La fama altalenante di Roberto De Simone

tempo di lettura: 4 minuti
Roberto De Simone (al centro) in compagnia dei fratelli, 2003 (Fonte: Wikimedia Commons)

Siamo seri: è ingiusto dover attendere la morte di un personaggio illustre per tesserne gli elogi. Lo è innanzitutto per lo stesso defunto che magari si è interrogato spesso negli ultimi giorni della sua esistenza su quanto spazio e quale risalto sarà dato al suo addio a questo mondo. Ma lo è anche per chi (pubblica autorità, giornalista o sacerdote celebrante che sia) è tenuto, col fair play d’obbligo in queste circostanze, ad esaltare le virtù del defunto col rischio di essere criticato per averle indebitamente esagerate o per avere comunque omesso i sui difetti e i suoi errori.

Chi, in occasione della recentissima dipartita di Maurizio Costanzo, ha menzionato nelle omelie o nei discorsi di commiato la sua iscrizione alla loggia P2 negli anni in cui si avvicinò a Berlusconi? E quando, di qui a cent’anni, toccherà al Pippo Baudo nazionale, chi ne ricorderà il patteggiamento, nel 1998, di una pena di un anno e nove mesi per concussione, frode fiscale, falso in bilancio ed evasione fiscale, pena sospesa con la condizionale e mai scontata? Era accusato di avere richiesto compensi personali extra per interpretare in modo più convincente le telepromozioni pubblicitarie, incassando in quattro anni circa un miliardo in nero da diverse ditte di rilevanza nazionale.

È dunque più onesto e utile elogiare gli uomini con un passato illustre e senza macchia quando sono ancora in vita, sperando che ciò possa confortare la loro estrema vecchiaia e costituire al tempo stesso un promemoria per chi si fosse dimenticato della loro esistenza e dei loro meriti.

Date queste premesse la prima persona che viene in mente è il maestro Roberto De Simone, assurto alle cronache qualche mese fa per aver denunciato la difficoltà di far fronte alle spese farmaceutiche necessarie alla sua sopravvivenza. Notizia per noi napoletani a dir poco sorprendente. Com’era possibile che un artista della sua portata fosse ridotto in quello stato? Nasce quindi il sospetto che il tempo, oggi non più galantuomo, annulli ogni ricordo. E allora tentiamo di ricostruire e di riassumere lo spessore di un personaggio che rientra a pieno merito nella storia della cultura, non solo napoletana, degli ultimi cinquant’anni.

Le mie personali memorie risalgono ai primi anni Settanta quando ebbi occasione di assistere a Milano, nel minuscolo Teatro Uomo (un centinaio di posti) di Porta Ticinese, ad una esibizione della Nuova Compagnia di Canto Popolare (NCCP) fondata da De Simone qualche anno prima e già apparsa un paio di volte in TV. Esperienza indimenticabile, che replicai nei mesi successivi presenziando a due concerti gratuiti presso due Licei della provincia. Colpivano di questo gruppo la passione, il rigore ma anche la schiettezza del loro approccio a un repertorio, riscoperto da De Simone, che retrodatava la tradizione musicale napoletana al Medioevo e al Rinascimento, ma nel quale confluivano anche brani popolari di epoche successive ingiustamente caduti nell’oblio.

Negli anni successivi ci godemmo i numerosi lp pubblicati dal complesso che presentavano ulteriori gioielli, villanelle reperite anche all’estero, canti e balli popolari napoletani e campani. Immutato rimaneva lo spirito di ricerca di De Simone e l’afflato, sempre più convinto e pertinente degli esecutori. Ma l’attività artistica di De Simone non si limitava alla ricerca musicologica e alla direzione della NCCP. In quegli stessi anni partecipava alla rinascita del teatro e della musica di Viviani in veste di accompagnatore e di arrangiatore, colto ed originale, delle musiche che ne accompagnavano i numerosi allestimenti scenici e televisivi. Ma il 1976 fu l’anno del trionfo: dopo la “prima”, applauditissima, al Festival dei Due Mondi di Spoleto, al Teatro San Ferdinando andava in scena “La Gatta Cenerentola”, elaborazione di una delle più note favole contenute ne “Lo Cunto de li Cunti” di Gianbattista Basile, testi e musiche di Roberto De Simone. Fu un successo di portata internazionale attribuibile al genio di De Simone oltre che alla bravura degli interpreti. Riascoltandola (è disponibile la registrazione sonora su cd e lp, ma non quella video, della prima, ineguagliata, edizione) ci si sorprende ancora dell’emozione che quelle musiche trasmettono. È uno sgorgare continuo di ritmi, di melodie e di contrappunti in una girandola di contaminazioni che affascina tuttora: si va dalla villanella cinquecentesca all’opera buffa, dal madrigale al melodramma verista e finanche alla sceneggiata: una piccola rassegna della musica partenopea, popolare e non, capace evidentemente di emozionare anche chi non padroneggia il dialetto napoletano. Tant’è vero che incontrò entusiastiche accoglienze anche a New York nel 1985 e a Edimburgo nel 1988: la rivista Rolling Stones Italia la inserisce nella classifica dei 100 dischi italiani più belli di sempre, pubblicata nel 2012.  

Dopo il vertice artistico de “La Gatta Cenerentola” l’attività di De Simone compositore è proseguita con numerose altre opere e collaborazioni musicali, ma la sua presenza nella cultura musicale non si è limitata alle sole opere teatrali. De Simone si è cimentato anche nella composizione e nell’interpretazione di musica pop “impegnata”. In veste di cantautore pubblicò un album dal titolo “Io narciso io” che ebbe un successo limitato e non sfondò verso il grande pubblico.

L’attività che ha consacrato negli anni la sua fama in campo internazionale è stata la regia teatrale che lo ha visto impegnato, con grande successo, nelle più celebri opere di Mozart, con alcune delle quali inaugurò le stagioni operistiche della Scala di Milano negli anni 80 e 90, ma anche nell’opera buffa napoletana con la messa in scena di numerose opere, soprattutto di Pergolesi e di Paisiello. L’importanza e la validità della sua intensa attività nel campo musicale lo hanno poi portato a coprire la carica di direttore artistico del Teatro San Carlo e successivamente di Direttore del Conservatorio di San Pietro a Majella.

Parallelamente De Simone non ha mai abbandonato l’attività di saggista e di narratore pubblicando una ventina di volumi, gran parte dei quali per Einaudi. In virtù di tutti i suoi meriti artistici e culturali Roberto De Simone ha ricevuto numerose onorificenze: Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana nel 1985, Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana nel 1998, Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana nel 2014. È inoltre insignito del Cavalierato delle Arti (Chevalier des Arts et des Lettres) dal Presidente della Repubblica francese.

A fronte di questa valanga di meriti e di riconoscimenti com’è possibile che il Maestro De Simone si sia potuto trovare in una situazione economica così difficile? La sua denuncia non è però caduta nel vuoto: molte autorità tra cui il sindaco Manfredi si sono attivate perché gli fossero riconosciuti i benefìci della cosiddetta legge Bacchelli. Questa vecchia norma istituì, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, un fondo a favore di cittadini illustri che versano in stato di particolare necessità, i quali possono così usufruire di contributi vitalizi utili al loro sostentamento. Requisiti per accedere all’aiuto sono la cittadinanza italiana, “l’assenza di condanne penali irrevocabili”, la chiara fama e meriti acquisiti nel campo delle scienze, delle lettere, delle arti, dell’economia, del lavoro, dello sport e nel disimpegno di pubblici uffici o di attività svolte, oltre ovviamente allo stato di particolare necessità. Intervistato al riguardo Roberto De Simone ha chiarito di aver già richiesto di poterne beneficiare ma la domanda si era evidentemente arenata negli anfratti della burocrazia (forse perché non sostenuta adeguatamente?). Ora il problema si è risolto, ma la vicenda lascia sospettare che la figura del Maestro si sia nel tempo appannata agli occhi delle istituzioni oltre che  del pubblico. È quindi doveroso ricordare loro che il posto del Maestro De Simone nel sentimento nazionale merita almeno lo stesso amore, la stessa gratitudine e lo stesso rispetto che accompagnano la memoria di Massimo Troisi e di Pino Daniele. Vale quindi la pena dare alla sua “chiara fama” una bella spolverata augurandosi che i suoi effetti durino a lungo.

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Torna in alto