L’illusione del Diavolo

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Insieme ad alcuni neurobiologi, filosofi e scrittori come Krauss, Harris, Dennett e Hitchens, Richard Dawkins è considerato, ai nostri giorni, uno dei maggiori esponenti di una sorta di crociata contro la religione e contro Dio. Questi autori sembrano uniti da un grande obiettivo comune, quello di criticare aspramente l’esistenza di Dio e della religione stessa. Quest’ultima, nella loro accezione, viene considerata come una “disfunzione evolutiva”.

Richard Dawkins sostiene, al riguardo, che la scienza costituisce a tutti gli effetti la nuova e principale fonte di prova che qualsiasi congettura a proposito di un creatore non sia affatto necessaria, e parla delle origini della vita e della consapevolezza, come di eventi straordinari scatenati da un “colpo di fortuna” (Richard Dawkins, L’illusione di Dio. Le ragioni per non credere, Milano 2007, p. 143).

Nel suo libro, L’illusione di Dio, Dawkins asserisce che la religione è falsa e, sfruttando la propria fama nel campo della biologia, che Dio non esiste. Scrive, infatti: “l’evoluzione darwiniana, in particolare la selezione naturale… distrugge l’illusione del ‘progetto intelligente’ all’interno del mondo biologico, e ci insegna a guardare con sospetto a qualsiasi ipotesi di progetto anche in fisica e cosmologia” (p. 119).

La natura è vista da Dawkins prevalentemente all’insegna della competizione, dell’aggressività e della “sopravvivenza del più adatto” e, come già aveva asserito il filosofo e sociologo Herbert Spencer, promuove un concetto molto simile alla “volontà di potenza” di Nietzsche: “io penso invece che l’immagine di una «natura con i denti e gli artigli rossi di sangue» riassuma in modo mirabile la moderna concezione della selezione naturale… io sosterrò che una qualità predominante da aspettarsi in un gene che abbia successo è un egoismo spietato. Questo egoismo del gene provocherà, in genere, egoismo nel comportamento dell’individuo… l’amore universale e il benessere della specie nel suo insieme sono concetti che non hanno alcun senso dal punto di vista dell’evoluzione… Siate consapevoli che se desiderate, come me, costruire una società in cui i singoli cooperino generosamente e senza egoismo al bene comune, dovete aspettarvi poco aiuto dalla natura biologica”. (Richard Dawkins, Il gene egoista. La parte immortale di ogni essere vivente, Novara 1995, pp. 4 e 5)

Affermazioni così categoriche suscitarono, però, alcune perplessità, ad esempio, da parte di Amir D. Aczel, a suo tempo professore di storia della scienza e storia della matematica alla Bentley University del Massachusetts e al Center for Philosophy and History of Science della Boston University, che in un suo saggio scrive: “L’affondo portato da Dawkins è che la religione non è soltanto un male, ma è anche stupida, e che alle persone religiose non si debba alcun rispetto da parte del resto della società (nel capitolo 1 di L’illusione di Dio, Dawkins presenta un intero paragrafo intitolato “Rispetto immeritato”, in riferimento al suo punto di vista che le persone religiose non meritino alcun riguardo per le loro convinzioni). Però, dopo un simile, infuocato e sistematico attacco incentrato sulla follia della religione, Dawkins si pone soltanto al livello 6 di ateismo, in una scala che ha ideato egli stesso e nella quale al primo livello si trovano coloro che hanno una fede assoluta in Dio, mentre il settimo indica una certezza al cento per cento che Dio non esista. Perché il più insigne ateo al mondo improvvisamente attenua così la propria posizione?” (Amir D. Aczel, Perché la scienza non nega Dio, Milano 2015, p. XXII).

Perplessità che sorsero anche nel 2012 quando, in un incontro sul ruolo della religione nella vita pubblica, tenutosi presso l’Università di Oxford, con l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, sorprendendo tutti, Dawkins sostenne di “non poter essere così sicuro che Dio non esiste”, provocando l’incredulità del filosofo Sir Anthony Kenny, incaricato di presiedere la discussione. La notizia fece il giro del mondo. Più o meno la maggioranza dei quotidiani anglosassoni titolarono così: «Richard Dawkins, l’ateo più famoso del mondo dice di essere agnostico». (cfr. il Daily Mail online e il The week UK, entrambi del 24 febbraio 2012).

Recentemente, però, è stato lo scienziato, filosofo e autore statunitense David Berlinski a raccogliere la sfida sferrata da Dawkins. Ebreo laico, dichiaratamente agnostico, Ph.D. in Filosofia presso la Princeton University, professore di Filosofia, Matematica e Inglese alla Stanford University, alla Rutgers University, alla City Universitydi New York, e Matematica all’Università Sorbonadi Parigi, ha dato alle stampe un libro dal titolo chiaramente evocativo: L’illusione del diavolo. L’ateismo e le sue pretese scientifiche.

Lo scopo che il saggio si prefigge è quello di esplorare e mettere in luce “le contraddizioni interne al fondamentalismo scientifico e le sue evidenti affinità con il dogmatismo religioso, fino a incrinare la pretesa di coloro che insistono che la scienza – e solo la scienza – possa e debba essere l’unica e fondamentale pietra di paragone per comprendere il nostro mondo e noi stessi”. “Inserendosi nell’eterno dibattito tra scienza e religione”, e prendendo principalmente come riferimento il saggio di Richard Dawkins, L’illusione di Dio, l’autore mette in evidenza, «attraverso lo stesso metodo deduttivo usato dai suoi “avversari”, i limiti di entrambe le parti in una ricerca della verità che passa attraverso la presunzione di possederla già».

“Scienza e religione”, scrive, come “ha sottolineato Stephen Jay Gould, costituiscono due magisteri che non si accavallano tra di loro. La scienza è un qualcosa di raffinato, come lo è anche la religione”.

Nel testo si fa, inoltre, riferimento ad alcuni princìpi che sembra abbiano semplicemente sostituito Dio con la Natura: “la teoria dell’evoluzione di Darwin… funge da mito della creazione della nostra epoca, arrivando ad assegnare alla natura delle proprietà precedentemente assegnate a Dio”.

Un panorama, questo, che mi ha fatto ritornare alla mente quello che Anna Maria Tripodi, ricercatrice confermata presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Genova, descrive come uno “scenario di un naufragio i cui superstiti, privati della bussola, sono costretti nuovamente a idearla, progettarla, costruirla, al fine di tracciare ancora una volta rotte sicure per l’orientamento e la navigazione nel gran mare dell’essere”, in cui l’uomo dovrà necessariamente “ritrovare se stesso nella compiutezza delle proprie dimensioni – intellettuale, spirituale, temporale – e nella relazione con natura umana, Dio natura” (Anna Maria Tripodi, L’ateismo alle soglie del terzo millennio, Roma 2001, p. 72).

Berlinski ci ricorda che “ora sappiamo meglio di prima ciò che non sappiamo e non abbiamo ancora compreso. Non sappiamo come ha avuto inizio l’universo, e non sappiamo perché esiste… sappiamo poco sul modo in cui la vita ha avuto inizio, e non possiamo comunque provarlo con certezza. Non possiamo conciliare la nostra comprensione della mente umana con qualunque futile teoria sul modo in cui funziona il nostro cervello… non possiamo dire nulla di interessante riguardo l’anima umana… nessuna teoria scientifica accenna ai misteri affrontati dalla tradizione religiosa”. “Con quale mezzo accessibile all’immaginazione” – scrive.  “uno sterile e assolutamente insensato mondo fisico è riuscito a diventare un mondo umano così ciarliero, chiassoso, perenne e infinitamente vario?… Il mondo delle scienze fisiche non è il nostro mondo, e se il nostro mondo possiede delle cose che non possono essere spiegate facendo riferimento alle scienze fisiche, allora dobbiamo cercare altrove una loro spiegazione”.

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