La Venere in cenere

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L’opera del Pistoletto e la struttura di sostegno dopo l’incendio

Un ultimo bagliore prima che l’oscurità di una notte dalle temperature quasi infernali si dileguasse portata via dagli spiriti oscuri delle tenebre. Un’immensa pira, un rogo ha salutato, alle prime luci dell’alba, Napoli, la citta di Partenope. Davanti al porto, al palazzo del sindaco, al Maschio Angioino, al Palazzo Reale e allo sguardo ancora assonnato e incredulo di napoletani che si trovavano in strada alle 5.30 del mattino in Piazza Municipio. La colossale Venere degli Stracci straordinaria e iconica opera dell’artista Michelangelo Pistoletto, inaugurata appena quindici giorni fa in un ambizioso progetto di arte pubblica del Comune di Napoli, andava in fiamme, in una colonna di fumo nero e ceneri, annientata dal gesto doloso di attentatori alla bellezza, all’amore o forse di chi sa quale rivendicazione politica e sociale nascosta. L’interazione più estrema che l’opera potesse sollecitare o suscitare con la sua maestosa presenza si compiva, trasformandola rapidamente in una nuova incredibile visione, la desolante devastazione della distruzione.  

La Venere simbolo di bellezza, venerabilità, che sorreggeva la miseria umana, l’umanità stracciona, rappresentata dalla montagna di stracci, lasciava il posto in un inatteso sacrificio, sull’altare dell’arte e dello spazio pubblico della piazza, ad una nuova forma, metafora ancora più estrema della condizione umana, portandoci di colpo a stretto contatto con le visioni di guerra che ormai circondano l’Europa e il mondo. Uno scheletro metallico annerito e fantasmagorico restava in piedi quasi a volerci ricordare che il metallo è figlio del fuoco per questo lo resiste e tutto intorno brandelli, ceneri, ed un amaro odore di bruciato capace di attaccare narici e gola di tutti. L’umanità stracciona, la montagna di stracci, diventati di colpo comburente, materiale infiammabile, cippo, per una spettacolare combustione o, come dichiarato dallo stesso Michelangelo Pistoletto, “una autocombustione del suo lato peggiore”.

Accorrevano dopo il suo spegnimento da parte dei vigili del fuoco in primis il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, e moltissimi napoletani che sotto shock ed increduli si recavano in un gesto di grande affetto nel tentativo quasi di volerla salvare, non trovando però più la Venere, ma solo le sue ceneri. Molte le donne accorse, sì soprattutto donne, alcune portavano fiori, qualcuna piangeva, calde lacrime rigavano i loro volti forse a ricordo di altre violenze e offese subite, perché questo rogo è soprattutto un attacco di inaudita violenza al femminile, alle donne, che la dea della bellezza, dea genitrix, rappresenta nelle sue innumerevoli forme, rimandando a periodi bui e lontani, di roghi e barbarie dove le donne venivano bruciate con l’accusa di streghe solo perché depositarie di conoscenze della madre Terra. Venere è dea della bellezza ma soprattutto dea dell’amore e questo rogo è anche un attentato all’amore. Chiunque sia stato l’attentatore, ha mirato il suo attacco per distruggerne il suo potere di speranza e di pace che nel mondo rappresenta. Su un biglietto attaccato alle transenne della barriera dell’area sottoposta a sequestro penale per le indagini investigative: “che dalle tue ceneri possa rinascere una città migliore”; parole di speranza che venivano mosse dal vento che spazzava la piazza, disseminandole ai quatto angoli della terra partenopea. Pochi stracci ancora visibili, semi bruciati a terra come ultimo residuo di un umanità distrutta e dalla speranza perduta.

Le persone accorse vagavano smarrite, attorno a quello che restava di ciò che il giorno prima era una sorta di santuario dove incontrarsi, riflettersi e ritrovare speranza per un mondo migliore sotto il corpo luminoso, generoso, sensuale della Venere con la sua bellezza. Qualcuno ora stringeva amaramente in pugno alcuni brandelli di cenere, raccolti a terra, il mare davanti, il cuore triste, rinnovando inconsapevolmente il rito di molte antiche culture, con fuoco e ceneri, elementi di purificazione per illuminare il passaggio ad un altro mondo, quel mondo migliore, il mondo della speranza, necessaria per continuare l’antica lotta della sopravvivenza.

E ora la distruzione. Il bianco abbagliante della luce della Venere diventato improvvisamente fumo nero e cenere, capovolgimento dei canoni, catastrofe.

Il sacrificio della Venere degli stracci ci pone di fronte a molte riflessioni ed azioni urgenti da intraprendere, senza avere paura di ritrovarsi spiazzati nello specchiarcisi, una di queste, la considerazione che il mondo è sempre più disperatamente collegato, vani saranno i tentativi vili di separare risorse e ricchezze da parte di élite economiche, culturali e governative senza generare l’inevitabile autocombustione del lato peggiore dell’umanità come distopica ed unica forma incontrollabile di creazione basata sulla distruzione dell’altro, e forse come ultimo ed estremo atto di affermazione della propria disperata esistenza.  

Le ceneri del sacrificio della Venere degli stracci, rendono visibile nella sua luce più accecante questo ed altro ancora come ovviamente le relative ed inevitabili scie di polemiche sulla mancata salvaguardia della stessa, la mancanza di sorveglianza e di come può essere salvata, tutelata la bellezza, simboleggiata dalla dea. Nulla succede per caso ed i fenomeni vanno compresi come diceva Aristotele. Ora sta a noi tutti cospargerci il capo di cenere della Venere per tornare ad illuminare i nostri pensieri, sempre più determinanti saranno le scelte da compiere individuali e soprattutto collettive, urgente sarà guidare i nostri cuori verso la cooperazione e non il conflitto, e le nostre azioni, per renderle meno miserabili, per costruire tutti insieme condizioni nuove, accurate e di buonsenso dalla più ampia accessibilità e partecipazione condivisa, quel nuovo paradiso, che può essere la Terra partendo dal presente, dove mondo naturale e mondo artificiale, ricchezza e povertà possano fondersi per costruire insieme una nuova umanità. Sembrerebbe che la tragica e sublime fusione avvenuta a Napoli, tra la bellezza e l’amore della Venere degli Stracci e il lato peggiore e disperato dell’umanità possa essere una concreta possibilità, di fatto il fenomeno si è già manifestato nel suo modo più tragico, abbagliante e sublime, il caso come dice l’artista è una nuova possibilità sta a noi riconoscerlo come fratello, amico, altro con cui passare il nostro prezioso tempo ed esistenza e farne emergere il lato migliore e quello dell’umanità tutta con la sua capacità di costruire insieme, creare insieme. Divenendo un nuovo capitolo di quello che è ormai da diversi anni la grande e partecipata opera d’arte di Michelangelo Pistoletto, il suo Terzo Paradiso e la trasformazione e rigenerazione della società attraverso la Demopraxia, ovvero la messa in campo di pratiche civiche, civili e quotidiane per realizzare l’antico sogno della Democrazia, dove ognuno deve portare il proprio concreto, fondamentale contributo alla partecipazione dell’inestimabile valore umano.

15 commenti su “La Venere in cenere”

  1. Trovo l’atto di una viltà estrema…clochard o nn clochard l’atto va punito…un’opera così bella dal così forte impatto emotivo….mi sono vergognata di essere napoletana quando ho letto dell’accaduto…ma come si fa?!!! Come?bisogna subito rimettere un’altra opera….la bellezza deve vincere!

  2. L’opera di Pistoletto era un omaggio al cattivo gusto, un inno alla miseria, con i suoi stracci e l’intenzione ,ancora una volta, di evidenziare che Napoli è una città da terzo mondo. Comunque, il bello o il brutto ,sono concetti relativi. Quello che più indigna, sono le bugie e l’incuria di questa specie di sindaco e dei suoi assessori, in particolare De Jesu, che aveva assicurato la vigilanza H 24 e l’ignifughita’ dell’opera, e così non è stato! Sono loro i primi responsabili del rogo!. Francamente, non mi sento di colpevolizzare un povero demente senza casa e nessuna assistenza psichiatrica che non ci sta con la testa.

    1. Sergio gioia

      Buongiorno antonio, sono sergio gioia, il fratello di alessandro, ho letto il tuo articolo l’ho trovato ben scritto, evocativo di un animo profondo. Mi sono commosso

      1. antonio Sacco

        Caro Sergio , ti ringrazio del commento e della tua commozione , la commozione è il vero fuoco che ci fa sentire ancora vivi o in fin di vita… ( che poi è molto simile in termini di intensità del sentire ) capace di trasformare con il “fuoco” delle nostre esistenze tutto ciò con cui entriamo in contatto. La combustione è trasformazione della materia , come nel caso della Venere degli Stracci, quindi una grandissima occasione per partecipare in maniera attiva al suo divenire , va presa maggiore consapevolezza , il caso non esiste è solo una nuova possibilità per tutti noi. La questione è reale la partecipazione attiva di tutti al ” bene comune” e l’arte pubblica lo è.

  3. Franco Rendano

    Caro Antonio
    La drammatica forza espressiva di questo tragico evento ha sottolineato ed amplificato in modo indelebile il significato dell’opera.
    Spero che sia di stimolo alla presa di coscienza collettiva del disastro cui si sta avviando l’umanità.

  4. Peyron Caroline

    Questo è come il sintomo dello stato di abbandono della città. Porterei fiori alle persone che vivono in strada, in luoghi disumani in mezzo alla spazzatura non raccolta, alle scuole abbandonate…. Occuparsi prima del minimo indispensabile per cominciare a parlare d’altro.

  5. Massimo Velo

    Come al solito adoro, solo apparentemente, essere fuori tema. Perché, conoscendo bene ogni rischio derivante dai comportamenti umani, avrei inserito un sistema di innaffiatura degli stracci, tale da non allagare, ma sufficiente per evitare dolose intenzioni fiammiferi. Comunque sia le conseguenze dell’arte anche spiacevoli lasciano profonde ferite non sempre inutili.

  6. Aldo di Chio

    e continuano le distruzioni: la Venere, le Vele, la Piazza a Mare ..

    qui da noi sono proprio l’arte moderna e l’architettura moderna ad essere percepite da molti come un atto di violenza estetica contro la città storica consolidata, contro l’arte pura incontaminata

    l’arte moderna, e l’architettura che arte è, spesso sono interpretate come indecifrabili, distorte, sintomo di nuova decadenza

    e rimangono percepite così da molti, appartenenti a tutti i diversi strati della popolazione, perché la nostra città è a spessore e pure a strati, inutile negarlo

    c’è da noi una forte ambiguità: la pretesa di controllare la cultura moderna da una parte e una trasversale ostilità al moderno dall’altra, tutto condito da un cinico disincanto

    così gli atti di vandalismo, e le demolizioni, parimenti vandaliche, continuano e vengono indubbiamente aiutati da questa specie di diffuso e tossico sostegno

  7. Seppur deprecabile, l’atto vandalico era prevedibile. Per tanto la mia reazione non è stata di sbigottimento, di sconcerto.
    Ho appreso la notizia in maniera pacata, senza rimanerne particolarmente coinvolta, poi ho capito il motivo di questa mia mancanza di pathos: ho considerato fin da subito l’opera di Pistoletto, (senza voler entrare nel merito del valore o in quello dell’interpretazione della Venere di stracci) un’opera fruibile da tutti, equiparabile, con le dovute differenze, a uno stencil di banksy o a un murales di Blu, dunque pura STREET ART…un po’ perché collocata in uno spazio pubblico che ne faceva da cornice, un po’ perché costituita di materiale organico e quindi deperibile.
    E in quanto street art suscettibile di evoluzione, trasformazioni, variazioni, mutamenti, fino ad arrivare alla vera e propria distruzione, dovuta semplicemente a fenomeni atmosferici o naturali quali piogge, venti, grandinate, terremoti o a eventi climatici come incendi o, più brutalmente, ad atti vandalici. Ho voluto credere che lo stesso artista fosse ben consapevole di ciò che faceva, ponendola in uno luogo da sempre considerato il centro pulsante della città, luogo di contaminazioni etniche, in cui confluiscono le arterie più importanti e a due passi da uno dei quartieri più popolari di Napoli.
    Insomma che sia stato un clochard, un gruppo di teppistelli o qualcuno o qualcos’altro, poco importa, quell’opera è andata dignitosamente incontro alla propria fine, una fine annunciata sì, ma spettacolare, degna del rogo di Giovanna d’arco, una catarsi, una vera e propria performance artistica!

  8. L’arte contemporanea è spesso effimera, credo che neanche Pistoletto ritenesse questa versione gigante della sia Venere.in capolavoro, dal.momento che rappresenta un’autocitazione dello stesso autore di un’opera ormai datata per il suo messaggio provocatorio. Potente, dissacrante e persino educativa è l’opera nuiva in cui si è trasfigurata la Venere per mano di in folle, ma spesso i folli sono dei visionari…Sarebbe un errore riprodurla, metterei piuttosto in sicurezza lo scheletro, che qua la sicurezza ha fatto a qua da tutte le parti!

  9. Caro Antonio il fuoco purificatore provocato da un gesto inconsapevole è nel flusso dell’arte performativa.prendiamola così

    1. antonio Sacco

      Caro Elio non addolorarti , l’arte contemporanea è tale solo perchè viene fatta ora , ti posso assicurare che la comprensione del presente e la sua complessità è la sfida con cui confrontarsi in ogni ambito , l’arte cerca solo di dare un ordine al caos a volte ci riesce altre volte il caos è ancora lì sovrano….

  10. Eccomi zona grigia…
    Lo dico. A me quel monumento o opera d’arte pubblica non è piaciuta per niente. Un ingombro visivo eccessivo e poi l’abbiamo vista milioni di volte in milioni di copie. A noi hanno consegnato “modello torre”. Non ne avevamo bisogno.
    Opera vecchia. Napoli è piena di scarti. Gli stracci li trovo offensivi. Il mercato delle “pezze” di Resina ha vestito generazioni di frikkettoni. Me compresa.
    Inoltre incivili quei tessuti che raccoglieranno polvere, sporco, topi. Deiezioni di cani.
    Non mi ha commosso quel fuoco. Ma mi indigna questa raccolta fondi, iban, per rifarla identicamente insopportabile.
    Ci sono tanti modi, idee attuali, più filosofiche di questa ridondante retorica del simbolismo di venere e degli stracci, per dare indicazioni di bellezza.
    Fossi Pistoletto chiederei di finirla qua. Fatta, rifatta, ingigantita, distrutta. Mi sembra sufficiente.
    Anzi finanzierei, fossi in lui, un concorso di idee per un lavoro davvero pubblico e davvero dedicato e ispirato a questa stupenda città.

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