Orsi, cinghiali e ucraini: difendiamoli tutti

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È l’epoca delle contrapposizioni frontali. Dopo l’aggressione letale dell’orsa Jj4 ci siamo divisi tra chi ne chiede la soppressione fisica e chi invece considera questa scelta un delitto contro la natura e la biodiversità. La questione è tuttora aperta e si spera di fare in modo che possano convivere nel rispetto reciproco sia i plantigradi che i trentini. La contesa tra gli abitanti della Capitale e i cinghiali è invece in alto mare. Non si sa che fine abbia fatto il provvedimento governativo che autorizzava qualunque possessore di armi (per fortuna in Italia non sono tanti come negli U.S.A.) ad accoppare ogni cinghiale sospetto, ma la tendenza è quella di equiparare i cinghiali agli immigrati: stessa maniera incontrollata di proliferare, diversamente dalle nostre coppie, e stessa attitudine a rubare il lavoro, in questo caso, a chi fruga nei cassonetti dei rifiuti.

La contrapposizione più significativa è ovviamente quella che si è andata delineando intorno al conflitto russo-ucraino. Qui il problema è un po’ diverso perché non vi è traccia di animali, almeno in senso biologico, se si escludono gli autori delle stragi di Bucha e simili. Ma lo squilibrio tra le dotazioni militari dei due contendenti non è diverso da quello che esiste tra gli uomini e gli animali che siano orsi, cinghiali o altro. Un ulteriore elemento da considerare è che lo scontro russo-ucraino, pur non svolgendosi nel nostro territorio, come quelli tra gli orsi, i cinghiali e i nostri connazionali, è però molto vicino ai confini dei Paesi dell’Unione Europea e della Nato alle quali l’Italia, almeno per il momento, aderisce. Questa vicinanza rende noi italiani, insieme agli altri Paesi europei, più sensibili alle ricadute del conflitto sull’economia e sulla serenità di quanto non lo siano i tanti conflitti altrettanto feroci che insanguinano territori più lontani.

Tutte queste diversità, nessuna esclusa, vengono tirate in ballo da chi sostiene che bisogna aiutare l’Ucraina e chi invece vorrebbe sospendere ogni aiuto militare ritenendo che solo così si riuscirà a trovare una soluzione diplomatica per far cessare la guerra. La contesa vede schierati a favore di quest’ultima opzione la maggioranza degli italiani, il M5s, Sinistra Italiana e +Europa. Ai quali si è aggiunta nel tempo un drappello di intellettuali capeggiati da Michele Santoro e sostenuto, tra le altre, da personalità come Massimo Cacciari e Carlo Rovelli, lo scienziato italiano del momento, autore di un saggio dal titolo “I buchi bianchi”, che va pubblicizzando in ogni dove. Alla legittima promozione del proprio lavoro il prof. Rovelli associa, appena può, un accorato appello a sospendere l’invio di armi all’Ucraina.

Questa richiesta è accompagnata dall’ormai scontata batteria di argomentazioni: i soldi spesi per gli armamenti potrebbero essere destinati ad usi sociali, le famose sanzioni creano più danni a noi che non alla Russia sanzionata, gli ucraini continuano a morire (anche un po’ di militari russi, per la verità) e, non ultimo, il richiamo alla nostra Costituzione che ripudia la guerra. Breve considerazione: così come in occasione della pandemia, filosofi, scienziati e cattedratici di discipline similari si improvvisano costituzionalisti. Nel caso della guerra in corso brandiscono l’art. 11 della Carta ricordandoci che “l’Italia ripudia la guerra”. Non è necessario scomodare Zagrebelsky o Cassese per invitarli a completare la lettura della norma costituzionale che suona così: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.” La Costituzione, bontà sua, sembra non escludere il ripudio di una guerra di aggressione che riguardi paesi diversi dal nostro, come quella della Russia che ha aggredito l’Ucraina. Affinché il ripudio non rimanga una vuota petizione di principio ma si materializzi, sarà pur necessario intervenire in qualche modo a favore del contendente aggredito che, di regola, è anche il più debole, o no? Ma i pacifisti nostrani non fanno alcuna differenza tra aggressori ed aggrediti. Se ne tenessero conto, per creare condizioni di equilibrio dovrebbero chiedere alla Russia di ridurre i propri armamenti piuttosto che pretendere dall’Italia e dal resto del mondo occidentale di non aiutare più gli ucraini. Dovrebbero tra l‘altro apprezzare che, mentre l’occidente invia in Ucraina armi molto avanzate l’Italia manda armi avanzate e basta, anzi addirittura non funzionanti come avvenuto con gli ultimi 20 pezzi di artiglieria.

Coerenza vorrebbe, dunque, che per avviare processi di mediazione condivisi si offrisse il proprio sostegno ai contendenti più deboli. Quindi, non potendo fornire armi ad orsi e cinghiali, sarà necessario disarmare i potenziali sterminatori, mentre, non essendo possibile disarmare i russi, occorrerà continuare ad aiutare gli ucraini che, tra l’altro, ce lo chiedono. Concetto abbastanza elementare sempreché i nostri testardi (e aggressivi) pacifisti non sottoscrivano tacitamente la versione putiniana del conflitto, nella quale risulta che la Russia ha dovuto invadere l’Ucraina per reagire all’accerchiamento minaccioso della Nato.  

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