Diario di uno che vorrebbe capire: 7 gennaio 2023

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pagina di diario

Quella che fino al 2022 avevo continuato a chiamare pigramente “inquietudine” per indicare il clima di preoccupazione circolante nelle pagine del mio diario si è andato evolvendo, settimana dopo settimana, in vero e proprio smarrimento, tanto da suggerirmi di modificare il titolo di queste pagine e di quelle che mi auguro le seguiranno, sperando di non dover passare prima o poi dallo smarrimento alla disperazione.

Ne ho informato per primi i miei familiari che mi hanno ormai qualificato, o squalificato, come allarmista cronico, cioè prevenuto. Tra loro non è del tutto svanita la speranza che, prima che sia troppo tardi, sarà invertita la rotta del progressivo deterioramento del clima, della cultura, della società e della politica. Moderatamente fiduciosi in una palingenesi generale intravedono anche la possibilità che il Governo Meloni consideri finalmente inevitabile la partecipazione attiva dell’Italia alla vita culturale e politica dell’Unione Europea. E come non augurarsi che abbiano ragione su tutto il fronte?

Nell’attesa, mi riprometto di commentare, a beneficio dei miei familiari e di qualche lettore dubbioso, tutte le iniziative e le proclamazioni del Governo che non mi convincono, mi lasciano perplesso, mi allarmano o mi disturbano nel senso deteriore del termine. Non si può infatti sottovalutare il retroterra culturale in cui sono cresciuti i politici oggi al governo.

Torna utile richiamare in proposito il tema di una lettera rivolta al direttore di “Repubblica” (30 dicembre scorso) da Roberto Scarpinato, già Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Palermo, oggi dimissionario dopo l’elezione al Senato nelle liste del M5s. Prendendo spunto “dalla recente celebrazione dei 76 anni dalla nascita del MSI da parte di esponenti di FdI che rivestono ruoli istituzionali e dopo le prime prove di governo”, l’ex magistrato ritiene che non sia più eludibile «l’inaffidabilità costituzionale di una formazione politica che rivendica continuità ideologica e valoriale con personaggi simbolo del neofascismo eversivo protagonista della strategia della tensione attuata con una ininterrotta sequenza di stragi con l’obiettivo politico di sabotare l’attuazione della Costituzione o, peggio, di stravolgerla instaurando una repubblica presidenziale sull’onda dell’emergenza. Tra questi Pino Rauti, indicato dalla Meloni come sua stella polare e Clemente Graziani, entrambi leader di Ordine Nuovo, centro di cultura fascista e incubatore della strategia della tensione. Nel ’63 Graziani scriveva: “Il terrorismo implica la possibilità di uccidere o far uccidere vecchi, donne e bambini. Queste forme di intimidazione terroristica sono non solo ritenute valide ma a volte necessarie”. Idee e insegnamenti messi poi in pratica da esponenti di Ordine Nuovo, alcuni riconosciuti con sentenze definitive autori delle stragi neofasciste: Franco Freda, Giovanni Ventura, Carlo Digilio, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tremonti. Soggetti che hanno goduto di protezioni da parte di apparati statali che hanno depistato le indagini della magistratura, tra i quali il generale Gianadelio Maletti, capo del reparto controspionaggio del Servizio Informazioni Difesa (denominazione dei servizi segreti dal ’66 al ’77, n.d.r), negli anni ’70, condannato con sentenza definitiva per favoreggiamento dei responsabili della strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969. È inquietante, a proposito di padri nobili, che il 14 aprile del 2022 Federico Mollicone (FdI) abbia celebrato la memoria di Maletti in Senato definendolo un “uomo dello Stato”.»

Scarpinato prosegue poi osservando che gli obiettivi dell’eversione possono oggi essere perseguiti da questo Governo con metodi legalitari dall’interno delle istituzioni con lo scopo di riformare la Costituzione nella direzione autoritaria tanto agognata, segnalando infine che “Emblematiche prove di laboratorio sono state l’introduzione a sorpresa, con decreto legge, di un nuovo reato che, dietro l’apparente finalità di impedire i rave illegali, si prestava a divenire una forma liberticida repressiva di qualsivoglia manifestazione di dissenso politico, nonché il potenziamento dei poteri di intercettazione dei servizi segreti alle dirette dipendenze della Meloni, che allo stesso tempo ha ribadito l’intenzione di ridurre i poteri di intercettazione dei magistrati, i quali purtroppo non sono ancora sotto il controllo del governo a causa dell’attuale ordine costituzionale antifascista.”

Il grido di allarme di Scarpinato ha avuto un certo effetto in famiglia e mi auguro ne abbia anche su qualche lettore giovane o distratto. Certo è che gli antefatti ricordati nella lettera sono stati evidentemente dimenticati da molti di quelli che li hanno seguiti all’epoca. Sono forse ignoti a chi non c’era ancora o era piccolo, come Renzi e Calenda che farebbero bene ad informarsi prima di stringere rapporti con la Meloni: una ripassata non avrebbe fatto male neanche a Conte e a Letta che forse sono ancora in tempo. È invece sicuro che i giovani non ne sanno proprio niente, visto che a scuola ci si ferma nel migliore dei casi al secondo conflitto mondiale se non addirittura al primo, rimuovendo di fatto tutto il ventennio, mentre i fatti di cui parla Scarpinato risalgono a cinquant’anni fa e quindi “sono storia” a tutti gli effetti e non si capisce perché non siano ancora entrati nei programmi scolastici.

1 commento su “Diario di uno che vorrebbe capire: 7 gennaio 2023”

  1. Antonio Nacarlo

    Purtroppo la maggior parte degli italiani hanno dimostrato sempre scarsa memoria: politica, costituzionale, etica. Un paese ancora innamorato del concetto di “uomo (donna) forte al comando”. Geneticamente fascisti, ontologicamente cattolici, statisticamente ignoranti… Una trimurti esplosiva pronta a deflagrare sul futuro.

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