La partita unica

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I rappresentanti sindacali confederali all’uscita da Palazzo Chigi (Foto di Marco Merlini)

I partiti come luogo di confronto con gli iscritti ed elettori non esistono più. Le organizzazioni sindacali confermano ciò che scriveva tanti anni fa Massimo Severo Giannini, sono delle pubbliche amministrazioni, con la differenza che, almeno secondo la Costituzione, in quell’organico si accede per concorso e le carriere dovrebbero, sempre sulla carta, essere soggette ad una verifica oggettiva. Nel sindacato chi decide sono i vertici che si autoriproducono.

Il Governo, soprattutto l’attuale, è deciso dal Presidente della Repubblica che, ascoltati i capigruppo parlamentari, verificato l’assenso degli organismi internazionali, Europa e Nato, decide a chi affidarne la Presidenza.

Se qualcuno ha creduto che Draghi, Commissione Europea o i dirigenti degli organismi finanziari internazionali durante la pandemia fossero stati fulminati lungo la via di Damasco convertendosi ad una politica economica più equa e attenta alle condizioni di chi con il proprio lavoro produce il reddito di tutti o di chi dal processo produttivo è escluso e lasciato in miseria, in Italia come nel mondo, in questi giorni ha tutti gli elementi per ripensarci e ravvedersi.

Si discute oggi nelle sale importanti di legge finanziaria e di pensioni. È ricominciata la farsa. Tutti giocano la loro, sempre uguale, parte e tutti mentono spudoratamente.

Nell’unico sistema economico che ormai esiste al mondo, il lavoro è uno dei fattori produttivi, un elemento come gli altri al pari delle fonti energetiche e delle tecnologie produttive. La logica è sempre la stessa: ottimizzarne l’utilizzo e risparmiare per aumentare i profitti delle aziende e così, secondo i “grandi” economisti, l’economia riparte e tutti ne gioveranno. I benefici saranno ripartiti in modo “equo”: molto agli imprenditori e ai finanziatori che hanno rischiato, poco o pochissimo agli altri “fattori produttivi” che, poveri loro, sono in carne ed ossa, devono mangiare, vestirsi, muoversi per raggiugere il posto di lavoro, allevare i figli e magari farli studiare molto perché al Paese servono tecnici e scienziati, altrimenti si perde il treno della ripresa. Ma le pensioni no, è necessario fare un patto generazionale e bla bla bla.

La logica Monti/Fornero, imposta dall’allora presidente della BCE, si ripropone. Certo Draghi non mente, ha sempre detto le stesse cose. Anche il debito buono e il debito cattivo sono una riproposta del sempre verde meccanismo: vanno finanziate le imprese perché così loro creano sviluppo di cui tutti beneficeranno. La disoccupazione e il sostegno al reddito? Ci pensino i lavoratori con le loro casse previdenziali, l’INPS in prima linea. Ma questa non doveva servire a gestire i fondi per garantire una pensione dignitosa a chi ha lavorato per decenni? Si va bene, ma c’è stata la pandemia, il reddito di cittadinanza, il reddito di emergenza, la cassa integrazione, la sanità ecc. ecc. Ma il PNRR, i tanti miliardi disponibili? Ma sono per le imprese. Già dimenticavamo. Il sistema previdenziale è in crisi, sono diminuiti anche gli immigrati e il lavoro regolare lo svolgono in pochi e pochi versano contributi all’INPS. Una cosa però la dicono in pochi e quei pochi, come il sindacato, anzi Landini, non riescono a crear consenso e a fare una battaglia politica e sociale conseguenziale: il lavoro è mal pagato e quindi i contributi rimangono pochi e le pensioni sempre più basse.

Perché invece di discutere di quota 100, 102, 103, 105 e di giovani senza pensioni non si rivoluziona seriamente tutto? La prima cosa, la più semplice, sarebbe aumentare salari e stipendi da cui deriverebbe un maggior introito per le casse previdenziali. Perché non si istituisce un sistema previdenziale veramente unico “personalizzato”? Si è passati al sistema contributivo. Va bene, ormai è un dato. Perché, come siamo tutti obbligati ad avere un codice fiscale o lo SPID per accedere a tutti i servizi delle pubbliche amministrazioni, non si propone e si attua un sistema dove, raggiunta l’età lavorativa, 18 anni secondo la legge, ad ogni cittadino non viene assegnato un numero di previdenza sociale, un conto individuale previdenziale, dove versare sin dall’inizio della propria carriera lavorativa, contributi poi utili alla costruzione del proprio reddito pensionistico? Franz Kafka, si proprio lui il grande scrittore, che ha patito come tanti di noi l’essere stato dipendente di una pubblica amministrazione, l’Istituto di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro per il Regno di Boemia dal 1908 al 1917, ha scritto delle “relazioni” a proposito della previdenza sociale. Scriveva allora, citiamo a memoria, che se si deve istituire un servizio previdenziale non ha senso renderlo facoltativo: o è obbligatorio ed uguale per tutti o non ha senso. Già ma in Italia l’evasione contributiva non è meno grave di quella fiscale e a volte, molte volte, ad evadere l’obbligo di versare contributi ai lavoratori sono le pubbliche amministrazioni, locali e statali. Quando? È accaduto con i lavori socialmente utili degli anni scorsi, dove migliaia di persone sono state occupate a “nero” negli enti locali e nei ministeri e, quando si sono trovati a ricongiungere contributi o farsi fare i conti per la pensione, si sono ritrovati con buchi di 5, 6 10 anni. Succede ancora oggi ai tanti collaboratori occasionali, ai consulenti, agli stagisti ecc. Nessuno paga i contributi, ma si trattengono tasse, tasse, tasse.

Il lupo perde il pelo ma non il vizio, ci raccontavano le nonne. Il gioco è solo comunicativo ma tutti considerano la logica di Draghi l’unica compatibile. Anni, energie e intelligenze sprecate. Alla fine il tutto si è ridotto a fare i conti e la partita doppia è diventata una partita unica: entrate senza uscite.

2 commenti su “La partita unica”

  1. Giuliano Pennacchio

    Si Draghi è un rappresentante dei poteri forti e non può fare gli interessi delle classi più deboli. E’ vero, anche, che parte di lavoratori pubblici hanno buchi previdenziali. C’è bisogno di un nuovo patto solidaristico generazionale .

  2. Quasi tutto giusto Peppe. Ma a parte che gli indici economici sono migliorati così da aver recuperato il terreno perso con la pandemia (questo non lo dici), Draghi non è un drago: a parte che si può sputare su di lui ma chi andrebbe al suo posto? Stravagante l’idea che ad aver formato Governo sia stato Mattarella!!! E poi non è vero che i miliardi del Pnnrr andrebbero solo alle imprese. In definitiva ib un sistema totalmente integrato a livello mondiale e che è sicuramente ultracriticabile lo spazio di manovra del singolo Stato è ridottissimo..

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