Inflazione preventiva

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grafico della crisi

Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina sono passati poco più di cento giorni. La guerra è diventata un evento normale, con il reciproco logoramento sul campo dei due schieramenti armati. La diplomazia in modo sotterraneo, come inevitabile che sia, si sta attivando per trovare un possibile accordo senza che nessuno si senta umiliato.

Come tutte le guerre che hanno coinvolto paesi importanti nel complicato mondo delle interdipendenze economiche, finanziarie e produttive, anche gli effetti dell’invasione russa dell’Ucraina hanno avuto e stanno avendo ripercussioni sull’economia globale. Rimane comunque forte il dubbio del nesso causale tra guerra ed inflazione, tra guerra e rallentamento nella crescita economica di alcuni paesi europei.

I dubbi nascono da due considerazioni, una teorica, l’altra puramente empirica. Grazie a internet oggi chiunque può consultare un dizionario economico e, alla voce inflazione, troverà una semplice definizione: quando la domanda di beni aumenta per l’aumento di disponibilità monetaria, di soldi in tasca, e l’offerta di beni non è all’altezza di soddisfare le richieste, i prezzi salgono, c’è inflazione. Come dire: se il sistema produttivo è in grado di produrre solo dieci pagnotte e quelli che lo richiedono sono in venti, i prezzi salgono e le pagnotte saranno accaparrate da chi ha la possibilità di pagarle al prezzo più alto.

La Russia è il maggior fornitore di gas naturale dei paesi europei che importano anche petrolio. Il gas è utilizzato sia in modo diretto che per produrre energia elettrica. Lo stesso vale per il petrolio. L’Ucraina è uno dei maggiori produttori mondiali di grano e di altri cereali oltre che di semi per produrre olio. A 100 giorni dall’inizio della guerra i paesi europei stanno ancora consumando le risorse accumulate di gas, petrolio e granaglie. Il flusso di gas e petrolio, la fornitura, non è stata mai interrotta dalla Russia che non ha neanche alzato i prezzi. Sul grano si tratta.

I paesi europei, tra questi l’Italia, sono appena usciti dalla pandemia e per motivi diversi i livelli di consumi sono diminuiti, al massimo c’è chi si è ritrovato con qualche risparmio in più perché non è riuscito ad andare in vacanza a causa dell’emergenza sanitaria e oggi ricomincia a spendere. Eppure i prezzi di gas, benzina ed energia elettrica sono saliti alle stelle. L’olio di semi costa al supermercato il doppio di prima e ha raggiunto quello di un olio di oliva extra vergine di media qualità. I tassi di interesse per mutui e prestiti sono più che raddoppiati. Non c’è quindi stato nessun aumento della domanda e nessuna restrizione nell’offerta di prodotti. Le cause classiche dell’inflazione in un mercato libero non si sono quindi determinate.

Il rallentamento della crescita economica dei paesi occidentali, se non addirittura l’arresto, non è un dato omogeneo. L’economia USA continua la sua crescita così quella cinese. Tra i paesi europei l’Italia rimane il paese più colpito. Forze e fragilità riemergono. Dopo il catastrofismo si sta lavorando per nuovi “aggiustamenti”, le trattative tra i paesi dell’Unione Europea (UE) si riaprono per rifinanziare il PNRR o per allungarne le scadenze per consentire a chi è rimasto indietro di non perdere l’occasione. Anche in questo caso non è leggibile nessun rapporto diretto tra guerra e crisi economica.

Alessandro Manzoni, alla morte di Napoleone, si chiedeva: “fu vera gloria?” Oggi c’è da chiedersi: “c’è vera crisi?”. Manzoni rimandava “ai posteri l’ardua sentenza”, ma noi possiamo fare lo stesso perché il tempo nell’era post industriale si calcola in modo diverso, un anno vale decenni, e ogni errore nella programmazione degli investimenti brucia risorse enormi. Putin ha più volte dichiarato che la sua invasione dell’Ucraina è stata un’azione preventiva contro possibili aggressioni occidentali, della NATO e degli USA. In occidente la guerra la si interpreta come la concretizzazione di una volontà di dominio da parte dell’antico nemico russo, prima sovietico e ancor prima zarista.

E l’inflazione e la crisi economica come classificarle? Ci troviamo di fronte ad una inflazione “preventiva” da parte dei gruppi industriali e finanziari ultrapotenti dell’occidente? Le crisi economiche, qualcuno le ha definite pre crisi, dei paesi più deboli dello schieramento occidentale possono essere lette in tanti modi. Uno di questi potrebbe essere quello di intravedere in esse la resistenza opposta dai paesi più forti alla ridefinizione di rapporti di forza con i paesi alleati. L’allentamento dei vincoli di bilancio pubblico nei paesi dell’UE, le grandi risorse finanziarie messe a disposizione per interventi pubblici in economia, sono una oggettiva occasione che, se ben colta, potrebbe far crollare le storiche differenze tra le economie di Germania, Francia, Italia, Spagna. Cosa che potrebbe non piacere ad alcuni di questi paesi.

Avere dei dubbi è più che legittimo, anzi doveroso. Sta di fatto che, mentre si studia e si rielaborano analisi e strategie, in Ucraina si continua a morire e la distruzione avanza. Negli altri paesi i più poveri continueranno ad essere tali e molto probabilmente le loro condizioni peggioreranno, la loro schiera si allargherà a dismisura. Sembra di ascoltare il vecchio adagio: mentre il medico studia, l’ammalato muore.

Con tutti i necessari distinguo in questi ultimi mesi chi ha pronunciato la parola pace, chi ha chiesto l’immediato cessate il fuoco, è stato subissato di critiche, spesso di insulti. Oggi si va tutti più cauti anche perché da una parte e dall’altra è tramontata l’illusione di una rapida fine della guerra. Non ci sarà nessun vincitore certo e nessuno sconfitto certo. Putin non è stato travolto dall’insurrezione del suo popolo o da un colpo di stato del suo esercito. Gli ucraini continuano a resistere, non lo Stato ucraino e il suo esercito che sembrano essersi dissolti. L’occidente non si è piegato al ricatto nucleare. Si è però riaperta la grande questione della possibilità di una convivenza pacifica, della possibilità che un sistema economico liberale possa da solo garantire la sopravvivenza della maggioranza degli esseri umani senza necessità che intervengano decisioni politiche per correggere lo strapotere di pochi. Guerra o non guerra la questione della sopravvivenza dei sistemi politici democratici rimane la vera emergenza.

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