Diario di uno che vorrebbe capire: 27 febbraio 2023

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Domenica scorsa, come programmato, siamo andati a votare per le primarie nella sezione del PD cui faceva capo il nostro seggio elettorale. Pienamente consapevoli dell’esigenza di un radicale rinnovamento del principale partito della sinistra, ci siamo accodati alla fila dei pensionati che ci precedevano. A occhio nudo c’era un solo elettore presumibilmente in età lavorativa: di giovani nemmeno l’ombra con la sola eccezione dei due addetti alla consegna delle schede.

La prima considerazione ha riguardato l’inutilità di limitare l’operazione alla sola domenica: tenuto conto che i pensionati sono l’asse portante del PD, la cosa poteva essere estesa tranquillamente a tutta la settimana collocando i due pensionati meno rimbambiti alla consegna delle schede.

La seconda riflessione, meno banale, che ci siamo scambiati mia moglie ed io è che queste erano forse le ultime primarie, e quindi in effetti le ultimarie del PD. Quanti dei presenti, ci siamo domandati guardandoci teneramente negli occhi, saranno ancora in circolazione tra quattro o cinque anni? Quanti dei sopravvissuti saranno ancora in grado di intendere, di volere, di uscire di casa, di salire le scale (c’è sempre qualche scalino da affrontare) e di stare in piedi per un bel po’? E il PD sarà ancora in vita? O sarà morto di parto nel mettere al mondo due nuovi partitini gemelli? Ci siamo un po’ avviliti pensando che, in fin dei conti, le primarie non hanno quasi mai risolto i problemi della sinistra in generale.

Scambiando qualche parola con gli astanti abbiamo scoperto che non era necessario esibire il certificato elettorale. Ce ne siamo sorpresi e la cosa ci ha non poco insospettiti perché, in assenza di questo controllo, qualunque elettore poteva recarsi a votare in più seggi per favorire il candidato preferito da lui o dal suo eventuale mandante, munito di un adeguato multiplo dei due euro richiesti. Questo sospetto è venuto meno quando ci siamo accorti che i due giovani addetti verificavano che ciascuno degli elettori sforniti del certificato fosse realmente iscritto negli elenchi dei seggi che si erano in precedenza procurati. E tuttavia un minimo di inquietudine ci è rimasto perché il broglio è dietro l’angolo dappertutto, specialmente nelle regioni e nei comuni dominati da “viceré”.

Tutte le nostre preoccupazioni sono però miracolosamente cadute quando la sera a casa abbiamo cominciato a seguire i risultati provvisori dello spoglio. I nostri cuori si sono aperti alla speranza e abbiamo rivalutato i nostri colleghi pensionati che, come noi, erano stati in fila compostamente per dare il voto ad una donna trentasettenne. Abbiamo poi appreso che altrove avevano votato anche molti giovani e ne siamo stati felici. Qualche sospetto è riaffiorato quando, leggendo stamattina il giornale, abbiamo preso atto delle percentuali quasi bulgare ottenute da Bonaccini a Salerno e a Bari. Ombre però fugate con la volenterosa constatazione che la dinastia dei De Luca, così come il sindaco De Caro, da buoni amministratori, hanno sostenuto un altro buon amministratore, quale certamente è Bonaccini.

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