Diario dell’inquietudine: 12 agosto 2022

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pagina di diario

Assediati dall’allerta ambientale ci muoviamo ormai in casa con estrema parsimonia: illuminazione ed aria condizionata al minimo, pensando alle emissioni di CO2, consumo di acqua, anche fredda, ridottissimo pensando alla siccità, ed anche la carta, economizzata in ogni uso domestico, nessuno escluso, pensando alla deforestazione. Si vive male e il futuro fa paura. Noi anziani siamo assillati da un dubbio amletico: esserci o non esserci? Ai giovani diciamo: se il futuro vi sorride, diffidate. Del resto anche Vasco Rossi, “Blasco” per i suoi milioni di fans, nel corso di un’intervista rilasciata qualche tempo fa disse testualmente: “Il futuro non è più quello di una volta”. E tale affermazione va presa sul serio.

Alla luce della crisi ambientale ci domandiamo spesso se, dopo le dimissioni che Papa Francesco si accinge a rassegnare non appena avrà le idee chiare sul trattamento di quiescenza e sulla liquidazione, il nuovo pontefice potrà mai assumere un nome diverso, nel rispetto della sequenza storica, da quello di Bio XIII.

Intanto seguiamo con attenzione (quindi attraverso il sacrilego uso della televisione e della carta stampata) l’attuale esilarante campagna elettorale. Abbiamo anzi individuato il filo sotterraneo che unisce tutti gli avversari dichiarati della destra: marciare divisi per perdere uniti. In famiglia siamo tutti confluiti sulla conclusione amara che i veri nemici degli estremisti non sono la parte avversa ma i moderati dello stesso versante.

Abbiamo vivamente plaudito alla sofferta e responsabile scelta di Fratoianni, mentre stiamo ancora fischiando all’indirizzo di Luigi De Magistris che cocciutamente cerca spazio politico dappertutto, convinto evidentemente di avere i numeri. Ma dovrà accontentarsi del suo Vomero. Si presenterebbe, pare, nella lista “Unione Popolare” di immacolata ispirazione oltranzista: le parole d’ordine saranno pressappoco “Per una Piazza Vanvitelli più proletaria” e “Per l’ammissione nella Ztl anche dei poveracci sforniti di carta di credito”. Avremmo molto apprezzato l’uscita di scena da queste elezioni di personaggi che si sono autologorati, come Salvini, Renzi e Calenda o che rasentano la mummificazione, come Berlusconi. Abbiamo dovuto accontentarci delle sole assenze di Virginia Raggi (che non è andata in buca malgrado ne abbia lasciate tante nelle strade di Roma), di Di Battista e di Brunetta che però potrebbe essere ancora in giro a bassa quota e quindi non intercettato dai radar. Abbiamo comunque, nostro malgrado, dovuto apprezzarne la coerenza nel lasciare Forza Italia in cui è cresciuto e la sincerità dimostrata nel corso dell’intervista con la Annunziata. Lo stesso non si può dire del “signore di Arcore”, che ha gratificato Brunetta e la Gelmini, dopo l’abbandono di Forza Italia, con un cafonissimo “riposino in pace”: questa sarebbe la faccia moderata della destra! Scambi di battute ce ne saranno tanti altri e possiamo essere certi che quelle leghiste saranno le più irridenti e, forse, anche le più efficaci.

Come potrà farvi fronte il compassato PD di Letta? Mai come ora gli sarebbe stata utile una “bestia” tipo Luca Morisi che suggeriva a Salvini le uscite più immonde e che resta un modello irraggiungibile. Comunque un’alleanza elettorale (giammai programmatica) con Renzi avrebbe fornito di qualche freccia avvelenata anche la faretra floscia di Letta che sembra aver già abbandonato i patetici “occhi di tigre” adottati quando sperava nel campo largo. Con uno dei suoi classici colpi di genio ha optato per una campagna elettorale itinerante con un pulmino alimentato ad energia elettrica. Meglio che niente. Meno male che lui e Fratoianni hanno ottenuto candidature coraggiose e significative, come quelle di Carlo Cottarelli, di Ilaria Cucchi e del sindacalista Aboubakar Soumahoro.

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