Conferenza sul futuro dell’Europa: sì ad esercito europeo, no a corridoi umanitari

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Mentre al confine orientale dell’Europa si consumano gli orrori di una guerra insensata e continuano ad aumentare le vittime civili in suolo ucraino, sono tanti gli interrogativi che come cittadini europei dovremmo porci.
In primis, il nostro ruolo, come Europa, in teatri di conflitto che avvengono alle nostre porte e nei nostri territori, il nostro sembrare attori passivi senza una propria identità, ma schiacciati da logiche militari e di potere a noi estranee e imposte dall’esterno, alle quali sembriamo assuefatti. E dunque sembra quanto mai attuale ciò che è emerso dal quarto panel “L’Ue nel mondo-Migrazione” della Conferenza sul futuro dell’Europa, tenutosi a Maastricht dall’11 al 13 febbraio scorso. Dopo trent’anni dalla firma del Trattato, sono stati duecento i cittadini europei che hanno preso parte a questa Conferenza, sorteggiati tra le popolazioni degli Stati membri. Questa Conferenza, organizzata da Parlamento, Commissione e Consiglio Ue, è stata indetta per conoscere le opinioni dei cittadini sui temi cruciali del futuro dell’Europa. Le domande che sono state poste hanno riguardato, tra gli altri, temi quali: difesa autonoma dell’Ue con la creazione di un esercito europeo, sistema di accoglienza dei migranti e rifugiati tramite i corridoi umanitari, rifugiati climatici.
Le raccomandazioni approvate dai partecipanti sono state ben 40 su 46. Il primo risultato da sottolineare e che appare mai come ora attuale, è che il 73,08% dei cittadini europei si è detto d’accordo a creare un esercito europeo. Nello specifico, però, non un esercito sovranazionale che vada a sostituirsi ai singoli eserciti nazionali degli Stati membri, ma un esercito europeo che dovrà e potrà essere usato solo in situazioni di autodifesa, mai per azioni militari di tipo offensivo o aggressivo.
Questa “Forza armata congiunta dell’Unione Europea” potrà essere usata anche al di fuori dei confini dell’Unione Europea, per prestare soccorso in situazioni di conflitto ma sempre nel rispetto del diritto internazionale e sotto un mandato del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Quello di un esercito europeo è un tema molto sentito: sebbene tra i più giovani sembri svilupparsi sempre più un’attitudine pacifista che ripudia la guerra, il peso di essere sotto l’egida della NATO e di coinvolgere dunque il nostro Paese in situazioni di conflitto come quelle avvenute negli scorsi decenni, in Iraq, Afghanistan, Siria, Libia fa sì che la spinta “autonomista” per creare uno strumento di difesa europeo si sia fatta più forte, anche tra i più giovani.
Oltre all’esercito europeo, i cittadini si sono espressi anche sul tema delle migrazioni, uno dei nodi principali della politica dell’UE. Hanno detto No al modello Danimarca, che aveva proposto una direttiva per assicurare che ogni “zona vivibile di uno Stato membro non abbia più del 30% di abitanti provenienti da Paesi terzi”. Questa direttiva, al contrario, è stata respinta, poiché ritenuta fortemente discriminante: i cittadini hanno ribadito che una maggiore distribuzione ed omogeneità geografica e dunque culturale possa agevolare l’integrazione e l’accettazione dei rifugiati e dei migranti da parte delle popolazioni locali.
Nota dolente: i partecipanti non hanno approvato l’idea di finanziare e potenziare i corridoi umanitari per consentire l’arrivo legale di rifugiati in suolo europeo ed anche la proposta in merito a maggiori riconoscimenti per i rifugiati climatici (ben il 90,26% si è detto contrario). I partecipanti, al contrario, hanno proposto la creazione di standard minimi di accoglienza da far valere in tutta l’Ue, di potenziare l’Agenzia Europea per l’Asilo e di creare dei centri per i minori non accompagnati.
Cosa si può evincere dunque da questo stato dell’arte? Da una prima analisi, sembrerebbe che i cittadini europei restino in allerta. Fiducia sì, ma non troppa. Accoglienza sì, ma non troppa. Se da un lato sembrano volersi liberare da costrizioni ed influenze esterne, dotandosi di un proprio strumento di difesa, dall’altro lato, pur non volendo delegare ad altri la propria sovranità, si chiudono all’esterno. Ed in questa sovranità è inclusa anche la messa in discussione delle proprie certezze. Senza dubbio, sulle politiche migratorie i cittadini europei sembrano ancora spaventati. Su queste posizioni hanno influito certamente le politiche nazionaliste e xenofobe di numerosi partiti politici europei negli ultimi decenni: da Marine Le Pen in Francia, a VOX in Spagna, alla Lega nel nostro Paese.
Se analizziamo l’Unione Europea degli albori, nell’epoca di De Gasperi, Schuman e Monnet, dalla nascita della CECA e poi della CEE, possiamo notare che nel progetto e nel sogno iniziale di Europa c’era un desiderio di “completezza” che coinvolgesse anche sfere quali difesa, politica estera. Un’unione politica, quel “federalismo” europeo propugnato da Altiero Spinelli, che non si attenesse alla mera unione economica degli Stati membri. Un sogno iniziale che oggi sembra allontanarsi sempre di più.

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