Diario dell’inquietudine: 19 aprile 2022

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pagina di diario

In casa siamo tifosi del Napoli quando gioca bene e vince, ma molto meno quando gioca male e perde. Siamo insomma dei tifosi parassitari: apprezziamo il bel gioco ma ci dissociamo comodamente quando il risultato o il gioco ci deludono. Fa eccezione mia moglie alla quale le sconfitte del Napoli, specie quelle all’ultimo minuto, provocano grande sofferenza. Riflettendo insieme sulle ultime vicende della nostra squadra siamo giunti a una conclusione tra il sacro e lo scaramantico che si compendia come segue.

Dalla prima lettera di San Paolo ai tifosi napoletani: “Popolo partenopeo, ti sei mai chiesto quante partite ha vinto in casa la tua squadra, quante ne ha pareggiate e quante ne ha perse negli ultimi due campionati? In passato si vinceva in casa e magari si pareggiava o si perdeva in trasferta. Perché non è più così? Squadre che vincono al 92°, come la Fiorentina, o che pareggiano al 91°, come la Roma, allontanando sempre più la tua squadra da quello scudetto che non demeriterebbe, non ti dicono niente? Non ti segnalano che San Gennaro da solo non ce la fa più? Perché hai voluto rinunciare al mio alto patrocinio sottraendomi l’intestazione dello stadio per affidarla a Maradona? Certo, Maradona faceva miracoli in campo e infatti regalò a Napoli ben due scudetti quando lo stadio portava ancora il mio nome. Ma Maradona, buonanima, non è un santo e non è dotato di quei poteri celesti capaci di cambiare il verso di una partita o addirittura di un intero campionato riuscendo a sottrarne la vittoria alla Juve, all’Inter o al Milan. Se ne rendono conto anche i superstiziosi che a Napoli ingrossano le file dei credenti. L’influenza dei santi in materia di calcio è incontestabile: cosa avrebbero concluso Milan e Inter senza il supporto di San Siro, santo di caratura peraltro molto più modesta della mia e del vostro stesso San Gennaro? Meditate dunque, tifosi del Napoli, sulla necessità di riaffidare lo stadio cittadino alle mie cure. Lasciarmi a protezione di un ospedale e di un quartiere residenziale in costante e lento declino, suona come un atto di ingiustificata irriverenza. Ridatemi lo stadio e dedicate a Maradona una curva, come per il passato, o la tribuna numerata. Magari potete lasciargli anche la stazione della Cumana per la quale, come si chiama si chiama, c’è poco da sperare.”

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