Liste d’attesa nella sanità pubblica

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In questi giorni veniamo a sapere delle indagini e dei controlli, da parte dei NAS, sulle liste d’attesa di prestazioni ambulatoriali riconducibili a visite specialistiche ed esami diagnostici nel servizio sanitario pubblico, che hanno evidenziato una situazione di malaffare, tesa a dirottare i malcapitati pazienti verso le strutture private. Non stiamo certo scoprendo l’acqua calda; ma, pur non volendo ipotizzare alcuna sorta di malafede, vorrei sommessamente raccontare quella che è stata la mia (ma sicuramente non solo mia) esperienza, proprio nei giorni precedenti.

A seguito di una visita specialistica presso la Fondazione Pascale di Napoli, eccellenza italiana nella cura dei tumori, ad un mio familiare è stato prescritto un intervento chirurgico di tipo ambulatoriale presso la stessa struttura. Ebbene, al momento della prenotazione, il solerte impiegato allo sportello, leggermente infastidito, ha esordito con un “Eh, ma non ve l’hanno detto che ci vuole più di un anno?”. Rimasti un po’ spiazzati quasi al punto di sentirci in colpa per aver pensato di poter risolvere quanto prima una situazione che sta generando una certa ansia, ci siamo anche sentiti scoraggiati dal fare una cosa che in realtà non è un capriccio estetico, ma un’esigenza clinica, ed abbiamo effettivamente appreso che la data fissata era a distanza di un anno e cinque giorni.

D’accordo, c’è una ben nota carenza di personale sia medico che infermieristico, il quale sta prendendo in massa la via del medio oriente – a questo punto mi chiedo che senso abbia tenere ancora in vita il numero chiuso per l’accesso universitario a tali professioni – ma è di tutta evidenza che, trattandosi fondamentalmente di una problematica di tipo oncologico, nessuna persona dotata di buon senso potrebbe mai pensare di differire un intervento a così lunga scadenza. Saremo pertanto costretti ad orientarci (ed anche stavolta non saremo i soli) verso la sanità privata, che magari darà meno garanzie e un notevole aggravio di spesa, ma sicuramente interverrà in tempi più rapidi.

Il problema, però, non è solo questo: da qui ad un anno, quante persone avranno pensato di risolvere la questione rivolgendosi al privato? E quante avranno poi il senso civico di disdire le prenotazioni non più necessarie, in modo da liberare disponibilità di posti? Immagino che quel giorno tutte quelle caselline oggi occupate saranno state in buona parte svuotate e quindi il professionista di turno si troverà a braccia conserte ad aspettare dei pazienti che non verranno (mi è capitato di vivere anche questo tipo di esperienza), e nel frattempo le liste d’attesa continueranno ad allungarsi. È chiaro dunque che qualcosa va cambiato, e subito. Speriamo che al più presto le istituzioni si facciano carico del problema e si mettano attorno ad un tavolo per individuarne una soluzione… sì, speriamo, ma almeno non ci prendessero in giro invitandoci a fare prevenzione!

2 commenti su “Liste d’attesa nella sanità pubblica”

  1. Anche mio marito ha avuto analoga esperienza presso la stessa struttura
    Per quanto concerne coloro che non si curano di disdire una visita prenotata,,si potrebbe pensare per esempio ad una conferma da effettuare qualche giorno prima

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