Diario di un vaccinato che spera di sopravvivere: 12 dicembre 2021

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pagina di diario

Già prima di sposarci mia moglie ed io votavamo per i socialisti. Quando il partito finì nelle mani di Craxi, si verificò un rarissimo caso di premonizione congiunta e passammo entrambi al PCI seguendolo poi in tutte le sue versioni aggiornate, corrette e diluite compresa quella autonomista di Veltroni. Alle primarie ci siamo sempre affidati all’usato sicuro piuttosto che alle meteore. Non abbiamo mai votato Renzi, in virtù di una seconda premonizione congiunta, se non alle europee del 2014 e con poca convinzione. Alle politiche abbiamo poi dovuto rifugiarci un po’ più a sinistra sperando, ogni volta, che non fosse un voto inutile e riaccostandoci di tanto in tanto al PD nelle amministrative.

Naturalmente in questo vagare disordinato ma sempre coerente con la nostra visione solidaristica della politica e della società, non abbiamo mai perso di vista il maggior partito della sinistra, attendendo che nel suo giardino inaridito spuntasse miracolosamente qualche primula. Ed abbiamo quindi avuto modo di apprezzare Fabrizio Barca, oggi relegato in una funzione progettuale ai limiti dell’utopia, dato il contesto. Qualche aspettativa l’avevamo riposta anche in Gianni Cuperlo, colto e irreprensibile. Per Zingaretti abbiamo avuto sempre simpatia e apprezzato la correttezza con cui ha condiviso l’esperienza governativa con il M5S ed anche la schiettezza brutale con cui ha mollato la segreteria del PD.

Poi è tornato Enrico Letta, dopo un lungo parcheggio depurativo alla Sorbona. In quanto nemico acerrimo di Renzi gli abbiamo aperto una linea di credito. Gli eventi politici successivi sono noti: il governo Draghi va avanti, nel bene e nel male, col pieno consenso di Letta anche quando le sue richieste vengono respinte, come è successo per l’introduzione di una modestissima tassa di successione limitata ai grandi patrimoni. Letta ha quindi preferito ancorare il partito alle tematiche inerenti i diritti della persona come lo ius soli e il decreto Zan. Anche qui senza risultati concreti. La riforma della giustizia è andata più incontro al M5S che non al PD. Revisione del catasto e riforma delle pensioni sono state di fatto scaricate sul prossimo governo. La manovra finanziaria in corso di approvazione sembra più vicina ai desiderata della destra che non a quelli del PD e della sinistra in generale.

Eppure, malgrado un trattamento non certo preferenziale, il PD è l’unico partito della maggioranza che non ha mai messo in difficoltà Mario Draghi. Questo atteggiamento responsabile nuocerà anche questa volta al PD che ha sempre pagato in termini di consenso elettorale il sostegno ai governi tecnici? Possibile, ma possono concorrervi anche altri fattori. L’immagine del PD di Letta è caratterizzata dalla compostezza e dalla pacatezza. Oddio, non che a sinistra del PD Leu, Articolo 1 e Sinistra Italiana brillino per combattività, se si esclude qualche intervento più risoluto di Fratoianni. La calma olimpica di Letta è forse lo scudo dietro al quale nasconde un’intensa attività diplomatica in vista dell’elezione del Capo dello Stato. È un’ipotesi plausibile e tuttavia non crediamo che questo atteggiamento debba essere tanto conciliante da spingerlo a sponsorizzare, insieme alla Meloni, l’ultima tappa del cerchiobottismo di Bruno Vespa, un libro dal titolo coraggioso ma dal contenuto probabilmente più equidistante: vi si sostiene, per quando ascoltato in TV, che Mussolini aveva progettato per Matteotti una esemplare bastonata e non la morte, provocata evidentemente da un accidente o dall’eccesso di zelo da parte degli esecutori materiali. In questa imbarazzante operazione di marketing politico-letterario Letta, non ce ne siamo dimenticati, si colloca in una lunga tradizione che ha visto sia D’Alema che Veltroni promuovere precedenti pubblicazioni di Vespa anche all’epoca in cui l’ex mezzobusto porgeva la penna a Berlusconi per permettergli di sottoscrivere in diretta televisiva il famoso contratto con gli italiani. Nessuno dei tre leader, ci siamo chiesti, ha minimamente sospettato che partecipare alla presentazione di un libro equivale a legittimarne il contenuto e l’autore? Con conseguente perdita di credibilità nel caso l’autore, come poi è avvenuto per i primi due, dovesse meritarsi le loro critiche?

Questa preoccupazione non sembra aleggiare sulla fronte spaziosa di Enrico Letta tant’è che, non diversamente da Conte suo compagno di strada, ha fatto visita alla Meloni nella sua vetrina annuale, la festa di “Atreju”. Peggio che presentare il volume di Vespa. Recarsi a conversare serenamente con chi, a parte la distanza politica abissale, non perde occasione di scaricare improperi sulla sinistra e sul M5S, nelle interviste ed anche in Parlamento, non rappresenta forse la legittimazione che meriterebbe soltanto un avversario leale? Ci piace pensare che questo avvicinamento punti alla ricerca di una larga intesa sul nome del prossimo presidente della Repubblica. Ma ci domandiamo: queste trattative non si fanno tuttora nelle segrete stanze o è indispensabile passare per le forche caudine di una visita alla padrona di casa, una casa non si sa quanto distante da CasaPound?

Poca attenzione il PD ha invece riservato allo sciopero generale proclamato da CGIL e UIL, limitandosi a sollecitare il dialogo col governo piuttosto che sostenerne le ragioni, magari non tutte, con un appoggio più esplicito comportandosi “una tantum” allo stesso modo in cui si muove quotidianamente la Lega.

Ciò malgrado il PD, sondaggi alla mano, è il primo partito d’Italia col 21%. La cosa lascia ben sperare: di questo passo potrebbe vincere le elezioni tra una ventina d’anni col sistema maggioritario di cui Letta è da sempre un fiero sostenitore. Le prossime elezioni le vinca pure la Meloni. Speriamo solo che il ventennio che ci attende fino alla prevista rivincita del PD non somigli all’altro, quello passato tristemente alla storia.

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