L’aria che verrà

tempo di lettura: 5 minuti
Foto di Antonio Sacco

Camminare aiuta a pensare ma in questa estate a Napoli è risultato, e risulta, difficile fare entrambe le cose. Avvolta da una cappa di afa, la citta sembra diventata un luogo dove il bene più prezioso, l’aria, con la sua percentuale di ossigeno, inizi a ridursi tanto da rendere difficile anche il “solo” respirare. In uno dei tanti giorni di questa estate ho camminato lentamente lungo la strada immediatamente prossima alla mia casa, ma mi sono ritrovato boccheggiante e madido di sudore dopo aver percorso solo qualche centinaio di metri.

Anche il mio pensiero mi è sembrato rinchiuso in una bolla di calore da cui era ed è difficile uscire. Ho dei flashback, cose viste mi ritornano alla mente. Un giovane al Fridays for Future Italia, il meeting internazionale sul clima del 25-29 luglio 2022 svoltosi a Torino, che sventola lo striscione con la scritta a caratteri forti “sarà l’estate più fresca del futuro”. Sembra un presagio più che uno slogan. In questo 2022 la siccità, con le sue drammatiche conseguenze, ha afflitto molti territori in Italia, in Europa e in altre parti del globo. Un ennesimo segnale negativo: è indubbio che le temperature del Pianeta si stanno innalzando, che è in corso un cambiamento climatico e tanto, troppo, di tutto ciò è stato determinato dallo scellerato agire umano.

Il mio muovermi in città è segnato da un altro grande disagio. Le temperature per strada hanno raggiunto anche i 38 gradi ma nei supermercati, negli uffici pubblici, nei grandi negozi di abbigliamento e anche nei bar, dove ci si rifugia prendendosi un caffè, la temperatura scende a 18 gradi. Gli ambienti sono raffreddati con condizionatori istallati in maniera arbitraria, sparati alla massima potenza. M’investono di continuo flussi gelidi. Repentini cambi di temperatura che mettono a dura prova la mia capacità corporea di adattamento. Diversi sono gli effetti dolenti sul mio corpo. Tutto ciò ha anche un disastroso impatto sull’ambiente circostante.

Nella bolla di calore che ancora avvolge il mio pensiero si fanno strada con non poche difficoltà ricordi di lettura di studi scientifici che misurano le conseguenze dirette dell’uso di condizionatori d’aria: aumento nell’atmosfera di gas nocivi, anidride carbonica, Co2, ma soprattutto anidride solforosa e ossido di azoto. Questi ultimi due sono causa di seri problemi respiratori e procurano gravi danni all’ambiente. L’emergere di tali ricordi, proprio nei momenti in cui un’aria asfissiante mi circondava e mi circonda, continuano ad aiutarmi a capire meglio uno dei perché si boccheggia e le forze vengono a mancare. Studi recentemente pubblicati su Enviromental Science & Technology o condotti dal CNR hanno misurato, con percentuali e tabelle, quali e quanti danni i sistemi di condizionamento producono sull’ambiente. Ci stiamo rinchiudendo in una folle spirale senza fine, in un circolo vizioso: più aumentano le temperature e più ne aumentiamo le cause utilizzando mezzi artificiosi. Consumiamo sempre più energia per alimentare condizionatori d’aria, ventilatori e altri marchingegni per renderci sopportabile la vita in città quando le temperature salgono in maniera vertiginosa e i tassi di umidità sono insopportabili.

Quando un soffio d’aria fresca che arriva da chissà dove mi rinfresca per qualche attimo, ricordi, che vengono da un tempo lontano, mi tornano in mente. Mia nonna Maria durante la mia infanzia mi spiegava come fare il fresco in casa (allora i condizionatori erano veramente rari): tenere socchiuse le persiane delle finestre non facendo entrare il sole nelle ore più calde, lavare con il bicarbonato il pavimento per tenerlo fresco. Diceva poi che gli alberi ci donano la frescura. Nonna Maria apriva le finestre a orari che seguivano il canto di un uccello che non ho mai capito quale fosse, non lo diceva. I suoi gesti sembravano guidati da una sorta di connessione misterica, magica, con il mondo naturale. Pensieri, comportamenti, magie che, anche a Napoli, da tanti considerata la città dai mille misteri, appartengono a un passato ormai dimenticato.

Eppure non ci sarebbe cosa più semplice da fare per mitigare gli effetti del caldo e migliorare la qualità dell’aria. Lo sanno bene gli altri animali ma lo sa da sempre anche l’uomo. È all’ombra degli alberi, al riparo dal sole e dal caldo, che saggi, pensatori, filosofi o semplici pastori, contadini, operai sono da sempre ritratti per trasmetterci sensazioni di pace e serenità. Gli alberi bloccano i raggi solari e mantengono più freschi il terreno e gli edifici intorno. Si possono misurare sbalzi di temperatura fino ai 12 gradi inferiori tra un terreno ombreggiato da un albero e uno esposto al sole. Dai nostri 38/40 gradi si passa ai 28 e fino al 90% di radiazione solare è bloccato dalla chioma. All’ombra degli alberi gli edifici e le altre superfici dure assorbono e immagazzinano meno calore, liberandone molto meno nell’atmosfera, attenuando così quello che è definito “effetto isola”, quel “processo che fa aumentare la temperatura dell’aria, nelle ore serali in città”. Di sera tutti si aspettano il fresco, l’aria nuova, ma il caldo invece aumenta proprio perché rilasciato dalle case, dalle strade e dalle pietre esposte per ore al sole diretto. Diverse amministrazioni comunali in Italia e all’estero stanno attuando piani di rimboschimento delle città per affrontare il problema. A Napoli se ne parla da tempo, ma si agisce molto poco anzi gli alberi si tagliano, non si piantano o ripiantano, si realizzano al loro posto grandi piazze vuote che diventano roventi sotto il sole. Un cattivo agire che si ripropone di continuo come la più recente trasformazione di piazza Municipio e in passato la trasformazione di Piazza Dante e l’enorme spazio di Piazza del Plebiscito. Enormi superfici di pietra lavica e nera che si trasformano in piastre roventi, vere e proprie fornaci urbane, che contribuiscono con il loro riscaldamento nelle ore di maggiore irraggiamento solare ad aumentare la temperatura in città mettendo a dura prova la capacità addirittura semplicemente di attraversarle.

Esistono, però, azioni che possono essere realizzate in una scala molto più piccola e con un effetto immediato. In termini di verifica di qualità dell’aria e del relativo benessere che ne consegue, potremmo fare subito un test applicando quella che è chiamata la regola del numero 3. Secondo questa semplice regola, se apriamo una finestra della nostra casa dovremmo vedere almeno 3 alberi; se usciamo per percorrere la strada a piedi dovremmo incontrare a 30 metri almeno un giardino pubblico; se poi ci allontaniamo di 300 metri, dovremmo poter entrare in un parco pubblico, per passeggiare, fare jogging, annusare i profumi della terra, dei fiori delle foglie e poter naturalmente percepire il cambio delle condizioni meteorologiche e delle stagioni. Uno spettacolo che la natura ci offre gratuitamente senza pagare nessun ticket. Applicando questa semplice regola è facile capire quanto sia faticoso vivere a Napoli. In tante altre grandi metropoli applicare questa regola dà ben altri risultati. Un esempio per tutti, Berlino con il Tiergarten, un parco di 210 ettari di natura lussureggiante, è proprio al centro della città, un cuore verde che regala benessere.

Personalmente ho fatto il test e i risultati verificati mi sottraggono altre forze e speranze quasi a impormi di fermarmi, di non uscire da casa. Dalla mia delusione nasce la voglia di lanciare un appello a tutti i miei concittadini. È il momento di metterci tutti a lavoro per cambiare qualcosa. Potremmo iniziare a piantare un albero fuori la nostra finestra e, se non c’è spazio, trovargliene uno, invece che accendere o comprare l’ennesimo condizionatore in-condizionata-mente. Un semplice fare che potrebbe iniziare a cambiare il nostro boccheggiante presente. Qualcuno dirà che il surriscaldamento della Terra è un problema mondiale, a limitarlo e frenarlo ci devono pensare i governi o il sindaco. Siamo bloccati da un pensiero negativo: io non posso cambiare nulla da solo. Non è così. Il mondo si costruisce e si cambia pezzo per pezzo e gli artefici della sua salvezza e trasformazione possiamo essere noi, nel bene e nel male, possibilmente tutti insieme, ma se ciò non accade, che qualcuno inizi! Anche a Napoli è ancora possibile ritrovare una speranza. Ci sono molti punti dove un tempo c’erano alberi poi abbattuti, lasciati seccare e mai più ripiantati. Basterebbe iniziare da lì. Coraggio, spegnete il condizionatore, siate fiduciosi, aprite le finestre, forse un albero e il canto di un uccello, che non riconosciamo ormai più, annunceranno l’aria nuova che verrà.

9 commenti su “L’aria che verrà”

  1. Sono d’accordo! Ma credo che l’uomo (quasi tutti ) non è (ancora?)consapevole o in malafede e quindi ecco le conseguenze.

    1. Sono perfettamente d’accordo, su tutto. Penso che dovremmo considerare l’argomento qui trattato, con la fondazione di un movimento ad hoc.

  2. Sono ora di ritorno da Stromboli (cara a Valeria e Antonio) dove ho assistito ad uno dei peggiori disastri ambientali degli ultimi tempi. Per girare alcune scene di una fiction dal titolo profetico Protezione civile hanno inscenato un finto incendio che è andato fuori controllo e ha determinato un incendio devastante nell’isola. Dopo un po’ di tempo c’è stata una pioggia altrettanto devastante che ha fatto scendere a valle fanghiglia e cenere a tonnellate. Una vera eruzione a freddo. Molte case sono state invase dal fango fino a 2 m di altezza e questo fango polvere terra e cenere ha invaso le strade dell’isola. La stessa pioggia ha fatto andare a mare buona parte di questa poltiglia che ha inquinato le acque intorno all’isola. Una catena di eventi catastrofici che alla fine hanno reso l’isola inabitabile per molti strombolani rimasti senza casa e per molti visitatori intossicati dall’aria piena di terra fango e polvere. Tutto questo per girare una scena di una fiction televisiva con quella bip di Ambra che poi è ritornata Stromboli facendo finta di spalare e aiutare gli isolani.
    Vi assicuro; tutto raccapricciante!

    1. Totalmente d’accordo con il bravissimo autore dell’articolo. Antonio ci fa riflettere e ci fa capire che esiste una soluzione ed è a portata di mano.
      Rimboccarsi le maniche e provare a riconquistare la nostra “aria nuova” 👏🏼👏🏼👏🏼

    2. Eduardo Alamaro

      terrificcante … un finto incendio andato fuori controllo che ha determinato un incendio devastante … per una fiction televisiva …

  3. Pia Criscuolo

    Colpa della generazione post bellica, spiace dirlo perche si tratta dei nostri genitori, ma sono loro che hanno rinnegato la cultura e la civiltà rurale per quella metropolitana, trasformando le cantine in sala biliardo, lasciando a terra i frutti o facendoli marcire sugli alberi che a un ceryo punto do o stati abbattuti per costruire piscine, campi da tennis o dependance.

  4. Mi piace questo articolo, scritto in maniera semplice ma con parole efficaci, dovrebbero leggerlo gli amministratori locali e centrali per capire che non è difficile creare aree verdi, piantare alberi o ripianare là dove sono stati sradicati.
    La speranza che tutto migliori, a vantaggio non solo del nostro pianeta ma di tutti noi, è l’ultima a morire, si speriamo che questa lettura illumini le menti di coloro che ci amministrano.

  5. Eduardo Alamaro

    Anche a Napoli è ancora possibile ritrovare una speranza. … aprite le finestre, … forse un albero e il canto di un uccello, che non riconosciamo ormai più, annunceranno l’aria nuova che verrà. Bellissima chiusura, bravissimo. Io ho soffermo molto questa estate, coi miei 75 anni (a ottobre).

  6. Giuliano Pennacchio

    Se non vi sarà una rivoluzione delle coscienze, cioè un moto sociale e poi culturale che parta dalla società l’aria sarà sempre più irrespirabile. Le società, sopratutto quelle moderne, per cambiare hanno bisogno di eventi collettivi che incidano sull’immaginario. Cosa è stato il 68? Oggi la battaglia contro il cambiamento climatico indotto dal riscaldemento del clima potrà avere un successo se lo comunità locali si doteranno di produzioni di energia alternativa, se i trasporti individuali cambiareno con una modalità green, se le produzioni saranno riconvertite, se il consumo del suolo finirà, insomma serve una rivoluzione!

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Torna in alto