Berlusconi, Salvini e Meloni: trio infernale

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Foto pubblicata su Flickr da Dean Hochman

Noi che seguiamo la politica dall’esterno attraverso la tv e la stampa ci illudiamo spesso di capirci qualcosa mentre invece non facciamo altro che confondere i nostri desideri con opinioni attendibili. Avremmo tanto voluto che Conte vestisse nella recente crisi i panni di ex premier e spingesse il M5s verso l’area larga di Letta, liberando il Movimento da quella frangia che ha sempre manifestato pulsioni inconsapevolmente neo-fasciste, ancorché contrabbandate come democrazia diretta.

Avevamo anche desiderato che la parte governista della Lega prendesse le distanze da Salvini e che riuscisse addirittura a destituirlo dalla guida del partito dopo tutte le sciocchezze dette e le figuracce esibite. Auspicavamo anche una netta frattura in Forza Italia ancora schiava, dopo trent’anni, di un vecchio patriarca più malandato di Biden.

Tutto questo non si è verificato e, se è vero che una scissione è ancora possibile nel M5s, è altrettanto vero che non ci sarà né nella Lega né in Forza Italia. Certamente abbiamo apprezzato la sorprendente fuoriuscita della Gelmini e di Brunetta (ce lo saremmo aspettati più dalla nostra corregionale e meridionalista Carfagna) ma nella stessa misura abbiamo esecrato l’immediato allineamento di Giorgetti e dei governatori del nord-est, presunti dissidenti dalla linea di Salvini.

La realtà si è rivelata molto diversa: avevamo evidentemente dimenticato che la destra (chiamarla ancora centro-destra è un’ingenuità) si compatta all’istante, salvo rarissime eccezioni, quando ci sono le elezioni e annusa il profumo del potere. E quindi ci domandiamo attoniti se questa destra si senta realmente in grado di guidare il Paese nella gravissima, complessa e inedita contingenza che sta attraversando. Dire che temiamo di no è poco: siamo certi che, se vincerà le elezioni, combinerà disastri irreparabili. Non ci riferiamo certamente alle mirabolanti promesse del Mago di Arcore, che saranno puntualmente disattese, ma soprattutto a quelli che sono gli obbiettivi programmatici in materia fiscale e nella protezione di privilegiati ed evasori, per non parlare della politica estera e di quella ambientalista. Non ne verrà fuori altro che iniquità sociale, indebitamento pubblico, indebolimento del ruolo europeo e tante altre conseguenze. Sorvoliamo sulle questioni legate ai diritti civili per non incazzarci ulteriormente.

Ci si chiede allora, smarriti: ma è possibile che la destra non vinca le elezioni? Perché ciò non avvenga sarebbero necessari alcuni miracoli. Si dovrebbe compattare una sinistra intorno a quel “patto sociale” che stava avvicinando PD, LEU e M5s. Occorrerebbe soprattutto che si costituisse una forza aggregata di centro capace di presentare entro le due prossime settimane liste elettorali unitarie o condivise, ma sarà mai possibile mettere d’accordo Di Maio, Calenda, Toti e forse Renzi?

La cosa più probabile è che si vada dunque verso il disastro. Disastro evitabile secondo alcuni. Sì, è vero che M5s, Lega e Forza Italia si sono comportati da irresponsabili, ma siamo certi che l’ultima scelta di Draghi e di Mattarella sia stata politicamente giusta? Una volta acquisita notizia ufficiale che i senatori di Forza Italia e Lega sarebbero usciti dall’aula al momento della votazione, non era forse il caso di prendere in considerazione un cedimento di Draghi al M5s, per esempio, l’inceneritore di Roma, che non si costruisce negli otto mesi che ci separano dalla scadenza naturale della legislatura? Non aveva forse Draghi già ceduto alla Lega sulla questione dei tassisti? Nessuno ha evidentemente suggerito a Draghi di scegliere questa strada piuttosto che quella della mozione Casini risultata perdente. O forse Draghi si attendeva che l’approvazione di questa mozione gettasse nello scompiglio tutti i partiti che avevano anticipato la loro non partecipazione al voto? Non lo sapremo mai, ma pensiamo che Draghi abbia peccato di orgoglio dimenticandosi per un attimo del bene del Paese malgrado le tante, accorate sollecitazioni ricevute.

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