
In un recente articolo abbiamo paragonato Donald Trump, fresco di elezione alla presidenza, a un novello Costantino, l’imperatore romano che nel 313 E.V. introdusse il cristianesimo nel suo regno rendendolo così la sua religione ufficiale e ponendo fine alle persecuzioni dei cristiani.
Ma, vedendo la piega che sta prendendo la questione religiosa con la nuova presidenza USA, ci sentiamo di proporre un nuovo paragone, ovvero quello di Trump con Enrico VIII, che d’imperio stabilì la separazione della chiesa d’Inghilterra dal papa, divenendo egli stesso il capo della nuova chiesa riformata. Perché quel re decise un gesto così clamoroso che cambiò profondamente gli equilibri europei del tempo? Forse per una crisi religiosa, una rivelazione divina come accadde a Saulo di Tarso sulla via di Damasco? Niente di tutto questo. Si trattò nient’altro che di un capriccio che volle soddisfare ad ogni costo. Poiché la chiesa cattolica, a cui lui apparteneva, non consentiva il divorzio che a lui serviva per risposarsi con Anna Bolena (per liberarsi della quale poi la fece decapitare per adulterio), con un colpo di mano, dopo essere stato scomunicato dal papa Clemente VII, fece approvare dal Parlamento gli atti che sancirono la frattura con Roma nella primavera del 1534.
Sarebbe ora interessante sapere cosa pensano i 71 milioni di americani di fede cattolica e il loro papa, circa la svolta “religioso-confessionale” inedita di Trump, che entra a gamba tesa in un campo così delicato della vita di una nazione il cui capo si dice scelto direttamente da Dio. Nemmeno il papa gode di questo privilegio, eletto com’è da numerosi cardinali dopo accanite dispute e maneggi correntizi.
In tutt’altro campo, ma con analoghi effetti, la nostra Premier sta seguendo, passo dopo passo, le orme del Donald americano, operando anche lei una profonda lacerazione nel tessuto dell’Unione Europea, che sembra le vada sempre più stretta. Stavolta, la Nostra è intervenuta nel cuore stesso dell’Unione, infliggendole un colpo maldestro e mettendo così il nostro Paese in una posizione conflittuale con l’Europa — che è la nostra casa naturale — per schierarsi con i suoi avversari. Tutto nasce dalla ben nota vicenda di Almasri, lo spietato carnefice libico che il nostro Governo, contro ogni logica e giurisprudenza, ha liberato e fatto rientrare nel suo paese con tutti gli onori, dove potrà continuare a esercitare la sua attività di aguzzino. Questa iniziativa del Governo italiano è stata uno sfregio alla CPI, la Corte Penale Internazionale con sede all’Aja, che ha giurisdizione su tutti gli Stati che a suo tempo contribuirono alla sua fondazione a Roma nel 2002 e ne fanno tuttora parte, tranne gli Stati Uniti, la Russia, Israele e l’Ucraina. Tale Tribunale ha anche a suo tempo aperto un contenzioso con gli Stati Uniti, accusati di violazione dei diritti umani, contenzioso al quale questi ultimi hanno risposto contrattaccando e mettendo sotto accusa il CPI. In questa complicata vicenda l’ONU e l’Unione Europea sotto la guida di Ursula Von der Layen, insieme ad altri 79 stati, si sono schierati dalla parte del Tribunale dell’Aja, ma l’Italia, a guida Meloni, si è sfilata e non ha firmato, e questa è l’ennesima prova della deriva trumpiana di Meloni, che si sta gradualmente allontanando dall’Europa, in questo facendo da sponda al Presidente americano, la cui strategia è quella di indebolire il sistema multilaterale delle Nazioni Unite per esprimere una politica di potenza, e l’Italia, con il rifiuto di porsi al fianco del CPI, si sta rendendo complice di questo disegno, isolandosi dall’Europa e deragliando dalla sua tradizione diplomatica.
Quindi ci troviamo di fronte ad un vero e proprio vassallaggio che va nettamente contro il nostro interesse nazionale; sembra quasi che Meloni abbia scelto il ruolo di quinta colonna di Trump per disgregare l’Europa. Così agendo ha indirettamente polemizzato con il Capo dello Stato, che a Marsiglia, ha rivolto un monito solenne a tutti, ricordando come l’aver minato l’ordine internazionale e il sistema unilaterale precipitò il mondo nell’abisso della seconda guerra mondiale. La CPI è un’acquisizione fondamentale del diritto sovranazionale, peraltro nata a Roma. Se il Governo l’attacca, allora le parole del nostro Presidente, il suo monito, si applicano anche all’Italia.
La deriva trumpiana della Giorgia nazionale era stata accolta con soddisfazione da chi riteneva che Meloni sarebbe stata la Trump-card vincente da giocare nelle relazioni tra la vecchia Europa e la nuova America. E, come scrive Massimo Giannini su la Repubblica: «Com’era facilmente prevedibile — per chi non fosse del tutto accecato dalla malafede — non c’è conflitto aperto da Donald che non veda Giorgia schierata al suo fianco. L’offensiva parallela e incrociata tra Washington e Roma contro la Corte Penale Internazionale è paradigma della “dottrina Maga”, smerciata al popolo USA dal tycoon rieletto alla Casa Bianca, e della “dottrina Mega” riciclata ai popoli dell’Unione Europea dal super genius Elon Musk e prontamente abbracciata dalla sorella d’Italia persino al palazzo di vetro dell’ONU».
Così muore la nostra politica estera. Così svaniscono decenni di adesione al multilateralismo e alle istituzioni internazionali. Così Meloni, per conto dell’egoarca di Washington, diventa l’interprete più fedele di quello che Mattarella definisce il “vassallaggio felice” al quale si sta condannando l’Europa. Ed è contro questo destino, contro questo cambio d’epoca, che le sinistre unite (esistono ancora?) dovrebbero battersi e dimostrarsi all’altezza di una sfida che è insieme politica e culturale. Nelle stesse ore in cui la sorella d’Italia e la sua schiera di seguaci vociavano contro tutte le magistrature del globo terracqueo, il Capo dello Stato, nel suo discorso all’università di Marsiglia, come abbiamo già visto, ricordava le tragedie del Novecento, sottolineando le virtù del multilateralismo e della solidarietà che ci hanno garantito settant’anni di pace. E ora, di nuovo, “la disillusione verso i meccanismi di cooperazione nella gestione delle crisi”. Il rischio di finire schiacciati tra «oligarchie e autocrazie». Il pericolo mortale dell’abbandono degli organismi internazionali e del ripudio delle norme che ci governano. È evidente che per Meloni le parole del nostro Presidente sono solo ciarpame pronto per la discarica della storia. Ecco perché vogliamo chiedere al nostro Presidente del Consiglio dove sta andando. Che non fosse una politica di provata esperienza già lo sapevamo. Che fosse un’erede del partito che più di ogni altro ha, nel non troppo lontano passato, distrutto l’Italia, lo sapevamo anche; ma adesso con questo suo “vassallaggio” al “prescelto” americano e al suo compare miliardario, sta dimostrando in pieno la sua inadeguatezza a dirigere non solo l’Italia, ma qualsiasi altro consesso dove la politica e l’orgoglio nazionali dovrebbero prevalere su ogni altra considerazione. Allora, Giorgia, rispondici: dove ci stai portando?