Chi era “meglio” Cesare o Napoleone?

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Ritratto di Giulio Cesare (Musei Vaticani)

Non ci crederete ma ho letto in rete una domanda del genere, e subito mi sono intrigato. Ho pensato a un calembour estivo. Simpatico e magari interessante. Ne scrivo.

Or bene stiamo parlando di due personaggi che hanno fatto la storia o, se vi va, sono la Storia. Con la s maiuscola. Ma sono due a mio avviso difficilmente confrontabili. Per una serie di motivi che cercherò di spiegare nel dettaglio senza essere noioso. Si spera.

Innanzitutto, partirei dal fatto che sono figli di due mondi completamente diversi, entrambi con ricadute impressionanti, durature e sconvolgenti entrambi, ma diversi.

Che dire di Roma? L’Urbe è l’Urbe e nel bene e nel male ci ha segnato. Un prof di storia e filosofia al liceo amava dire che era sostanzialmente inutile studiare altro che non fossero i greci e Roma. Tutta la cultura del mondo poteva essere ridotta o, meglio, riportata a quella greca. Dalla filosofia al teatro, al rapporto con il mistero di sé ovvero con il divino. In quanto a Roma: era la Politica. È la Politica, sosteneva il mio prof, che un po’ matto a dire il vero sembrava a tutti noi. Anche perché da quello che capivamo Roma era Diritto, Amministrazione, Ingegneria.

Che poi al riguardo non è che bisogna andare tanto lontano. Difatti. Ho avuto la ventura di studiare, all’interno di un progetto di “riqualificazione” dell’acqua piovana per “Mad for Science”, uno dei cinque acquedotti romani che lenivano la sete di Napoli. Quello del complesso della Basilica della Pietra Santa, Lapis Museum e Decumano Sommerso, che non solo resta un’opera di ingegneria di livello alto ma, addirittura, suggerisce l’utilizzo del tufo non solo come abusata pietra da costruzione ma perfino utilizzabile per potere decontaminare l’acqua piovana, e renderla potabile.

Insomma, Roma è Roma. Tutti dobbiamo qualcosa a Roma.

Ma, a mio parere, di più alla Rivoluzione francese.

I francesi sono quelli che sono e a volte o spesso per noi cugini di oltre alpe sono di difficile approccio e gestione anche perché fanno un caffè che fa schifo, o giù di lì, il mangiare è troppo sopravvalutato come pure i vini e il formaggio. Per non parlare della grandeur e dell’eroica presa della Bastiglia mai avvenuta tantomeno eroicamente: i gendarmi si arresero sotto la protezione della bandiera bianca, naturalmente vennero trucidati tutti. Ma poiché alla fine finiscono sempre per fare la cosa giusta, almeno secondo me, hanno inventato lo Stato moderno. Non solo. Hanno costretto Santa Romana Chiesa a una “pesante” e profonda riflessione su se stessa riguardo al potere temporale. Chi va in Francia tocca felicemente con mano la netta distinzione fra Stato e Chiesa. Tanto è vero che alcuni fra gli studiosi più attenti ritengono che la sharia sia possibile perché nel mondo dell’Islam non vi è stato nulla di paragonabile, culturalmente, alla Rivoluzione francese. La grandezza dell’Islam, insomma, avrebbe bisogno di una rispettosa e approfondita e coraggiosa riflessione su potere temporale e verità di fede.

Particolare del ritratto di Napoleone Bonaparte, di Jacques-Louis David, 1812 (Fonte: Wikimedia Commons)

La Rivoluzione francese ci darà anche o, per qualcuno, soprattutto Napoleone Bonaparte. condottiero e imperatore. Con l’idea che l’Europa poteva e doveva essere unita ovviamente sotto tutela, per dirla in un modo, francese. Da quello che capisco io, non è che i francesi da allora hanno cambiato idea. In fondo Macron, come De Gaulle e tutti gli altri, con la sola eccezione di Mitterand forse, non sopportano l’idea che l’Europa in generale, e noi cugini in particolare, non obbediamo loro. Non li seguiamo come faro e guida indiscussi. Si dispiacciono sul serio: una grande Europa non può esserlo che sotto l’egida francese. Ne sono seriamente convinti. Sono fatti così, ed è inutile prendersela anche perché restano una grande nazione e un grande popolo.

Napoleone fu sconfitto definitivamente a Waterloo dagli odiati inglesi di Wellington, Cesare fu ucciso perché dei rispettosi quanto superficiali e interessati cittadini romani, fra questi il figlio Bruto che non aveva capito un beatissimo pisello, erano preoccupati che divenisse dittatore assoluto di Roma. Il primo morì a sant’Elena sostanzialmente auto avvelenandosi, il secondo con un numero spropositato di coltellate sotto la statua di Pompeo Magno che gli egiziani, all’insaputa di Cesare e, soprattutto, contro la sua volontà, avevano fatto decapitare.

Ora non sono uno storico ma non mi pare che ai congiurati sia andata bene: Marco Antonio non fece sconti a nessuno, neanche a Cicerone; e Ottaviano, grazie anche alla sagacia militare di Agrippa e alla conoscenza della strategia preferita da Antonio e, prima ancora, da Giulio Cesare, finta ai fianchi e attacco decisivo al centro, mise tutti in riga. Così che, invece di un improbabile dittatore, si ritrovarono, a Roma, un imperatore. Di quelli tosti.

Attacco violento sui fianchi per costringere il nemico a sguarnire il centro e quindi colpirlo duro proprio al centro dello schieramento era strategia particolarmente cara anche a Bonaparte. Wellington lo sapeva bene. Scelse quel terreno in Belgio sicuramente perché gli permetteva, per un leggero altopiano, di nascondere il grosso delle sue truppe – e non diede nessuna importanza al fatto che avesse un bosco alle spalle, particolare che Napoleone notò subito e che Giulio Cesare aveva sempre condannato, ed evitato, perché impediva un’ordinata ritirata, strategica o meno – ma, soprattutto, scelse quel campo di battaglia perché ai suoi fianchi c’erano due masserie fortificate, che durante lo scontro saranno difese dagli scozzesi.

Quella sul suo fianco destro, in particolare, venne investita dal fuoco e dalla valanga delle truppe francesi al comando del valoroso Ney, l’eroe della ritirata di Russia: fu lui, infatti, a proteggerla e a evitare guai peggiori, sebbene nulla poté contro le malattie che fecero strage della Grande Armée.

Gli scozzesi si difesero fino allo stremo, erigendo trincee con i cadaveri dei loro compagni e combattendo ferocissimi corpo a corpo, e diedero così a Wellington tempo e ancora tempo per non sguarnire il centro dello schieramento, dove Napoleone avrebbe colpito con la sua riserva più preziosa: la Vecchia Guardia, “Che muore ma non si arrende”. Difatti Wellington dopo avere offerto la resa, rifiutata, li fece falcidiare tutti dalla sua artiglieria caricata a mitraglia. Nemesi della storia. Perché, se c’era un’arma che Bonaparte sapeva usare alla perfezione e che non aveva nessun equivalente ai tempi di Giulio Cesare, era proprio l’artiglieria. Un uso che fece grandi le armate di Francia e ampie le strade di Parigi. Perché viali ampi e lunghi avrebbero permesso al Bonaparte di fare a fettine con l’artiglieria chi intendeva ribellarsi e scendere in piazza, per così dire.

Artiglieria che aveva effetti tremendi perché veniva usata, direbbero i pallanuotisti, come un “tiro a schizzo”. Cioè, i francesi non sparavano direttamente contro le postazioni nemiche ma facevano “rimbalzare” le palle di cannone sul terreno davanti a queste postazioni in modo che le palle di ferro acquistassero così maggiore energia cinetica e quindi maggiore capacità distruttiva. Cosa che a Waterloo non potettero fare da subito perché era piovuto molto e il fango avrebbe impedito l’utilizzo devastante dell’artiglieria. Aspettarono che il terreno si asciugasse. Altro fattore che giocò a favore di Wellington perché diede ancora tempo per il determinante arrivo degli alleati germanici che, come lupi, piombarono alle spalle delle truppe francesi massacrandole.

Napoleone era rapido nelle decisioni, soprattutto in quelle più azzardate; usava con grande spregiudicatezza e acume la cavalleria, per manovre veloci ed efficaci; aveva un’arma che adoperava come nessuno: l’artiglieria; e la sua riserva, che forse solo a Waterloo ritardò colpevolmente a gettare nella mischia furibonda della battaglia, era compatta e di qualità.

Se proprio devo dare un giudizio, come piccolo e umile contributo a una riflessione, direi che Giulio Cesare non aveva tutti questi attributi. Era in guerra solo più feroce, e il De bello gallico ne è fedele testimone.

Io penso che dove Cesare è stato realmente superiore a Napoleone Bonaparte è nella Politica. Come concreta e razionale possibilità di dignità e riscatto per chiunque.

Non per niente è uno dei più illustri figli di Roma.

Buone vacanze.

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