Diario di un vaccinato che spera di sopravvivere: 23 dicembre 2021

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Se non fossimo sostenitori convinti dell’uguaglianza sociale, mia moglie ed io, entrambi pensionati, dovremmo gioire dei privilegi di cui abbiamo goduto e godiamo tuttora. Ci siamo ritirati dal lavoro attivo (aggettivo da applicare con prudenza al pubblico impiego) anzitempo rispetto alla soglia poi fissata dalla riforma Fornero. Per oltre un ventennio del nostro servizio la pensione è stata inoltre calcolata col metodo retributivo. Il che, avendo percorso un discreto tratto di carriera, ha comportato che la pensione è stata rapportata all’ultimo stipendio in godimento, sensibilmente cresciuto nel tempo, anche per il predetto ventennio. È vero che in precedenza il sistema retributivo si applicava all’intero periodo di lavoro, ma dopo la riforma Dini del 1992 quel periodo va sempre più riducendosi e chi ha iniziato a lavorare dopo questa data andrà incontro a una pensione calcolata interamente col sistema contributivo e quindi molto modesta, tanto per evitare aggettivi più avvilenti. Entrando poi, nostro malgrado, nella terza età, abbiamo accresciuto il nostro carico sul Sistema Sanitario Nazionale in termini di farmaci, di visite specialistiche, di ricoveri e via dicendo, assorbendo gran parte del finanziamento pubblico al quale concorre anche chi lavora ed è in buona salute.

In questa condizione comparativamente paradisiaca, esaltata anche dall’abolizione dell’IMU sulla prima casa, un modesto incidente di percorso, considerato però gravissimo dai pensionati oltranzisti, c’è stato: la sospensione della perequazione delle pensioni al costo della vita. Nel frattempo, pur senza accorgercene, noi pensionati siamo diventati la base più stabile dei sindacati confederali: per quanto alcuni li abbandonino per le inevitabili dipartite, il loro numero non raggiungerà mai quello dei lavoratori precarizzati che li hanno giustamente salutati negli ultimi anni. Poi sono arrivati il PNRR e il governo Draghi con la sua variopinta maggioranza.

Dando un occhio alle mission imposte dal Piano ci siamo illusi, per qualche mese, che si avviasse un plausibile processo di redistribuzione della ricchezza, rendendoci addirittura, e in piena coscienza, disponibili anche a qualche sacrificio pur di favorire figli e nipoti, tipo una patrimoniale temporanea finalizzata alla creazione di posti di lavoro, oppure la reintroduzione dell’IMU sulla prima casa o una tollerabile tassa di successione, tutte misure esistenti nella stragrande maggioranza degli stati aderenti a quell’Unione Europea che ci finanzierà per circa 200 miliardi di euro. E invece non si toglie un euro a nessuno anzi se ne regalano a tutti ma, ahinoi, in senso contrario alla perequazione, dandone soprattutto a chi non ne ha bisogno. E quindi dal 2022 le nostre pensioni aumenteranno, per effetto della riforma fiscale e del ripristino dell’indicizzazione, di un importo che non cambierà la vita di gran parte dei pensionati, ma che avrebbe dato una mano a chi vive sotto o al limite della soglia di povertà. E quindi un po’ ci vergogniamo ma un altro po’ ci indigniamo per chi gioisce di queste ingiuste regalie e soprattutto per i partiti che le hanno approvate e i sindacati che hanno lasciato correre.

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