Diario di un vaccinato che spera di sopravvivere: 20 novembre 2021. Sempre caro ci fu quest’ermo Colle

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Nessun conduttore televisivo si sottrae alla lotteria senza premi che è il “Toto-presidente”. Chiunque venga invitato in TV dovrà prestarsi a fare un nome oppure a schermirsi dietro una battuta di spirito o una risposta evasiva. Tra non molto gli inviati speciali si spingeranno fino ad intervistare i passanti e forse ci sarà da divertirsi un po’ di più. “Lei, signora, chi vorrebbe come presidente?”, “Ah, senza dubbio il mio vicino di casa, una bravissima persona. È anche istruito!”. “E lei chi vede al Quirinale?”, “Ci andrei volentieri io. Non risolverei i problemi degli italiani ma quello mio e di mia moglie che abitiamo in un monolocale di 40 mq al terzo piano senza ascensore!”

Intanto al Quirinale la struttura organizzativa va studiando i possibili scenari futuri ai quali dovrà necessariamente adeguare i servizi. Si parte ovviamente dalle ipotesi più accreditate ma senza escludere neppure quelle che appaiono ai limiti dell’inimmaginabile: la frammentazione estrema delle forze rappresentate in Parlamento autorizza infatti le più azzardate previsioni anche perché ogni partito ha le sue fronde interne praticamente incontrollabili.

L’elezione di Draghi, tanto per cominciare, non comporterebbe alcuna modifica nei protocolli e nell’organizzazione del personale: presidenti si nasce e Mario Draghi “lo nacque”. Anche Berlusconi al Colle non creerebbe particolari problemi. Da grande anfitrione qual è, sarebbe perfettamente a suo agio tra stucchi, arazzi e cerimonie ufficiali. Non dimentichiamo che da piccolo il papà gli fece dono di un bel gioco, “Il piccolo presidente”, che spiegava come si fa a diventare presidente di una repubblica, una qualunque, e il piccolo Silvio lo sogna sin da allora. Attualmente sta avviando alla stessa carriera il suo medico personale prof. Zangrillo: lo ha convinto che il primo step è fare il presidente di una squadra di calcio e Zangrillo lo è diventato del Genoa. Poi dovrà fare il presidente del Consiglio e così via. Il tempo non manca perché nell’entourage berlusconiano si campa non solo benissimo ma anche a lungo: i suoi più amati collaboratori, Fedele Confalonieri e Gianni Letta contano, rispettivamente, 84 e 86 primavere. L’unica necessità che lo staff quirinalizio vede per Berlusconi, che ci tiene tanto, è quella di procurargli dei corazzieri di statura più consona: almeno una ventina di centimetri in meno. Dovesse salire al Colle Brunetta (sta facendo tanto il bravo, ma è difficile immaginarlo “super partes”, da tutti i punti di vista), il problema sarebbe molto più serio: la memoria va alla celebre, autoironica canzoncina di Renato Rascel, minuto ma geniale uomo di spettacolo, che diceva: “Mamma ti ricordi di quand’ero piccoletto, che mi ci voleva la scaletta p’andà a letto. Come son cresciuto Mamma mia devi vedere: figurati che faccio il corazziere!” L’unico candidato di Forza Italia che premetterebbe di mantenere i corazzieri così come sono è quel pacioccone di Antonio Tajani, lunga esperienza nelle istituzioni europee e fedina penale immacolata. La sua bonomia ed una certa prominenza addominale ci fanno immaginare che sia una buona forchetta: al Quirinale dovrebbero semplicemente adattare qualche salone a trattoria rustica ed inserire nel menù dei pranzi ufficiali porchetta di Ariccia e coda alla vaccinara. Il discorso di fine anno agli italiani si concluderebbe con l’invito a non esagerare con lenticchie e cotechino.

Il sogno della macchina organizzativa del Quirinale e la soluzione ideale per tutti sarebbe Renzi. I suoi concorrenti di centro e di destra se lo toglierebbero finalmente da quella collocazione fisica fastidiosa che evochiamo in genere per le persone non gradite. Anche la sinistra ne sarebbe sollevata. Per i funzionari del Quirinale sonni tranquilli: nessuna modifica sostanziale alle procedure ma solo una adeguata attrezzatura da viaggio. Renzi sarebbe infatti presente soltanto per il discorso di fine anno agli italiani: un breve e conciso “Buon anno a tutti” per poi ripartire subito. Per il resto dell’anno, grazie alla perfetta conoscenza della lingua inglese che tutti gli invidiano insieme alla massa sconfinata di qualità che si concentrano miracolosamente nella sua persona, se ne andrebbe in giro per il mondo in visite ufficiali con annesse conferenze a pagamento. Col ricavato potrebbe finalmente realizzare la sua segreta aspirazione: emulare Zio Paperone. Saperlo costantemente all’estero sarebbe comunque consolante per tutti gli italiani. Ma, ahinoi, Renzi non ha l’età, come non ce l’hanno le tante giovani promesse che affollano la scena politica italiana, “la mejo gioventù”: Di Maio, Di Battista, Salvini e, finalmente, anche una donna, una madre, un’italiana, una cristiana, cioè Giorgia Meloni, la Giovanna d’Arco d’a Garbatella. Per vederli in lizza bisognerà attendere il settennato successivo al prossimo che ci vedrà tutti impegnati nel porre in atto gli scongiuri più idonei ad impedirne l’ascesa al Colle.

Per Veltroni, di cui si fa spesso il nome, il solo sforzo organizzativo sarebbe l’allestimento di sale di proiezione, studi di montaggio “ma anche” di un teatro e poi un semplice aggiustamento della denominazione della sede presidenziale: non più Quirinale ma Quirino come lo storico teatro sito nelle adiacenze della fontana di Trevi.

Dovesse toccare a Franceschini, l’impegno organizzativo sarebbe certamente maggiore. Comporterebbe la trasformazione del Quirinale in un vero e proprio museo con tanto di biglietterie, visite guidate e pacchetti turistici comprensivi di pic-nic nella tenuta di Castelporziano. La massima soddisfazione per Franceschini sarebbe poter mettere, inventandosi qualche perversa forma di precettazione, il più feroce critico della sua gestione museale, lo storico dell’arte Tomaso Montanari, a staccare i biglietti di ingresso.

Per quanto riguarda Casini, al Quirinale la sua candidatura non viene presa neppure in considerazione: per un Paese già incasinato come il nostro sarebbe una definitiva ammissione di colpa.

Assecondare i capricci degli uomini eleggibili al Colle è dunque affare complicato. Lo staff quirinalizio preferirebbe vi salisse questa volta una donna, come sperano tante italiane ma anche tanti italiani. Sempre che Mattarella non ci ripensi.

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