Perché votare il 25 settembre

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Molti commentatori politici dànno già per certa la vittoria dell’alleanza di destra alle prossime elezioni. Sembra quindi che ci sia ben poco da fare per chi vede questa prospettiva come una catastrofe. In realtà il successo preannunciato poggia sulle scelte elettorali di una percentuale di votanti che oscillerà ottimisticamente tra il 60 e il 70% degli aventi diritto al voto. C’è dunque una bella fetta di astensionisti, cronici o di nuova leva, cui si possono affidare le residue speranze di chi passerà nella trepidazione quel che resta di questa torrida vigilia elettorale. A questo scopo sembra opportuno formulare un appello specificamente rivolto a questa ampia platea politicamente pigra se non addirittura disgustata, e non senza ragione, dallo spettacolo poco incoraggiante che ha messo in scena la politica negli ultimi trent’anni.

La politica non è una cosa astratta perché incide sulla vita di ciascuno di noi. Non è vero che tutti i governi sono uguali e tutti i politici sono ladri. Come nel resto della società, c’è chi ruba di più, chi di meno e chi non ruba affatto e tra queste alternative bisogna scegliere, perché ci sono un meglio (non sempre), un peggio ma anche un meno peggio. Qui da noi, si sa, molti votano ormai da anni per il meno peggio mentre chi non se ne accontenta si astiene o vota per partiti che poi non incideranno più di tanto sulla formazione di governo.

La domanda da porsi circa l’astensione è la seguente: è meglio starsene a casa lasciando votare gli altri e subendo poi le conseguenze delle loro scelte o è meglio andare a votare per ciò che riteniamo il meno peggio? Chi ci assicura che se restiamo a casa vincerà il meno peggio e non il peggio? Ci rendiamo conto che, se votassero in teoria solo coloro che hanno un interesse personale da difendere, ci troveremmo in balia di una combriccola interessata esclusivamente a realizzare i propri fini?

Un esempio può essere utile a meglio comprendere perché anche la scelta del meno peggio è importante, in politica come in tante circostanze della vita: se nel mio quartiere ci sono due medici poco stimati e devo farmi visitare con urgenza perché mi sento molto male, cosa decido? Non mi faccio visitare? Ammesso che non ci sia il tempo per raggiungere il pronto soccorso più vicino, tirerò a sorte quale dei due medici chiamare o deciderò di chiamare quello che mi sembra il meno peggio? La risposta è ovvia, se non voglio rischiare un aggravamento. Ma, per restare nell’esempio, come faccio a sapere quale dei due medici è il meno peggio? Certamente non potrò deciderlo all’istante. Quindi se non me ne ero fatta un’idea in precedenza parlandone con amici e conoscenti, risultando quindi già informato al riguardo, dovrò farlo al momento telefonando non ad uno qualunque dei miei conoscenti, ma a quello che considero più attendibile.

Quanto abbiamo detto nell’esempio può (secondo noi deve) essere esteso anche alla politica ed alle elezioni in particolare se è vero, come abbiamo tentato di illustrare, che la politica influisce, eccome, sulle nostre singole esistenze (è la politica che decide l’entrata in guerra di un paese, tanto per capirci). Stabilito quindi che intendo andare a votare, sarà necessario decidere per quale partito. Se una mia scelta l’ho già in mente, nel senso che ho già le idee chiare su quale sia il meno peggio, non avrò che da uscire di casa e recarmi al seggio.

È però importante capire in base a quali elementi si fanno le scelte politiche ed elettorali. Un’informazione accettabile può venire dalla lettura dei giornali, individuando quelli più autorevoli (per esempio, Il Corriere della Sera, La Repubblica, La stampa) e distinguendo quelli riconducibili ad imprenditori scesi in politica come Berlusconi (Il Giornale, La Verità) o Antonio Angelucci, già più volte eletto al Parlamento nelle liste berlusconiane ed oggi candidato nella Lega (Il Tempo, Libero), sospettabili di faziosità. I notiziari TV sono molto più sommari e spesso ambigui, né aiutano molto i cosiddetti “programmi di approfondimento” che sfociano spesso in risse verbali e sono gestiti da conduttori poco propensi a mettere alle strette i politici intervistati. Il peggiore strumento per farsi un’idea politica sono però i “social”, nei quali circolano in maniera virale notizie false e ovviamente tendenziose: sono evidenti le falsità messe in giro tramite i “social” da fonti vicine a Putin per portare Trump alla Casa Bianca e per indirizzare i cittadini inglesi verso la Brexit. Anche le imminenti elezioni italiane sono da tempo nel mirino di queste stesse fonti. Sarebbe in ogni caso più che opportuno dare una non superficiale occhiata ai programmi politici di tutti i partiti, reperibili su Google.

Quel che è certo è che un’idea politica non ce le possiamo fare da soli, contando unicamente sulla nostra intelligenza (l’intelligenza umana, come quella artificiale, ha bisogno di dati, cioè di notizie da elaborare) e men che mai sul nostro istinto. Se proprio non abbiamo la possibilità di costruirci una preferenza ragionata, sarà inevitabile ricorrere ai lumi di chi consideriamo meglio informato e non fazioso. Ed è proprio dopo esserci rivolti a queste “persone meglio informate”, che ci permettiamo di invitarvi ad effettuare la vostra scelta elettorale verso formazioni politiche diverse dall’alleanza di destra. Per rendere conto di quest’appello, proponiamo innanzitutto un elenco dei gruppi sociali che non dovrebbero votare per la destra per non veder peggiorare la qualità della loro attuale esistenza, già abbastanza complicata. Naturalmente ci asterremo dall’indicare una proposta di voto alternativo: ci basta motivare l’assoluta inopportunità di un voto a destra, un’alleanza che valutiamo molto problematica per un governo decente del nostro Paese.

A – Le donne. Sotto l’insegna “Dio, Patria e Famiglia” si cela, tra l’altro, il ripristino del ruolo di “angelo del focolare” per le donne che torneranno ad essere soggette al marito, a colui che lavora e porta i soldi a casa: un passo indietro di una settantina di anni e un pericoloso avvicinamento al fondamentalismo religioso. Non dimentichiamo che la destra ospita anche figure, come il leghista Pillon, che non esiterebbe a limitare l’interruzione di gravidanza sulla scia di quanto già avvenuto in Polonia e recentemente anche negli U.S.A.; paradossalmente potrebbe essere la prima donna premier a comprimere i diritti delle donne. Il meno peggio della destra da questo punto di vista è Berlusconi che per le donne, come sappiamo, ha avuto sempre un occhio di riguardo, aprendo per loro i battenti della camera (dei deputati, si intende); oggi ricandida la giovane “mogliettina”. Che tenerezza!

B – I lavoratori dipendenti e i pensionati con redditi bassi o medi, perché cadranno inevitabilmente vittime della famosa “flat tax” (in italiano “tassa piatta”, il che dice tutto) da sempre presente nell’“agenda fiscale” di Silvio Berlusconi, da qualche anno anche in quella di Salvini e mai messa in discussione dalla Meloni. Il perché è molto semplice: la “flat tax” è, per definizione, costituita da un’unica aliquota fiscale, individuata da Berlusconi, bontà sua, nel 23% mentre Salvini che ama i fuochi d’artificio propone addirittura il 15%. L’aliquota unica si applicherebbe all’intero ammontare del reddito di ciascun contribuente mentre il sistema vigente prevede l’applicazione di aliquote crescenti, fino al 43% sugli scaglioni di reddito più alti, nel rispetto del criterio progressivo sancito dalla nostra Costituzione e condiviso da quasi tutti i paesi civili: in Francia e nel Regno Unito l’aliquota massima è il 45%, in Germania il 42% e negli U.S.A., solo da quest’anno, è scesa al 37%. Il sistema della tassazione progressiva poggia sul principio della cosiddetta “uguaglianza del sacrificio”, che si spiega in questo modo: se a un lavoratore che guadagna 2.000 euro al mese sottraggo 300 euro di imposta (15%), gli infliggo un sacrificio sensibile perché con i 1.700 euro che gli restano dovrà rinunciare a cose importanti se non decisive; se a chi guadagna 4.000 euro ne tolgo 600, lasciandogliene 3.400, probabilmente incido solo sui suoi risparmi, procurandogli un sacrificio molto relativo che probabilmente non cambierà di una virgola il suo tenore di vita. Secondo il principio dell’“uguaglianza del sacrificio” è quindi corretto che su 2.000 dei 4.000 euro di cui si è detto gravi un’aliquota superiore al 15%. Supponendo che si applichi su questa somma il 20%, resteranno nella disponibilità del lavoratore tassato 3.300 euro e così via per i redditi più alti: è chiaro che l’aliquota del 43% sui redditi degli amici di Berlusconi non impedisce loro di fare le vacanze alle Bahamas o di consumare un certo quantitativo di bottiglie di Champagne millesimato. Ma secondo Berlusconi, Salvini (e Meloni) tutto questo è sbagliato perché, sostengono, i ricchi investiranno i soldi risparmiati creando nuovi posti di lavoro, teoria infondata perché si investe non sulla base delle proprie disponibilità ma sulla base della fiducia nelle prospettive di crescita. La realtà innegabile è che le entrate con le quali lo Stato finanzia la sanità pubblica, la scuola, le forze dell’ordine e tutte le sue funzioni istituzionali sono costituite dalle imposte e dalle tasse. Di conseguenza, se la destra unita vuole far pagare meno tasse ai ricchi ci sono solo tre alternative: 1) si fanno pagare più tasse ai percettori di redditi bassi e medi; 2) si riducono le spese per i servizi offerti ai cittadini: sanità, scuola ecc.; 3) si crea un buco di bilancio da colmare con nuovo debito pubblico in aggiunta a quello colossale che già grava sui nostri figli e nipoti. Per non parlare degli effetti immediati dell’indebitamento, che comportano inevitabilmente inflazione ed aumento dei tassi si interesse, tutti fattori che incidono principalmente sulle classi più povere e meno agiate. La “flat tax” è dunque una fregatura bella e buona per le classi meno abbienti.

C – Tutti quelli che pagano regolarmente le tasse. Sin dalla discesa in campo di Berlusconi la destra non ha scoraggiato l’evasione fiscale. Non dimentichiamo che proprio il fondatore di Forza Italia ebbe a dichiarare che: “È moralmente giustificato evadere”; opinione non condivisa dai magistrati che lo condannarono poi in via definitiva per frode fiscale. Ma, aldilà delle affermazioni aberranti, gli strumenti attraverso i quali si incoraggia l’evasione fiscale sono i “condoni” elargiti dalla destra con grande generosità e che Salvini con ipocrisia chiama tuttora “pace fiscale”, facendone uno dei cavalli di battaglia della sua eterna campagna elettorale.

D – Tutti i diseredati. Poco si è fatto per combattere la povertà ma quel poco, reddito di inclusione e reddito di cittadinanza, lo hanno fatto la sinistra (governo Renzi) e il M5s, non certo i partiti di destra che tuttavia, miracoli del populismo e del sovranismo, raccolgono molto consenso proprio nella fascia più povera della nostra società ingraziandosela con artifici fantasiosi dietro ai quali nascondono il loro sostegno alle classi più agiate, come dimostrano i comportamenti in materia fiscale di cui sopra, e la stessa opposizione alla revisione dei catasti immobiliari, che porterebbe alla luce molti immobili non censiti e molte incredibili sottostime di edifici pregiati già esistenti. Per la destra la ricchezza non si tocca: no alla tassa di successione, no all’imposta sulla casa, no alla patrimoniale, senza alcun riguardo per chi non possiede una casa o un patrimonio o non ha nulla da ereditare!

E – Quelli che hanno apprezzato l’operato del governo Draghi. I sondaggi non lasciano dubbi: gli italiani hanno riconosciuto l’impulso dato da Draghi sia alla lotta alla pandemia sia alla delicatissima gestione del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Se qualche critica si può muovere all’operato del suo governo è legata al cedimento ad alcune richieste dei partiti di destra che lo sostenevano e che hanno condizionato la riforma della giustizia, quella fiscale e quella della concorrenza (vedi esclusione dei tassisti dallo specifico provvedimento). E tuttavia proprio Forza Italia e Lega non hanno esitato a far cadere il governo Draghi incuneandosi nello spiraglio improvvidamente aperto dal M5s, sconcertando il mondo intero. Per giunta, malgrado la validità riconosciuta al lavoro svolto da Draghi in merito al PNRR, Fratelli d’Italia ne ha preannunciato la ridiscussione in sede europea, senza rendersi conto che ciò metterebbe a rischio i prossimi stanziamenti perché verrebbe meno il rispetto delle scadenze prefissate. La sfiducia al governo Draghi è stato dunque un gesto irresponsabile di cui pagheremo tutti le conseguenze. I partiti che vi hanno concorso subirebbero una severa punizione da parte di un elettorato meno distratto e meno intronato del nostro. Non è fuori luogo ricordare però che le uniche forze politiche che possono rivendicare sia il merito di aver concorso ad ottenere i finanziamenti europei sia quello di aver sostenuto lealmente l’operato del governo Draghi sono il PD ed i suoi alleati di sinistra. 

F – Tutti i veri antifascisti. Si fa un gran parlare del proclamato distacco della Meloni dal suo passato neofascista: fiamma o non fiamma nel simbolo del partito, abiura totale o limitata soltanto alle leggi razziali ed altro. C’è in atto una tendenza a ridurre il retaggio fascista di Fratelli d’Italia ad un semplice riferimento nostalgico e innocente. In questa sottovalutazione cadono molti commentatori ed anche numerosi esponenti della sinistra. Farebbero bene queste anime candide a leggere, o a rileggere, il libriccino di Umberto Eco, ristampato nel 2018 col titolo “Il fascismo eterno” di cui trascriviamo quanto riportato nel risvolto di copertina: “Ritengo sia possibile indicare una lista delle caratteristiche tipiche di quello che vorrei chiamare l’Ur-Fascismo, o il fascismo eterno. L’Ur-Fascismo è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili. Sarebbe così confortevole, per noi, se qualcuno si affacciasse sulla scena del mondo e dicesse: – Voglio riaprire Auschwitz, voglio che le camicie nere sfilino ancora in parata sulle piazze italiane! – Ahimè, la vita non è così facile. L’Ur-Fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme, ogni giorno, in ogni parte del mondo.” Il Fascismo non è dunque quello storicizzato che caratterizzò il ventennio mussoliniano, ma è l’atteggiamento culturale che propugna l’autoritarismo, il razzismo, l’omofobia, il ridimensionamento del ruolo della donna nella società, il rifiuto del confronto politico, tutti elementi che ritroviamo di fatto nei comportamenti e nei programmi della destra, che non ha mai smesso di strizzare l’occhio ai neofascisti e ai neonazisti nostrani, ai quali forse sarà per questo riconosciuto un premio in caso di vittoria elettorale.

G – Tutti quelli che ripudiano il razzismo. Sull’argomento non basta sottolineare la totale mancanza di umanità dimostrata dalla destra sin dall’introduzione, nel 1998, del reato di immigrazione clandestina, mancanza di umanità inasprita poi, nei fatti, da Salvini ministro degli interni con i “decreti Sicurezza” e nei proponimenti della Meloni che torna periodicamente a rinnovare la richiesta di un “blocco navale” giuridicamente inammissibile. Sono da condannare anche l’ostinazione e la spregiudicatezza con cui la destra si oppone a qualunque forma di riconoscimento della cittadinanza agli immigrati pur essendo consapevole che l’integrazione degli immigrati è necessaria al sistema produttivo del nostro Paese penalizzato, come tutti sanno, da un tasso di natalità prossimo allo zero e dall’emigrazione dei nostri giovani più preparati e intraprendenti. Le posizioni della destra in merito all’immigrazione di provenienza nordafricana è così disumana e irragionevole che dovrebbe dissuadere dal votare la destra non solo tutti i credentima anchegli elettori per i quali è imperativa l’attuazione pratica del principio costituzionale della solidarietà.Breve corollario: per quali partiti pensate che votino i responsabili di atti di violenza sugli immigrati?

H – Quelli che si sono attenuti responsabilmente alle norme adottate per combattere la pandemia. Lega e Fratelli d’Italia hanno incoraggiato il comportamento irragionevole, settario ed egoistico dei no-vax per motivi palesemente elettoralistici.

I – Gli europeisti convinti, volendo con questo aggettivo distinguere tra chi ha creduto e crede nell’Europa unita da chi invece si è proclamato sorprendentemente europeista dopo avere per anni contestato la moneta unica ed aver predicato il sovranismo. Queste conversioni repentine sono poco credibili anche perché i valori propugnati da Lega e Fratelli d’Italia stridono oggettivamente con quelli che legano gli Stati fondatori dell’Unione, uno dei quali è l’Italia. Basti pensare alla posizione tuttora ambigua della Lega sull’invasione dell’Ucraina, ma anche alle infuocate allocuzioni della Meloni in Spagna, che denotano la persistente vicinanza del suo partito all’estremismo di destra e la sua personale propensione verso una visione tradizionalista e confessionale della società, non molto dissimile dal suprematismo teorizzato da Aleksandr Dugin in Russia e da Steve Bannon negli U.S.A.

L – Quelli che non propendono per il presidenzialismo. Sostituire il parlamentarismo col presidenzialismo non è cosa semplice. Occorrerebbe modificare tutto il pacchetto delle norme costituzionali che definiscono le funzioni dei vari organi, i reciproci rapporti e il nuovo sistema dei contrappesi. Le esperienze recenti ci dicono che la classe politica non è oggi in grado di formulare revisioni costituzionali valide e coerenti. Ne abbiamo avuto la prova con la riforma del Titolo V della Costituzione voluta da D’Alema nell’ormai lontano 2001, rivelatasi piena di falle e di complicazioni. La riforma poi proposta da Renzi nel 2016 era un’accozzaglia di norme prive di un disegno unitario, concepita palesemente da tecnici non all’altezza. Entrambe le riforme non avevano a cuore l’interesse generale, ma rispondevano esclusivamente alle esigenze contingenti di un partito o di chi lo rappresentava in quel momento. La portata delle due riforme citate non è però paragonabile a quella che introdurrebbe il presidenzialismo, né si vedono all’orizzonte teste pensanti capaci di partorire un disegno coerente ed equilibrato. Riforme di importanza storica come quella sostenuta dalla destra richiederebbero peraltro una larga condivisione da parte di tutte o quasi tutte le forze politiche. L’impressione è invece che la destra l’approverà comunque anche se con la sola maggioranza semplice pur essendo in tal caso tenuta a sottoporla al referendum confermativo. Ma, ahinoi, gli italiani, un po’ perché delusi, un po’ perché sedotti dalla falsa soluzione dell’“uomo solo al governo”, potrebbero promuoverlo. Che poi la destra voglia convincerci che ci sono forme diverse di presidenzialismo ricordandoci quello francese, più accettabile, piuttosto che quelle temutissime degli U.S.A., della Russia e della Turchia non ci tranquillizza più di tanto: i paesi europei che hanno sperimentato “l’uomo solo al comando”, come l’Italia, la Germania, la Spagna e il Portogallo, caduta la dittatura si sono messi al sicuro instaurando democrazie parlamentari.

M – Gli LGBTQ+, perché la destra ha già avuto modo in più occasioni di ammettere solo le coppie eterosessuali: andando al potere lo schieramento di destra potrebbe addirittura mettere in atto provvedimenti vessatori. Vi siete mai chiesti per quali partiti votano abitualmente gli omofobi?

Quanto sin qui illustrato dovrebbe bastare ad indurre almeno una parte degli astensionisti a comprendere che le prossime elezioni non sono come quelle che le hanno precedute, ma potrebbero preludere a mutamenti radicali, storici sia nell’assetto della nostra società che nella collocazione internazionale dell’Italia che rischierebbe di essere sospinta nell’area di influenza delle autocrazie orientali e di essere allontanata dal contesto occidentale che condividiamo da oltre settant’anni non solo sotto il profilo politico e democratico ma anche sotto quello culturale.

Tentiamo tutti insieme di metterci al riparo da questa drammatica prospettiva e diffondiamo questo appello tra i nostri amici e parenti. Va da sé che se siete una donna o un LGBTQ+, avete un reddito basso, pagate regolarmente le tasse, apprezzate Draghi, siete antifascisti, non siete razzisti, siete europeisti, non volete il presidenzialismo e vi siete regolarmente plurivaccinati contro il Covid, non avete scampo: con tutte queste buone ragioni vi sentirete obbligati a votare contro le destre dando il vostro voto nei collegi uninominali al candidato, di qualunque partito sia, che meglio può contrastare quello della destra. Auguri.

4 commenti su “Perché votare il 25 settembre”

  1. Se qualcuno avesse avuto anche solo un dubbio sul recarsi a votare, dopo la lettura di questo esaustivo e intelligente articolo lo ha certamente risolto

  2. Adriano Ferrara

    Analisi come sempre lucida ed approfondita. Un invito a turarsi il naso anche stavolta, visto che il meglio, attualmente, è proprio il meno peggio. Meditate, gente!

  3. Sergio Pollina

    Aggiungere qualcosa a ciò che Elio ha scritto assorbendo i dieci minuti più ben spesi della giornata è superfluo. É sotto gli occhi di tutte le persone di buon senso la assoluta correttezza di ciò che egli ha scritto. Pertanto, più che aggiungere, vorrei rincarare. Intanto suggerendo di leggere per intero l’opuscolo di Umberto Eco sul Fascismo Eterno, così appropriatamente citato da Mottola. In poche paginette il grande semiologo aiuta anche i più recalcitranti a rendersi conto del pericolo cui andiamo incontro. E, poi, vorrei introdurre nell’argomento elezioni anche la fisiognomica. Sì, perché non v’è dubbio che ciò che si presenta all’esterno è molto spesso lo specchio di ciò che vi è all’interno. Esamineremo quindi i prossimi tre candidati a governare l’Italia: Silvio, Matteo e Giorgia. Ma prima è necessario spendere due parole sull’attuale capo del governo. Mario Draghi. Per la prima volta dopo più di trent’anni, abbiamo avuto un primo ministro che ci ha reso orgogliosi d’essere italiani. Sobrio, rispettato, riverito, competente, colto, schivo, preparatissimo; un curriculum che pochi possono vantare. Un uomo di fronte al quale si sono levati il cappello le personalità più rilevanti dell’occidente. Ascoltato e di primo piano nei summit, dove la sua parola pesava spesso più delle altre. E adesso passiamo agli altri tre. (1) Silvio. Campione di sregolatezza, fino a quando ha potuto. Esibizionista,evasore fiscale, imputato in più procedimenti giudiziari, e per altri in attesa di giudizio. Imbolsito, tronfio, megalomane, amico di “lettone” di Putin, amante di fanciulle che potevano essergli nipoti. Ormai mummificato, nonostante l’intervento del medico personale di Cheope. Delle cui capacità in politica non resta traccia significativa. (2) Matteo. Il più adatto a rappresentare gli italiani che lo voteranno, essendo in pieno la somma dei loro difetti e dei luoghi comuni che ci hanno sempre contraddistinto rispetto ad altri popoli europei. Volgare, spaccone, ignorante, privo di coerenza, passando da “forza Etna” alla blandizie per i meridionali. Uomo capace di promettere ciò che sa bene di non poter mantenere. É il figuro che, rosario e crocefisso in mano, ricacciava in mare gente disperata, mentre lui faceva bagordi al Papeete, infischiandosene di donne e bambini che annegavano. Amico del peggior dittatore attualmente esistente, sui suoi legami con il quale bisognerebbe fare maggiore chiarezza. E, infine, (3) Giorgia, la più furba dei tre che dietro gli occhi cerulei nasconde la vis di una combattente animata dalla fiamma che le è stata trasmessa a tener viva una memoria di ciò che in Italia non morirà mai, l’Ur fascismo del nostro grande semiologo. Giorgia, la donna che ama Orbàn il quale non vuole che le donne vadano all’università perché così non sono incoraggiate a fare figli e a badare al focolare. Giorgia, la donna che voleva anche lei, sì anche lei, mettere sotto accusa Mattarella, come quel pivello di Di Maio, ma di cui nessuno parla più. Ecco, è questo trio al quale milioni di cittadini italiani andranno a dare il loro appoggio per distruggere ciò che resterà dell’Italia dopo l’uscita di Draghi. Caro Elio, siamo messi proprio male. Il tuo grande estimatore, Sergio.

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