Via Ferrante Imparato: seguendo il filo rosso della Storia

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Tanzio da Varallo (o copia da?), Ritratto di Ferrante Imparato, Pisa – Museo dell’Orto Botanico (Fonte: Wikimedia)

Uno stradone pieno di buche tormentato dal sole o sferzato dal vento, ai lati scheletri di capannoni industriali, per arredo urbano alberelli striminziti e prostitute di colore con relativi falò di pneumatici. Un qualsiasi scenario extra urbano dove sfilano veloci gli autoarticolati. Agli opposti incroci della bisettrice nord-sud targhe scolorite di marmo c’informano che la via è intitolata a Ferrante Imparato. Se per un fortuito caso vi troverete a percorrere l’arteria viaria per raggiungere l’autostrada in un giorno di pioggia, maledicendo l’amministrazione cittadina, vi chiederete forse cosa avrà combinato di male questo Imparato per avere in dono cotanta dedica toponomastica.

Ferrante Imparato nacque a Napoli nel 1525 e fu erborista e farmacista eccelso in quegli anni in cui la nostra città fu secondo agglomerato urbano del Mediterraneo per dimensioni e popolazione, dopo Istanbul. Nell’epoca della transizione del potere tra la dinastia aragonese dei Trastámara e l’insediamento del viceré spagnolo, in quel periodo che va sotto il nome di “rinascimento napoletano”, si assistette ad una enorme fioritura delle arti e delle scienze. Questo fenomeno culturale fu reso possibile grazie alla visione politica di re Alfonso il Magnanimo che pose un freno all’opera oscurantista dell’Inquisizione nel regno dichiarandosi protettore dei liberi pensatori e degli artisti in genere. Importanti figure di raffinati e colti intellettuali e studiosi si radunarono a corte, alcuni dei quali, nel segreto dei loro laboratori, si dedicarono allo studio dei saperi ermetici e dell’alchimia che da numerosi secoli permeava la Capitale del Regno. “Alchimia”, termine che suscita da tempi immemorabili interesse, mistero e curiosità, secondo la definizione Treccani: Complesso di conoscenze pratiche (metallurgiche, farmaceutiche, ecc.), filosofiche ed esoteriche che, sviluppatosi nel mondo arabo e in Europa nel Medioevo, propugnò, tra l’altro, la trasmutabilità dei metalli vili in oro; la sua fine si colloca al termine del Rinascimento, con il sorgere del metodo sperimentale nelle scienze e il declino delle pratiche magiche.

Ferrante Imparato è un uomo del nuovo secolo, borghese di nascita, acuto osservatore per vocazione, per lui il sapere è essoterico e non esoterico, la conoscenza deve essere alla portata di tutti e non è delittuoso ricavarne un guadagno. Grazie alla sua attività di farmacista ed erborista riuscirà in poco tempo a farsi una posizione economica di prestigio. Ferrante è un professionista che non ha formazione universitaria ma un vasto sapere pratico, acquisito dopo un lungo apprendistato sotto la guida del padre. Anni passati al chiuso di uno studiolo alchemico a preparare le ricette prescritte dagli archiatri: maneggiare e imparare le erbe, le spezie e gli altri prodotti di origine vegetale come le resine e i balsami, ma anche minerali e persino alcuni animali (la carne di serpente era un ingrediente indispensabile della celebre teriaca). Quando si sente pronto, apre la sua bottega nella centralissima Via Santa Chiara. Mortai, storte, alambicchi e altre attrezzature per pestare, impastare, distillare sono in bella vista. Ferrante inizia un fitto rapporto epistolare con altri studiosi europei e partecipa annualmente alla fiera-mercato del libro a Francoforte dove scambia idee e materiali di ricerca. Accumula nel tempo un vasto campionario di elementi appartenenti ai tre regni naturali (animale, vegetale e minerale), non solo li cataloga pubblicandoli nella sua opera principe (Dell’Historia Naturale – Libri XXVIII – Napoli 1599; Venezia 1610 e 1672; traduzione latina, Colonia 1695) ma li espone, in una sorta di museo nella sua casa a Palazzo Gravina, attuale sede della Facoltà di Architettura di Napoli.

Napoli, teatro della natura di palazzo Gravina

Una elegante scaffalatura in legno mostra scatole, sacchetti e boccette; sulla parete di fronte, una libreria traboccante di volumi. E poi tassidermie di uccelli esotici e di animali, soprattutto marini. Tra tutti spicca un coccodrillo, vera star della camera delle meraviglie. Per volontà dello stesso Imparato, i visitatori interessati possono, non solo ammirare la collezioni, ma usufruire del laboratorio del maestro e raccogliere le erbe medicamentose dal giardino botanico pensile su cui si affacciava la “Wunderkammer”, un vero museo interattivo ante litteram.

Ferrante Imparato godette di grande fama in vita; la sua sterminata opera letteraria, tra cui un Erbario composto da 80 volumi, fu letteralmente un must della farmacopea. Purtroppo, a causa delle vicende legate alla peste che imperversò su Napoli alla fine del Seicento, le collezioni furono disperse. Nel Settecento Sante Cirillo ereditò parte della smembrata collezione: lo stesso Cirillo, botanico e membro della Royal Society, li trasmise al nipote, il patriota partenopeo, patologo, botanico e medico, Domenico Cirillo.

Napoli, piazza dei Martiri, leone morente, simbolo dei martiri della Repubblica del 1799

Come sappiamo Domenico partecipò attivamente alle vicende della Repubblica del 1799, insieme alla meglio gioventù napoletana. Sconfitto dalle orde sanfediste sul ponte della Maddalena, Cirillo fu arrestato e rinchiuso nella “fossa del coccodrillo” di Maschio Angioino.

Si racconta che durante il processo a Cirillo, mentre Orazio Nelson e lady Hamilton imploravano la grazia per il condannato, Ferdinando IV, infuriato, prese all’improvviso la parola esclamando: «Noi siamo re per diritto divino tu davanti a me, Cirillo, chi cazz’si?» Domenico Cirillo rispose: «Per i miei figli fui padre, per i miei pazienti medico e amico. Al tuo cospetto, codardo, io sono un eroe.»

Cirillo fu impiccato in piazza del Carmine e il suo corpo seppellito nella fossa comune. Il giorno stesso della sua esecuzione, il governo borbonico permise a una folla di fanatici sanfedisti di saccheggiarne la casa, distruggendo molti scritti e materiali scientifici di inestimabile valore, incluso l’Erbario di Imparato. Fortunosamente, si salvò un solo volume che fu venduto alla Biblioteca nazionale di Napoli, dove è oggi custodito.

Tornando all’inizio di questo racconto, stando a quanto riferisce Gino Doria, il toponimo viario di Ferrante Imparato fu scelto, nel primo dopoguerra, dalla commissione urbanistica del Comune di Napoli per ricordare l’illustre scienziato ed omaggiare il costruendo polo petrolchimico-farmaceutico che sarebbe sorto nella zona al limite tra i quartieri periferici di Poggioreale e Barra.

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