella che risale a un beduino di quasi millecinquecento anni fa e che ancora determina ogni singolo gesto quotidiano di milioni e milioni di Musulmani, sia nei paesi arabi che in altri di fede islamica. Lo scarso valore per la vita è una sua caratteristica, mentre in Occidente, la vita e il rispetto per essa, anche del singolo individuo, è alla base di ognuna delle sue legislazioni. La ferocia e l’indifferenza con la quale Hamas sta facendo morire migliaia di suoi connazionali del tutto innocenti, ci rivela in qual conto questo movimento, espressione concreta della Sharia, tenga la vita umana. Hamas non esita a usare i palestinesi come scudi umani, dietro i quali nascondersi; ha costruito svariati chilometri di cunicoli a grande profondità per proteggersi, ma nei quali non vi è nemmeno una singola struttura per ospitare e proteggere i civili del suo stesso popolo dagli effetti devastanti dei bombardamenti. Gli europei hanno tanti torti, ma chi può affermare che oggi le nostre democrazie sono dominate da una casta religiosa, gli Ayatollah e gli Imam? I cattolici hanno un papa, i protestanti hanno un sistema di vescovi, entrambi rispettano la Bibbia come Parola di Dio, ma tengono la fede religiosa lontana dalle vicende politiche. Dal Medioevo a oggi hanno fatto enormi passi avanti, mentre il mondo islamico è ancora soggetto a leggi e costumi che risalgono ai tempi dell’oscurantismo. Basta pensare alla condizione delle donne in quei paesi, che per noi è semplicemente inaccettabile.

Per cui, pur desiderando con tutte le mie forze che questa strage quotidiana abbia termine, non posso mentire a me stesso e sperare in una vittoria araba, che sarebbe un disastro per tutto il resto del mondo. Ribadisco con forte convinzione ciò che ho già scritto in proposito e che si basa sull’auspicio di Claudio Vercelli: due Stati, due popoli, che riescano alla fine a conciliare le loro differenze e a convivere pacificamente l’uno accanto all’altro, ma ben divisi e separati, a loro e nostra tutela.

2 commenti su “Oriente e Occidente”

  1. Giuliano Pennacchio

    Non è stato sempre così. Ci sono stati momenti nella storia dove il Mediterraneo è stato il luogo d’incontro tra culture diverse , poi come scrivi, sono prevalsi gli estremismi e tutto si è radicalizzato.
    Certamente non possiamo sostenere l’Iran (e Hamas il suo braccio politico in Palestina) che persegue le minoranze, imprigiona e mette a morte i diversi, ma allo stesso tempo nessun apprezzamento per l’attuale governo israeliano di Bibi. Un governo che vuole mettere sotto controllo la magistratura e che spinge per la cancellazione dei palestinesi.
    La soluzione qual’ è? È difficile per tutti delinearla. In un mondo dove l’Europa è muta e i giochi li fanno solo gli USA e la Cina tutto è molto complicato. Nella regione eravamo convinti l’evoluzione di due popoli e due stati rappresentava il giusto equilibrio, ma adesso è calato il buio dello scontro di civiltà e di religione, che serve ai potenti ma non ai popoli.

    1. Sergio Pollina

      Caro Giuliano, non posso che essere d’accordo con te per quanto riguarda il ruolo negativo che da ormai troppo tempo sta esercitando Netanyahu con la sua politica di destra estrema, di sottomissione della magistratura e di una sua primazia su tutti gli altri poteri dello Stato; e poiché durante una guerra è bene “non disturbare il manovratore”, per il momento viene lasciato al suo posto in attesa di tempi più propizi per la sua defenestrazione. Devo confessarti, però, che nell’atteggiamento di “Bibi” trovo un che di familiare con ciò che il governo di Giorgia della Garbatella sta cercando di fare in Italia; spero per entrambi i popoli, l’israeliano e l’italiano, che qualcuno di peso si svegli e faccia capire al Paese il pericolo che stiamo correndo tutti se le si lascerà ancora mano libera.
      Per quanto riguarda il conflitto, come dici tu, c’è buio assoluto e a fare previsioni ci riuscirebbe, forse, Nostradamus.
      Grazie per il tuo commento, e a risentirci su Zona Grigia. Sergio

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